Non molla il colpo, il presidente Renzi, quanto a tasse e pensioni, anzi, sembra che la stagione dello “stare sereni” stia trovando nuovi spunti. Dal salotto televisivo di Porta a Porta, il premier è tornato sul “funerale” delle imposte sulla prima casa, Stiano sereni i cittadini, dunque, perchè “il 16 dicembre sarà l’ultimo giorno in cui si pagherà la tassa sulla prima casa, poi tornerà a essere esentata” ha detto. “Dicono che favoriamo i ricchi – ha proseguito Renzi – chi è stato 30 anni a lavorare e si è spezzato la schiena è giusto non paghi niente. I veri ricchi sono queli che hanno una seconda o una terza casa e loro saranno ancora tassati”.
Il provvedimento, che certamente ha grosso appeal sui contribuenti, ne ha però molto meno sugli enti locali che, con l’applicazione delle aliquote, riescono a fare quadrare i perlopiù disastrati bilanci comunali. Stiano sereni però anche i sindaci: “quello che togliamo ai comuni con Imu e Tasi – ha spiegato il premier – lo restituiremo paro paro sotto forma di assegno, non è che poi aumentano le tasse. È un impegno che assumo personalmente”.
Non manca l’occasione per ricordare anche l’obiettivo del taglio di Ires, nel 2017, e di Irpef per il 2018. Una agenda di riduzione imponente, della quale, tuttavia non si ha ancora menzione di come si intenda garantire nuove entrate per coprire i tagli.
Allo studio anche la possibilità di andare in pensione prima della scadenza e senza ulteriori costi per lo Stato, tuttavia “si annuncia una cosa sulle pensioni solo quando si è sicuri”. Nulla di definito dunque, ma Renzi è tornato su un punto già affrontato nei mesi passati: “chi vuole smettere di lavorare un po’ prima rinunciado a una quota di pensione deve poterlo fare”. Sereni anche i lavoratori a un passo dallo smettere di lavorare.Appare però improbabile che si metta mano al sistema previdenziale in tempo per l’inserimento nella prossima legge di stabilità, anche perché le opzioni sul tavolo sono diverse, da quella Baretta all’estensione dell’opzione donna o il prestito pensionistico.
È invece certo nel 2016 l’innalzamento dell’età pensionabile, ben oltre la media Ue. A pagarne il prezzo maggiore saranno però le donne. Nel settore privato, le donne dovranno aspettare di compiere 65 anni e 7 mesi per smettere di lavorare, a fronte dei 63 anni e 9 mesi fissati per il 2015. Per gli uomini l’età effettiva cresce di oltre tre anni, e passa da 62,4 a 65,9.
Tra il 2014 e il 2020 – secondo quanto riportato nell’indagine della Commissione europea, ‘‘The 2015 Ageing Report” – si avrà lo ‘scalino’ piu’ alto tra i paesi Ue per quanto riguarda l’eta’ effettiva di uscita che passera’ da 62,1 anni a 65,5 superando di quasi due anni l’eta’ effettiva media nell’Ue (63,6, in crescita di appena un anno). Se si guarda all’eta’ legale, l’eta’ di vecchiaia dovrebbe crescere tra il 2013 e il 2020 di 4 anni e mezzo (da 62,3 a 66,8). Anche per gli uomini l’eta’ effettiva di uscita cresce di oltre tre anni (da 62,4 a 65,9 superando ampiamente la media Ue (64,4 nel 2020).
Sul tema però la cautela è assoluta: “bisogna capire il quanto sia sui tempi di anticipo della pensione, sia sulla riduzione delle entrate per chi esce dal mondo del lavoro prima del dovuto. Fino a quando non avremo le idee chiare è inutile parlare”.
Lo stesso sotto segretario all’Economia, Baretta, spiega che “tempi e modi dipenderanno dalla compatibilità finanziaria”. Il nodo della discussione è “se l’intervento sulla flessibilità è a costo zero” perché “se si intende il lungo periodo il risparmio c’è, ma nei primi anni un costo lo Stato lo ha perché deve anticipare la quota parte”.
Reazione negativa da Forza Italia. Il presidente dei deputati azzurri Brunetta afferma che “conti alla mano, infatti, risorse per tagliare le tasse non ci sono, tanto piu’ che il governo deve ancora recuperare le coperture necessarie a evitare che scattino le clausole di salvaguardia, vale a dire gli aumenti di Iva e accise, contenute nella Legge di stabilita’ dello scorso anno”.
Renzi però è sereno. Con le opposizioni e, ancor di più, con le voci contrarie interne al Pd, tra critiche e ambizioni di nuova leadership: “Ci sono tantissimi anti Renzi: Rossi, Emiliano, Speranza, Bersani che lo è ad honorem, e D’Alema anche se non credo che corra, ma magari farà il king maker. Va bene così, è giusto che ci sia chi la vede diversamente. Io non ho paura di perdere la seggiola e non sto provando nemmeno a tenerla, se no farei un accordo con tutti”.
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