Era un ragazzo di 21 anni Jan Palach quando si cosparse di benzina e si diede fuoco in cima alla piazza di San Venceslao, a Praga, per protestare contro l’occupazione sovietica di quella che all’epoca era ancora la Cecoslavacchia. Oggi sono 50 anni esatti da quel gesto che a distanza di pochi giorni fu seguito dal sacrificio per la stessa causa di altre due vite, l’operaio quarantenne Evžen Plocek e lo studente Jan Zajíc.
Palach voleva smuovere gli animi contro l’indifferenza nei confronti della nuova sottomissione delle autorità politiche al diktat di Mosca. Vent’anni dopo, nel 1989, migliaia di persone, nel ricordare lo studente di Lettere morto dopo tre giorni di agonia, si radunarono di nuovo nella stessa piazza: il momento commemorativo fu però attraversato da un moto di protesta contro il regime comunista. La mobilitazione fu brutalmente soppressa, ma accese la scintilla che condusse alla Rivoluzione di velluto e alla caduta del regime nel novembre ’89.
Secondo gli oppositori dell’attuale governo ceco, il messaggio di Palach è valido anche oggi, di fronte a una società divisa, in cui la maggioranza si sottomette volontariamente all’autorità dei populisti, sostenuti da comunisti non riformati, e alle manipolazioni di un presidente filorusso e filocinese. Lo ha ricordato nella messa dedicata al sacrificio di Palach Tomas Halik, uno dei più noti ecclesiastici cechi.
“Palach ha mostrato che la verità conta più della vita. Ha donato la sua vita perché la gente si rendesse conto del valore della verità e della libertà”,
ha sottolineato Halik, mettendo in guardia dalla politica del populismo, contro le informazioni false dell’Est e la volontà di certi ambienti politici cechi di privilegiare gli interessi finanziari ed economici dei paesi con regimi autoritari a danno degli interessi della Repubblica Ceca e dell’Ue.
“Oggi non viviamo all’ombra dei panzer degli occupanti. Ma l’atto di Palach è anche un appello a non essere indifferenti a quello che succede attorno. Ad onorare la democrazia e la libertà”, ha concluso.
Toni analoghi nell’intervento di Alexandr Vondra, ex ministro degli Esteri, dissidente ed amico di Vaclav Havel. “La gente comincia a dimenticare. La libertà non ci è cascata dal cielo, l’abbiamo dovuta conquistare e non è garantito ci sia per sempre, che non la si possa perdere. Cominciare a dimenticare è la strada migliore per perderla di nuovo”, ha detto Vondra alla tv pubblica.
Fra quanti hanno reso omaggio a Palach, sottolineando la sua lezione per tutta l’Europa, c’era oggi in Piazza San Venceslao anche il leader dell’associazione europeista italiana EuropaNow! Eric Jozsef, che ricordando anche il sacrificio delle altre due vittime ha sottolineato con forza che “l’Unione europea affonda le sue radici nella memoria delle tragiche esperienze del XX secolo e nella lotta contro il totalitarismo e per la libertà”, pertanto “in un momento in cui l’oscurantismo e i nazionalisti minacciano ancora una volta il continente, è essenziale ricordare che Jan Palach è una figura esemplare per il popolo ceco, ma anche per tutti gli europei, perché incarna i fondamenti del nostro patto fraterno”.
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