Il quadro macroeconomico tendenziale del MEF appare “nelle sue componenti essenziali” in linea “con le stime dei previsori del panel” dell’Ufficio parlamentare di bilancio, per gli anni 2015-2016. Così gli analisti dell’Upb, nella nota allegata alla lettera di validazione del quadro economico elaborato dal Mef per l’aggiornamento del documento di economia e finanza per il 2015.
“In tale biennio – si legge – il principale fattore di rischio riguarda la crescita del PIL nel 2016 che, pari a 1,3%, si colloca al limite più elevato dell’intervallo delle stime dei previsori”.
I fattori di rischio insiti nel tendenziale, però, “divengono maggiormente evidenti negli anni successivi. Nel 2017 e 2018 la crescita del PIL stimata dal MEF 1,3% in entrambi gli anni” si colloca “al di sopra del limite superiore del range dei previsori UPB, 1,2% in entrambi gli anni”. Un risultato che “dipende principalmente dalla dinamica dei consumi delle famiglie” ipotizzato dal Mef “significativamente al di sopra del limite superiore dell’intervallo dei previsori”. Insomma, l’Upb valida le previsioni tendenziali del ministero in quanto “esse si collocano nell’intervallo accettabile allo stato delle informazioni attualmente disponibili”, tuttavia la lettura data da via XX settembre di alcuni previsori – come quello del commercio mondiale, che il mef stima per il 2016 a 4,5%, “più elevata di quelle che assumono i previsiori nazionali e internazionali” – è decisamente più rosea e ottimista.
Fatto sta che, al termine del Cdm che ha varato il nuovo Def, il premier Matteo Renzi ha dichiarato che se il 2015 è l’anno della svolta, “nel 2016 si tratta di accelerare. Oggi molti indicatori dicono che l’Italia è ripartita e il Documento di economia non può che fotografare lo stato dell’arte”.
“C’è una crescita più alta rispetto alle aspettative, meno 40% di cassa integrazione, più posti di lavoro stabili, più turismo, più consumi”.
Proprio il premier ha confermato le stime circolate nei giorni scorsi: la crescita è stata innalzata allo 0,9%, dallo 0,7% grazie alla revisione al rialzo della crescita economica operata dall’Istat. Per il 2016, la previsione del +1,4% è stata inalzata al +1,6%.
I conti sono, comunque, sostanzialmente compatibili, tuttavia è da considerare che una variazione percentuale anche piccola, su cifre di questa portata, può rappresentare un importante mancanza di gettito nei conti macro economici di uno Stato. Un problema che, viste le aspettative dell’Ue e, soprattutto, la lenta e fragilissima ripresa che si sta comunque registrando andrebbe scongiurato immediatamente.
Il tema ‘coperture economiche’ diventa dunque prioritario. Oltre le promesse di taglio delle imposte ribadito con costanza dallo stesso Renzi, il Def aggiornato per il 2015 punta ad assicurare il gettito necessario con una attiva lotta all’evasione. I tecnici stimano un aumento del gettito, per quest’anno, di quasi 12 miliardi di euro, in aumento di 2,3 miliardi di euro rispetto a quanto previsto.
“La riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica contribuiranno – si legge nella relazione del ministero – in misura prevalente al finanziamento delle misure qui descritte e al miglioramento qualitativo della spesa”.
Nel 2016, in particolare, il Governo prevede di puntare su “alleviamento della povertà e stimolo all’occupazione, agli investimenti privati, all’innovazione, all’efficienza energetica e alla rivitalizzazione dell’economia anche meridionale; sostegno alle famiglie e alle imprese anche attraverso l’eliminazione dell’imposizione fiscale sulla prima casa, i terreni agricoli e i macchinari cosiddetti ‘imbullonati’; l’azzeramento per l’anno 2016 delle clausole di salvaguardia previste da precedenti disposizioni legislative”.
Una agenda fitta che, con l’annunciata riduzione delle imposte – e lo studio di una maggiore flessibilità sulle pensioni, che impone un occhio ai conti – ripropone con urgenza la questione coperture. Sulla carta, i conti quadrano, sempre che la raccolta dell’evaso funzioni in tempi certi e che la spending review proceda senza intoppi. Resta, dall’alto, il controllo della Ue, che aveva già storto il naso all’annuncio di Renzi di cancellare la tassa sulla casa considerandolo rischioso per l’equilibrio – precario – delle finanze italiane.
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