Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan
“La politica monetaria può essere molto potente, ma una condizione necessaria sono le riforme strutturali e gli investimenti che migliorano la capacità di risposta dei Paesi”.
È molto chiaro Pier Carlo Padoan, in audizione al Senato, sul percorso che deve essere fatto dal Paese nei prossimi mesi. Il ministro dell’Economia ha osservato anche che il ‘quantitave easing‘ e’ “un meccanismo che promette di essere estremamente efficace e questo lo si vede già sui mercati”, ma soprattutto che a differenza delle precedenti misure della Bce, “rispecchia le esperienze positive già adottate da altri paesi” e “avrà l’effetto di innalzare le aspettative di inflazione portando l’euro ad un valore di mercato più consono” soprattutto nei confronti della divisa statunitense, il cui prodotto interno lordo cresce a tassi più accentuati rispetto a quelli europei.
Tuttavia la chiave reale per raggiungere una reale inversione di tendenza dell’economia è il portare a compimento le riforme strutturali. Tanto che sarebbe essenziale attivare un monitoraggio dello stato della loro attuazione “per dimostrare che le cose stanno veramente cambiando nel Paese che le adotta”.
E proprio con le riforme, Padoan si aspetta una crescita “più robusta”: grazie al sostegno e all’incentivo all’occupazione con l’abbattimento del cuneo fiscale, “la crescita aumenterà e sarà più ricca di lavoro di quanto sarebbe stato altrimenti”.
Per assicurare la ripresa, poi, Padoan ha ribadito l’importanza del rilancio degli investimenti, anche se “la velocità del piano Juncker non è sufficiente. Per tornare su sentieri di crescita precedenti alla crisi, che comunque era bassa, servirebbero 700 miliardi di investimenti”. E visto che “ci sono risorse abbondanti presso la Bei che possono finanziare progetti nuovi – prosegue – non bisogna aspettare” che partano i meccanismi del piano Juncker ma anzi “dare un indirizzo politico forte al management della Bei per contribuire a questa ripresa”.
E sul via libera dell’Ue alla legge di stabilità, Padoan ha sottolineato che da “Bruxelles non è arrivato nessun regalo” ma che l’Italia “se l’è conquistato, visto lo sforzo” compiuto sulle riforme strutturali. Tuttavia, la vera regola che può creare problemi al Paese è quella sul debito, che “equivarrebbe mediamente a un intervento annuale di due punti di Pil. Se dovessimo davvero implementarla avrebbe un impatto tale da ammazzare la ripresa”.
Il 2015, dunque, sembra davvero essere l’anno dell’uscita dal tunnel della recessione, anche a fronte degli indicatori statistici spesso contrastati sui primi mesi dell’anno.
Prometeia, aggiornando il suo rapporto di previsione, osserva una crescita del Pil dello 0,7% e dello 0,2% nel primo trimestre. “Per il nostro Paese – stimano gli analisti – al netto delle modificazioni del cambio, a regime gli effetti positivi del Qe sul Pil saranno positivi dello 0,6%”.
La voce su cui si “manifesteranno maggiormente gli impulsi espansivi sia per la riduzione dei tassi di interesse sia per la maggiore disponibilità di credito” saranno proprio gli investimenti. L`intensità del miglioramento, al netto delle “tensioni geopolitiche” sarà però “modesta e prenderà vigore via via che la riduzione del prezzo del petrolio, il deprezzamento dell`euro e le politiche economiche manifesteranno appieno i loro effetti espansivi”.
La ripresa, in ogni caso, inizia a essere possibile, stando a quanto emerge dai mercati.
L’euro è precipitato, durante le contrattazioni, sotto quota 1,06 sul dollaro, e ha perso terreno anche contro Yen e Franco svizzero. Un indebolimento che gli investitori hanno apprezzato in quanto contribuisce a rafforzare la competitività dell’export in area euro, in particolare per l’Italia.
E sono gli stessi mercati a risentire positivamente delle dichiarazioni di Mario Draghi che, proprio oggi, ha ribadito che il Qe avviato lo scorso lunedì può “creare un quadro più favorevole agli investimenti attuando riforme strutturali credibili ed efficaci”, contribuendo così ”ad aumentare i benefici dalle riforme”.
Piazza Affari, così, accelera e ha toccato i massimi di seduta a 30 minuti dalla fine degli scambi: l’Ftse Mib avanza del 2,10% mentre il Ftse all share guadagna il 2%.
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