Da Santa Marta, dove tutte le mattine alle ore 7:00 dice messa, Papa Francesco invita oggi alla “prudenza” e alla “obbedienza” alle disposizioni dettate dall’ultimo, discusso, DPCM perché non torni la pandemia. “In questo tempo nel quale si incomincia ad avere disposizione per uscire dalla quarantena – dice il Papa nell’intenzione di preghiera – preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni”.
Nell’Italia privata da quasi due mesi delle messe ‘aperte’ e degli altri sacramenti, le critiche dei vescovi e del mondo cattolico stanno montando soprattutto dopo le rassicurazioni del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, su uno studio del Governo circa “nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Mentre il premier Conte nel suo discorso di domenica sera ha annunciato che il lockdown per i luoghi di culto deve continuare sino al prossimo decreto, ecco che oggi a placare animi e polemiche arrivano le parole del Pontefice.
La Chiesa ha accettato, “con sofferenza e senso di responsabilità”, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria che hanno penalizzato ministranti e fedeli, auspicando in maniera esplicita che – nel momento in cui fossero ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – potesse riprendere la sua azione pastorale. Invece, il DPCM della ‘riapertura’ dal 4 maggio non prevede alcuno scostamento dal blocco delle funzioni liturgiche risalente ai primi di marzo.
“Dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie” il documento che la Conferenza episcopale italiana stilato domenica sera, subito dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio, richiama al “dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”. Si sottolinea inoltre che “i Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”.
Ed ecco che prima ancora dei richiami di Papa Francesco alla prudenza, questa mattina, il Pd annuncia un emendamento. Stefano Ceccanti, costituzionalista, già presidente della Fuci e capogruppo democratico in Commissione Affari costituzionali della Camera, ha annunciato che il Partito Democratico presenterà giovedì in aula alla Camera un emendamento che avvia il percorso normativo per la celebrazione delle messe domenicali e dei riti delle altre religioni.
“È del tutto legittimo che varie confessioni religiose, superata la fase più dura dell’emergenza, intendano eliminare restrizioni alla libertà di culto che possono apparire ora sproporzionate. È altrettanto legittimo che il governo intenda salvaguardare in modo stringente la tutela della salute delle persone, compresa quella di coloro che intendono esercitare la libertà di culto”, ha detto Ceccanti. “A tutt’oggi – ha aggiunto – non sembrano esistere ancora soluzioni tecniche condivise che consentano di fare un deciso passo avanti, che però appare concretamente possibile. Appare ragionevole utilizzare il primo strumento normativo a disposizione, il decreto 19 che arriva in Aula giovedì, per stabilire tempi e modi della procedura”.
A prendere posizione contro la mancata revoca delle messe è stata anche la Regione Lombardia, che ha fatto sapere di essere “al lavoro con Prefettura, Comune e Arcidiocesi di Milano per sostenere la possibilità di riaprire le chiese per le celebrazioni religiose in una cornice di massima sicurezza, all’insegna del distanziamento e dell’uso dei dispositivi di protezione”. “L’ auspicio – si legge in una nota – è quello di giungere al più presto a una soluzione condivisa che possa tenere conto tanto delle esigenze di cautela, quanto della necessità di tornare a garantire il diritto di culto ai cittadini”.
Ma reazioni contro il prolungamento dello stop alle messe sono arrivate da più parti. “Hanno ragione i vescovi, si facciano in sicurezza”, ha scritto su Facebook Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana. “Trovo davvero incomprensibile che si impediscano ancora le celebrazioni. Se si toglie l’acqua santa nelle chiese (cosa, peraltro, già fatta prima dell’obbligo di sospendere le celebrazioni liturgiche, ndr), se si mantiene il distanziamento facendo sedere una persona per banco, se si impone l’obbligo delle mascherine, francamente non se ne capisce la ragione”, ha commentato invece la ministra renziana delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, in un’intervista a Repubblica. “Vogliamo tornare a Messa e fare l’Eucarestia: è un nostro diritto”, ha detto Elena Donazzan, assessore regionale del Veneto e responsabile nazionale Lavoro e Crisi aziendali di Fdi. Contrariata anche Forza Italia. “Mi pare irragionevole e addirittura inutilmente persecutorio mantenere il divieto alle cerimonie religiose”, ha il leader dichiarato Silvio Berlusconi. E Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, ha annunciato su Twitter: “Forza Italia è pronta a votare in Parlamento per modificare il Dpcm e per consentire così la possibilità di celebrare le messe”.
Per motivare la decisione di non riaprire già dal 4 maggio le funzioni religiose, i tecnici del Comitato Tecnico Scientifico hanno parlato di “criticità ineliminabili”. In particolare, il comitato ritiene che “la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose comporta, allo stato attuale, alcune criticità ineliminabili che includono lo spostamento di un numero rilevante di persone e i contatti ravvicinati durante l’Eucarestia”. Quindi, a partire dal 4 maggio e “per le successive tre settimane”, “non essendo ancora prevedibile l’impatto che avranno le riaperture parziali e il graduale allentamento delle misure attualmente in vigore sulle dinamiche epidemiche, il Cts reputa prematuro prevedere la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose”.
Funzioni che, teniamolo bene a mente, sono state negate a tutte le confessioni. Pertanto, una probabile revisione delle misure di sicurezza necessarie alla riapertura delle chiese al culto faciliterà i fedeli delle altre religioni.
C’è sempre una leva che funziona: quando la Chiesa si mette per storto e i governanti cominciano ad intravedere un possibile travaso di voti al prossimo confronto elettorale verso altri partiti o compagini politiche, ecco che ‘miracolosamente’ i decisori delle nostre libertà ri-acquistano un briciolo di buonsenso. Un briciolo, ma in fondo ne basta poco.
Alessandra Binazzi
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