Due milioni di giovani hanno pregato nella ‘cattedrale della natura’:” la navata è la spiaggia, la musica il rombo dell’oceano”. Una straordinaria partecipazione giovanile a Copa Cabana, la spiaggia di Rio, dove si è appena conclusa la veglia notturna. Una moltitudine di ragazzi festosi, entusiasmati da Francesco I, il Papa che sceglie le parole più semplici per parlare direttamente al cuore di chi lo ascolta: siano i giovani che si sono radunati per la XXVIII Giornata mondiale della Gioventù, siano i ministri della Chiesa. I primi devono essere “atleti della fede e non cristiani part-time”. Gli altri, i vescovi e i cardinali brasiliani, ai quali ieri ha consegnato il documento che delinea la missione della Chiesa di oggi, non devono avere paura ad uscire di notte, “decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli”, che sappia intercettare le strade dei suoi discepoli e dialoghi con loro. Bergoglio, parlando per metafora, dice che “le reti della Chiesa sono fragili, forse rammendate; la barca della Chiesa non ha la potenza dei grandi transatlantici che varcano gli oceani”. “E tuttavia – dice Francesco – Dio vuole manifestarsi proprio attraverso i nostri mezzi, mezzi poveri” come “la gente semplice” che “ha sempre spazio per far albergare il mistero. Forse abbiamo ridotto il nostro parlare del mistero ad una spiegazione razionale; nella gente, invece, il mistero entra dal cuore. Nella casa dei poveri Dio trova sempre posto». Forse. Ma se l’apparato della Chiesa può avere mostrato in più di un’occasione i suoi punti deboli, le sue falle, i ragazzi che oggi partecipano alla giornata conclusiva della Gmg sono galvanizzati dalle parole e dal modo di trattare di Francesco I: quel suo utilizzare lo stesso linguaggio (ha utilizzato la parola ‘casino’), quel suo parlare di argomenti, come il sacramento della Confessione, partendo dalla Croce utilizzata da Cristo per riparare le offese, curare le ferite, prendere su di sé le colpe dell’umanità, e attraverso anche un solo sguardo gettato su di essa “ritrovare le chiavi di casa, mettere ordine nel nostro cuore, imparare a leggere gli eventi, belli o brutti, per quel che sono, chiamando bene il bene e male il male”. Tra le tante colpe che affliggono oggi l’umanità la più grave è aver messo al centro il proprio io dimenticando gli altri, i loro bisogni, il loro esistere. Blindandoci invece in quelle false sicurezze come il benessere, il prestigio, il potere. Quel ‘io’ sbandierato con orgoglio dai ‘senza Dio’, fieri di poter comunicare anche attraverso una campagna mediatica fatta di manifesti 6×9, come si vive bene senza la ‘D’: “10 milioni di italiani – scrive l’Uaar, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti sui cartelloni affissi nelle strade di tutta Italia, nei quale dalla parola Dio, la lettera D risulta barrata – vivono bene senza D”. Ma la partecipazione di tante persone, tutti giovani, raccolti sotto il Cristo Redentore di Rio, assetati di parole che abbiano un significato, che tocchino nel profondo; la presenza al loro fianco per una notte intera di artisti di fama che accompagnano il raduno con la loro musica e che al momento dell’adorazione piegano il ginocchio come tutti gli altri, il dieci minuti di silenzio “denso, totale commosso” per poi riprendere lentamente, piano la musica mentre il Papa ancora prega, va proprio in senso opposto a quei
A.B.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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