Dopo un’ intera settimana di pioggia sulla Capitale, oggi inaspettatamente il cielo si è aperto a un tiepido sole che ha riscaldato la città e soprattutto piazza San Pietro, già gremita di pellegrini fin dalle prime ore dell’alba per assistere alla celebrazione della Messa inaugurale del Pontificato di Papa Francesco. In questa primavera anticipata di due giorni e in una data molto ricca di significato, in cui si celebra la solennità di San Giuseppe “sposo di Maria Vergine e patrono della Chiesa Universale”, c’è giusto qualche nuvola che interrompe l’azzurro, ma “davanti a tanti tratti di cielo grigio abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi speranza”. Lo dice nell’omelia della messa di inizio Pontificato, Jorge Mario Bergoglio, parlando chiaro alla folla di oltre 200mila fedeli. Commenta il Vangelo dedicato a San Giuseppe che “fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” (Mt 1,24). “ In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode”. Custode di Maria e di Gesù, “ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa”. Papa Francesco non può fare a meno di evidenziare come Giuseppe esercitò questa custodia: “con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende, nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio”. “Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!”.
Ci sono tanti riferimenti nell’omelia del Papa argentino. Ad esempio, quello della necessità di custodire il creato con i suoi tesori: “La vocazione del custodire – dice – non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!”.
“ Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono”. Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza. Sono piuttosto l’odio, l’invidia e la superbia che sporcano la vita”.
Poi aggiunge un’ulteriore annotazione: “il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza”.
Si chiude la prima messa solenne di papa Francesco che ha scelto come motto del suo pontificato, la frase latina “Miserando atque eligendo”: quel “guardò con misericordia e lo scelse” con il quale Matteo nel suo Vangelo (Mt. 9,9) descrive l’incontro di Gesù con il pubblicano Matteo seduto al banco delle imposte, al quale guardandolo con sentimento di amore disse “Seguimi”. Lo scelse e lui divenne uno dei discepoli, come il Conclave ispirato dallo Spirito Santo ha scelto l’uomo “venuto quasi dalla fine del mondo” che umilmente e affettuosamente al popolo di Dio chiede preghiere perché il Padre lo custodisca nell’esercizio del suo ministero petrino. Ma non dimentica di chiedere preghiere anche per i governanti, perché Dio illumini le loro menti e li guidi alla costruzione della Civiltà dell’Amore.
A.B.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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