La Grecia non è l’unico Paese a correre rischi. Anzi, oltre un certo segno, è la nazione che ha, ormai, meno da perdere per le conseguenze della sua crisi. A dirlo è Sir David Tweedie, a capo dell’International Accounting Standards Board, ma l’eventualità che il governo Greco rinunci a salvaguardare gli interessi sul debito accentando il default aleggia come un’ombra sui mercati finanziari di tutto il mondo. Sono cento i miliardi di Euro che la svalutazione del debito greco porterebbe via alle banche private di tutto il mondo. 54 miliardi di prestiti – più di trenta da parte delle sole banche statunitensi – e altrettanti per il tracollo dei contratti d’assicurazione finanziaria – credit derivative – ad essi connessi. Un colpo pesante per un sistema creditizio – le banche di Francia e Germania sono le più esposte in Europa – che ancora non si è ripreso dal crollo della Lehman Brothers.
Un colpo che potrebbe aprire la strada ad un effetto domino su tutti i Paesi della fascia mediterranea – Italia, Spagna, Portogallo con l’aggiunta dell’Irlanda – per i quali il default greco renderebbe molto più difficile e costoso l’accesso ai prestiti internazionali che rendono sostenibile il proprio debito pubblico e suoi interessi. Ogni paese, infatti, prende a prestito del denaro. Gli interessi si calcolano basandosi sul livello di affidabilità attribuito allo stato dalle società di rating. Più un paese è affidabile, minore è il rischio e minori sono, perciò, gli interessi sul capitale preso in prestito. Ma, se la Grecia dovesse andare in default – dovesse, ovvero, ammettere di non poter più pagare gli interessi sul suo enorme debito – tutti gli stati con i conti non specchiati, come l’Italia, risentirebbero della diffidenza dei mercati. I prestiti, senza i quali sarebbe difficile saldare gli interessi sul debito pubblico, costerebbero di più, forse troppo per poterseli permettere. Diventerebbe concreto il rischio di default a catena, con perdite inimmaginabili per gli Istituti di credito esposti presso i governi. Ecco perché l’Europa – Francia e Germania in testa – è così prodiga di aiuti apprestandosi a devolvere altri 120 miliardi di Euro alla Grecia dopo i 110 già prestati ad Atene, i 78 al Portogallo e gli 85 all’Irlanda. Il rischio, per le banche e per la stessa valuta unica è troppo alto per essere corso. Una svalutazione dell’Euro, divenuta ormai riserva planetaria, avrebbe, infatti, effetti serissimi su tutto il globo.
E a rendere ancora più incerta la situazione concorre la possibilità che la Grecia cambi politica. Oggigiorno, infatti, i greci hanno bisogno dei prestiti d’emergenza sia per pagare gli interessi sul debito che, soprattutto, per pagare le spese vive dell’amministrazione statale. Attualmente ospedali, energia e dipendenti pubblici dipendono dall’estero per essere mantenuti dato che lo stato greco spende più di quanto incameri con le tasse. La situazione, con le misure di austerità appena varate, potrebbe cambiare nel prossimo futuro e la Grecia, appianato il deficit primario potrebbe accettare il default come la soluzione meno dolorosa. Gli sforzi enormi che le sono imposti in cambio dei prestiti d’emergenza, infatti, non sono rivolti alla sua salvezza, ma a quella delle banche e dell’eurozona. Un sacrificio che i greci potrebbero stufarsi presto di sopportare decidendo si saldare il loro enorme debito – 340 miliardi di Euro, 31mila Euro per ognuno dei suoi cittadini – quando e come vorranno. A quel punto toccherebbe all’Europa e al resto del mondo fare i conti con le conseguenze della crisi greca.
Tommaso Vesentini
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