Donald Trump ha i numeri per ottenere la candidatura repubblicana alle elezioni presidenziali USA di novembre. Secondo gli ultimi calcoli dell’Associated Press, il miliardario newyorkese si è assicurato il sostegno di 1.238 delegati, uno in più del quorum che serve ad assicurarsi la nomination.
Ora l’America deve fare i conti con lo stravagante tycoon sul quale pochi avrebbero scommesso all’inizio della lunga corsa per la Casa Bianca. E invece, gli sfidanti repubblicani si sono dovuti arrendere uno dopo l’altro: da Jeb Bush, mai veramente entrato in partita, a Marco Rubio, crollato ad aprile nonostante il sostegno dell’establishment del partito. Gli ultimi ad arrendersi sono stati Ted Cruz – il candidato sostenuto dai conservatori evangelici del Tea Party – e il governatore dell’Ohio John Kasich. Ma dopo il loro ritiro Trump è rimasto solo al comando: l’investitura era solo questione di tempo. Si aspetta l’ufficialità, ma con un solo candidato e altri 303 delegati da assegnare – il 7 giugno votano gli ultimi 5 Stati, tra cui la mastodontica California, dove risiede quasi il 12% di tutti i cittadini USA – il risultato ormai è acquisito.
Tramonta quindi la possibilità di una convention contestata, in cui i suoi oppositori – seppellendo l’ascia di guerra e unendo le forze – avrebbero potuto giocarsi la partita fino all’ultimo voto. Per il Grand Old Party non resta altro che imparare la lezione e tenersi il candidato più votato, ma anche più discusso degli ultimi anni.
Tanto per citare l’ultimo esempio, oggi il presidente Barack Obama, a margine del G7 in Giappone, ha dato ragione ai leader mondiali “scossi” e “preoccupati” per la candidatura di Trump. Il presidente ha criticato l’“ignoranza” e il “comportamento sprezzante” sfoggiati dal miliardario.
Strali su di lui sono arrivati anche dall’Inghilterra, dove il Daily Telegraph – un giornale per la verità di tendenza conservatrice – ha pubblicato un’inchiesta in cui lo si accusa di aver nascosto all’IRS (il fisco USA) decine di milioni di dollari “mascherando” da prestito un investimento immobiliare. Non è escluso che l’accusa di elusione fiscale porti conseguenze giudiziarie, e di conseguenza elettorali, sul magnate: l’implacabile IRS deciderà se e come intervenire. Sicuramente l’accusa è stata fatta propria da Hillary Clinton, che potrebbe cogliere l’occasione per ricambiare le accuse imbarazzanti mosse nei giorni scorsi da Trump sul Mailgate e sulle avventure del marito Bill.
L’affermazione dell’ex Segretario di Stato non sembra in dubbio – secondo le ultime stime le mancano appena 100 delegati per raggiungere il quorum, che fra i democratici è più alto: raggiunge quota 2384 – ma Bernie Sanders non sembra intenzionato a darsi per vinto finché la matematica non gli darà torto, e la campagna elettorale continua.
F.M.R.
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