E’ stato approvato dal Senato polacco (57 voti a favore, 23 contrari e 2 astenuti) il disegno di legge che vieta di parlare di ‘lager polacchi’. Lo riporta l’agenzia di stampa locale PAP.
Treblinka, Auschwitz-Birkenau, Chelmo, Belzec, Sobibor e Maidanek: sono i lager della Polonia occupata dal Terzo Reich. Durante la Seconda Guerra Mondiale vi morirono tre milioni di ebrei dei sei milioni di polacchi uccisi dal conflitto. Nella Polonia occupata i tedeschi avevano stabilito che qualsiasi aiuto agli ebrei fosse punito con la morte. In realtà, molti polacchi aiutarono gli ebrei: il museo di Yad Vashem a Gerusalemme, dedicato alla memoria dell’Olocausto, ha identificato 6.700 polacchi distintisi come “giusti delle nazioni”. Proprio martedì scorso Yad Vashem ha conferito una medaglia postuma a tre polacchi riconosciuti “Giusti tra le nazioni”. Una semplice coincidenza con la polemica in corso, visto che la cerimonia era attesa da tempo.
Ma la nuova disposizione che vieta di parlare di ‘lager polacchi’, approvata dalla Camera bassa la settimana scorsa e che ora dovrà essere firmata dal presidente, Andrzej Duda, ha sollevato un’ondata di critiche in Israele. Il premier Benjamin Netanyahu infatti ha definito la legge polacca “un tentativo di riscrivere la storia”, e protestando in modo veemente ha detto: “Non tollereremo che la verità venga distorta e la storia riscritta o l’olocausto negato”. E la reazione è stata la proposta di legge presentata ieri alla Knesset, il Parlamento israeliano (con il sostegno in linea di principio di 61 deputati israeliani su 120) che introduce cinque anni di carcere per coloro che “riducono o negano il ruolo di quanti hanno aiutato i nazisti nei crimini commessi contro gli ebrei”.
Anche gli Stati Uniti si sono detti preoccupati per le “conseguenze” di questa legge e hanno invitato Varsavia a riconsiderare il divieto avvertendo che potrebbe anche avere “ripercussioni” sugli “interessi e le relazioni strategiche della Polonia con gli Stati Uniti e Israele”. Il presidente del Senato, Stanislaw Karczewski, ha assicurato l’intenzione del Paese di portare avanti il dialogo con Israele e spiegare cosa abbia motivato la messa a punto della legge.
La nuova legge prevede ammende o pene di reclusione fino a tre anni per chiunque definisca i lager nazisti in Polonia “campi di sterminio polacchi”. Per il Partito di governo ‘Diritto e Giustizia’, il provvedimento ha il solo scopo di difendere la reputazione del Paese e impedire l’uso di formulazioni non corrette per descrivere la sua storia.
I campi di sterminio “non siano definiti polacchi”. Per i conservatori polacchi, l’uso del termine “campo di sterminio polacco” induce a pensare che la Polonia abbia avuto responsabilità nell’olocausto nazista. A Varsavia, un centinaio tra artisti, giornalisti e politici polacchi, tra cui la regista Agnieszka Holland, l’ex presidente Aleksander Kwasniewski e l’ex ministro degli esteri Radoslaw Sikorski, hanno firmato un appello chiedendo un emendamento per eliminare la criminalizzazione delle espressioni offensive per la Polonia, mentre un gruppo di ebrei polacchi ha anche pubblicato una lettera aperta contro la nuova legge che “può portare a penalizzare coloro che dicono la verità sugli informatori polacchi e sui cittadini polacchi che hanno assassinato i loro vicini ebrei”.
La Polonia davanti a tante critiche tira dritto: “Non torniamo indietro, abbiamo il diritto di difendere la verità storica”, tanto che il Senato ha approvato il testo senza alcuna modifica.
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