Non siamo un algoritmo, una pagina, un robot. Noi siamo le “Sardine”, un movimento anticonformista, anti populista, ambientalista e promotore di diritti. Così si definiscono i giovani “pesciolini” nati in Emilia Romagna per contrastare la campagna elettorale della Lega di Matteo Salvini.
Passando dai seguaci di Greta Thumberg, la biondina svedese di “Fridays for Future”, a Carola Rackete, la temeraria dei mari, il nuovo idolo dei giovani è il trentaduenne Mattia Sartori.
Il ragazzo incarna perfettamente l’immagine del trasandato con laurea e mantenuto dal “papino” che paga. Uno stile di vita di moda tra i giovani di questi tempi. Tutto riccioli, maglioncino allargato, t-shirt stropicciata, sguardo disinteressato e il solito copione: “Siamo un movimento di protesta pacifico, siamo spontanei, ingenui, apartitici, semplici, siamo noi l’Italia vera”.
Basta guardare però nei loro gruppi e profili privati, per rendersi subito conto che la campagna ittica di questi giovanotti si colloca in un campo di lagnanza progressista, nata a Bologna a ridosso delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna. Obiettivo dichiarato: scendere in piazza contro la Lega. Ma per andare dove? Probabilmente verso il Partito Democratico al canto di ‘Bella ciao’.
Verso un partito, quello di Zingaretti e di Renzi prima di lui, incapace da anni di proposte politiche organiche serie, che oggi, in mancanza d’altro, delega e supporta campagne giovanili di ribellione dove il mantra da portare su un piatto d’argento al club della politica di sinistra, è tanto scontato quanto facile: antifascismo e antirazzismo servito a piene mani. Tutto quello che oggi a sinistra si è in grado di proporre, mentre il Paese scivola pericolosamente verso il baratro morale economico e sociale.
“Lottano” con in bocca il disprezzo per “populisti” e “sovranisti”. Sfidano la pioggia con le loro sardine di carta in mano, intonano “bella ciao” e si sentono felici perché pensano di “nuotare tutti insieme”. Per difendere la democrazia addirittura. Poi tornano comodi e tranquilli nelle loro case e chattano indisturbati nei gruppi “Roma non abbocca, noi non ci Leghiamo” che è indubbiamente un posto più adatto per fare la rivoluzione post- moderna dei millennial due punto zero.
Ma gli anti eroi di questi giorni, sovraesposti mediaticamente, non rischiano di fare la stessa fine dei movimenti anti Berlusconi del 2009? Ricordate le piazze del Popolo Viola, una trovata geniale degli aficionados che sostenevano Romano Prodi? Da anni sono stati archiviati come un fenomeno goliardico folkloristico che ha fatto sorridere non poco l’Italia. Niente di più.
Anche quello fu un movimento che si sviluppò tramite Facebook, per iniziativa di un gruppo di blogger.
Il 5 dicembre 2009, all’indomani della bocciatura del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale, si diedero appuntamento a Roma per il “No Berlusconi Day”. I manifestanti chiedevano che Silvio Berlusconi si dimettesse da capo del Governo. L’onda viola colorò le piazze per qualche mese per poi scomparire nel nulla.
Ma andare a combattere il “nemico” Matteo Salvini nel suo campo militarizzato è un’altra cosa. Un errore gravissimo, una supponente illusione. Il leader leghista ha costruito tutta la sua campagna politica e mediatica sui social appoggiandosi ad uno staff, guidato da Luca Morisi, capace di rispondere in tempo reale alle critiche ed ad ogni tipo di attacco mediatico per l’esponente del centrodestra. E per restare nella metafora ricordiamo che sono oltre duecentomila i pinguini nati sui social in questi giorni, pronti a mangiarsi le sardine. Per non parlare poi dei gattini, golosissimi di sardine, che da settimane impazzano nella pagina del personaggio politico più attaccato e acclamato d’Italia.
Per combattere il nemico bisogna stanare le sue debolezze, dimostrare il suo sovranismo di facciata, la sua dirompente voglia di proclami sempre sugli stessi argomenti, sicurezza sociale, migranti, crisi economica, tutela degli interessi nazionali. Significa fare, in ultima istanza, tutto ciò che le “sardine”, che vivono sott’acqua non possono fare. E’ tornato Don Chisciotte? Molto probabile. Anzi certo.
E perché? Perché i giovani di fronte ad una precaria prospettiva di futuro, senza l’autorevolezza necessaria per portare avanti una vera e propria ribellione antisistema, si affidano all’aggregazione social, lì dove un barlume di speranza, di un pensiero condiviso, li accomuna.
Sono in realtà vittime del loro stesso benessere, coperti e protetti da compensi genitoriali. Parliamo di una gioventù che prosciuga i soldi di anni di risparmio dei “vecchi” per sollazzarsi, nella desolazione nebbiosa delle prospettive moderne. Niente lavoro, niente futuro, niente di niente. Eppure si ribellano per chiedere, paradossalmente con rabbia, “ la scelta della creatività” (sic!)
Povera Italia, costretta oggi a digerire anche le sardine,dopo aver fatto per anni i conti con corruzione, sfascio sociale arroganza dei partiti, soffocamento da parte della burocrazia indecente della politica. Ma è davvero sufficiente spolverare l’intero campionario dello zoo universale per poter dare una risposta seria ai tanti problemi che affliggono il Paese?
Scrive il filosofo e antropologo Umberto Galimberti sul tema giovanile: ”Non direi che non si accorgono di stare male; direi piuttosto che i giovani stanno male, ma non sanno nominare il male di cui soffrono. E questa è una differenza rilevante”.
Barbara Ruggiero
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