“Il bene dei bambini e dei ragazzi deve sempre venire prima di qualsiasi tutela del segreto, anche di quello pontificio”. E’ l’assunto da cui Papa Francesco è partito per abolire il segreto pontificio riguardo ai delitti commessi da uomini di Chiesa su minori o adulti vulnerabili. L’annuncio di questa decisione storica arriva dal pontefice il giorno del suo 83mo compleanno.
«Non sono coperti dal segreto pontificio le denunce, i processi e le decisioni», si legge nell’Istruzione ‘Sulla riservatezza delle cause’ diffusa nel giorno dell’83esimo compleanno del Papa. Nel testo si legge anche che «a chi effettua la segnalazione, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo ai fatti di causa». Come spiega il giurista Giuseppe Dalla Torre, già presidente del Tribunale Vaticano, il provvedimento «riguarda sia le procedure che si svolgono in sede locale, sia quelle che hanno luogo a Roma, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede». Resta il «segreto d’ufficio», come in ogni ordinamento giuridico, ma l’Istruzione del Papa stabilisce che «il segreto d’ufficio non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo alle leggi statali, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili». Questo significa che i magistrati civili degli altri Paesi potranno finalmente avere accesso agli atti dei processi canonici.
Le nuove norme stabiliscono che l’esclusione del segreto sussista «anche quando tali delitti siano stati commessi in concorso con altri delitti». Il segreto pontificio a norma dell’Istruzione “Secreta continere” (o Instructio de secreto pontificio) è imposto su materie di particolare gravità o importanza. In particolare l’elaborazione di alcuni documenti pontifici; l’attività della Congregazione per la dottrina della fede (e qui come detto vengono introdotte modifiche) incluse le notificazioni e l’esame di pubblicazioni, le denunce di delitti contro la fede e i costumi. Inoltre informazioni riguardanti alcune misure e interventi della Segreteria di stato o del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, la creazione di cardinali, la nomina dei vescovi; i cifrari; le questioni che il Papa, un cardinale o i legati pontifici riterranno opportuno custodire con il segreto pontificio.
Il Papa inoltre ha stabilito di introdurre alcune modifiche alle nome sui “delicta graviora” cioè i delitti più gravi riservati al giudizio della Congregazione per la dottrina della fede. In particolare l’articolo 6, comma 1 del Motu proprio 2° Sacramentorum sanctitatis tutela che indica tra i delitti più gravi contro i costumi «l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento» cambia nella seguente formulazione più rigida: «l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori di diciotto anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento».
Inoltre l’articolo 13 di Sacramentorum Sancitatis tutela viene sostituito integralmente da questo testo: «Funge da avvocato e procuratore un fedele, provvisto di dottorato in diritto canonico, che viene approvato dal presidente del collegio». La precedente formulazione era: «Negli altri Tribunali, poi, per le cause di cui nelle presenti norme, possono adempiere validamente gli uffici di giudice, promotore di giustizia e notaio soltanto sacerdoti». In pratica si apre anche a fedeli laici provvisti di dottorato in diritto canonico.
Il ‘rescritto’, ovviamente, non intacca in alcun modo il sigillo sacramentale, cioè il segreto della confessione, che è tutt’altra cosa dal segreto pontificio sugli atti e le testimonianze. Né significa che i documenti dei processi debbano diventare di dominio pubblico e siano dunque destinati alla divulgazione. La riservatezza per le vittime e per i testimoni dovrà essere sempre tutelata.
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