Claudio Scajola e Gianni De Gennaro sono indagati a Bologna nell’inchiesta-bis sulla revoca della scorta a Marco Biagi.
Biagi, uno dei consulenti giuridici più qualificati del Ministero del Welfare, fu assassinato il 19 marzo 2002 da un commando delle Br-PCC. La scorta gli era stata revocata l’anno precedente, nonostante le sue ripetute richieste per una copertura adeguata da parte della polizia visti i segnali, le minacce e gli avvertimenti che il giuslavorista riceveva da parte di anonimi a Bologna ma anche nei luoghi dove Biagi si recava per motivi di lavoro.
Scajola e De Gennaro sono accusati di “collaborazione colposa in omicidio colposo”: il primo ministro dell’Interno e autorità nazionale di pubblica sicurezza, il secondo capo della Polizia e direttore centrale di pubblica sicurezza, avrebbero “omesso“ di dotare Biagi di una nuova scorta, “pur avendone l’obbligo”, e ignorando i segnali d’allarme arrivati ad esempio dai servizi segreti e dall’allora Ministro del Welfare Roberto Maroni.
La prima inchiesta vedeva indagati l’allora direttore dell’Ucigos, Carlo De Stefano, il suo vice Stefano Berrettoni, il questore di Bologna Romano Argenio e il prefetto Sergio Iovino, ai quali si contestava di aver revocato la scorta a Biagi. L’inchiesta ai loro danni fu archiviata nel 2004.
I PM Roberto Alfonso e Antonello Gustapane hanno riaperto le indagini a maggio 2014, quando la Procura di Bologna ha acquisito nuovi documenti, tra cui gli appunti personali di Luciano Zocchi, segretario di Scajola all’epoca dei fatti contestati. L’obiettivo è appurare le responsabilità di chi non decise nuove misure a protezione dell’incolumità di Biagi.
Giovedì è arrivata la notizia dell’iscrizione di Scajola e De Gennaro nel registro degli indagati. La Procura ha individuato come persone offese, oltre alla sorella di Biagi, la sua vedova e i due figli della coppia, anche il Ministero dell’Interno e la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Secondo quanto sostenuto dalla Procura, i due imputati avrebbero omesso di adottare o di far adottare misure “idonee a proteggere l’incolumità (di Biagi) dall’elevato rischio di subire attentati”.
Biagi, primo firmatario del “Libro bianco” sulle condizioni del lavoro in Italia presentato il 3 ottobre 2001, era uno dei più noti consulenti del Ministero del Welfare in un periodo in cui il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro era particolarmente aspro. Situazione per la quale in quel periodo a Biagi era stata assegnata una scorta ed era stato sottoposto a misure di protezione.
Scajola e De Gennaro sapevano tutto questo, e non potevano non conoscere la pericolosità della minaccia delle BR-PCC, le “Nuove BR” responsabili tre anni prima dell’omicidio di Massimo D’Antona. Secondo la Procura, invece, avrebbero deciso di ignorarlo scientemente.
Eppure, appena il 26 febbraio 2002 il Sisde aveva pubblicato un rapporto che metteva in guardia dal pericolo di atti terroristici “nel solco dell’azione D’Antona”, contro “obiettivi ‘simbolo’” o “persone che non beneficiano di misure di protezione”. Meno di un mese dopo, la previsione, drammaticamente, si avverò.
La Procura contesta in particolare a De Gennaro di non aver fatto circolare il rapporto del Sisde e di non averlo reso noto alla Digos, e a Scajola di non aver preso alcuna misura preventiva o investigativa per evitare che le minacce dei terroristi si concretizzassero.
Filippo M. Ragusa
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy