«Fora de ball», è solo una delle ultime dichiarazioni del leader della Lega Umberto Bossi sulla soluzione da adottare per la tragedia dei migranti che giungono a Lampedusa. Ma, cosa si cela dietro questo linguaggio? Una battuta di semplice “folclore” o, invece, una strategia “performativa” come suggerisce Gian Enrico Rusconi? «Si chiamano parole “performative” – osserva – quelle che trascinano azioni. Quando durante un matrimonio la sposa dice sì, questo termine crea un fatto… Bossi allarga continuamente questo effetto “performativo” del suo linguaggio rispondendo ad una precisa tattica politica». E’ anche su queste riflessioni che si basa l’analisi di Paolo Bertezzolo nel suo ultimo libro “Padroni a chiesa nostra”(casa editrice Emisferi, pagg. 270, 13 euro) in cui si sofferma in particolare sugli ultimi venti anni di “strategia” religiosa della Lega Nord.
Un piccolo saggio di storia contemporanea in cui, per la prima volta, si tenta la ricostruzione del conflittuale rapporto tra chiesa e Lega, un ormai ventennale dibattito aperto su tutte le questioni che riguardano il Paese: dalla solidarietà all’immigrazione, dall’attenzione al Mezzogiorno al rapporto con le altre religioni, in particolare l’Islam. Eppure, nonostante la tesi di Bertezzolo, faccia intuire chiaramente quanto distanti siano le posizioni della chiesa e del Carroccio – la prima fondata su valori di ispirazione evangelica, la seconda che si rifà alla ricerca di una nuova identità storico-religiosa basata su un cristianesimo lefebvriano con un mix di paganesimo che rinvia a lontani miti celtici – il problema con cui si trova a fare i conti il cattolicesimo di oggi nasce dalla priorità che si dà a delle scelte precise: vi può così essere vicinanza e consonanza con le posizioni del Carroccio – sostiene Bertezzolo – nella difesa dell’”identità” religiosa per esempio (lo si è visto con la nota vicenda del crocifisso nelle scuole) o totale e indiscutibile scontro, come quello che si è vissuto con le provocazioni e veri e propri atti di intolleranza nei confronti dell’Islam (si ricordino tutte le più note vicende d’attualità contro la costruzione delle moschee a Milano come a Bologna) o di xenofobia contro i migranti come dimostrano, ancora, i più recenti fatti di cronaca, nonché la legge Bossi-Fini.Non è certo un caso che la Lega si sia sempre posta, sin dalla sua nascita, come il più accanito partito anti-ecclesiale, addirittura aspirando alla costituzione di una chiesa del Nord contrapposta a quella papalina, romana, d’Oltretevere. Così, al contrario, riflette Bertezzolo, le posizioni della chiesa si sono sempre chiaramente ispirate a valori quali la solidarietà, la tolleranza ma anche la difesa dell’unità nazionale contro l’esasperata ricerca secessionistica inserita come primo obiettivo nello Statuto politico del movimento leghista. E’ stato, del resto, proprio il cardinale Tettamanzi, che aveva sostituito il cardinal Martini nella sede episcopale di Milano nel 2002, ad essere costantemente nel mirino di attacchi a dir poco feroci da parte degli esponenti leghisti. Un uomo di chiesa che, fin dagli inizi del suo mandato, ed in una terra come la Lombardia che la Lega ha sempre considerato “proprio territorio”, a contrastare con fermezza l’ondata xenofoba portata avanti dal Carroccio con un costante richiamo al dialogo, alla necessità dell’accoglienza, al rispetto delle diversità etniche e religiose. Valori che, certo, non appartengono alla Lega che si è mossa, al contrario, facendo proprio un messaggio cristiano radicale, estremo, tipicamente lefebvriano. Il partito di Bossi – considera Bertezzolo – è chiaramente anticonciliare. E ha inteso volutamente utilizzare il cattolicesimo “a proprio uso e consumo”, tentando di darne un’interpretazione etnica, identitaria; eppure, seguendo questa strategia, è riuscita ad avere consensi soprattutto nelle più piccole e lontane parrocchie del Nordest, dove alcuni sacerdoti si sono schierati apertamente con le posizioni degli esponenti del Carroccio.Dunque, il punto resta: quale decisione prevarrà nell’orientamento della chiesa? Di incontro o di scontro? E – si interroga Bertezzolo – si è davvero certi che questo non comporti gravissime conseguenze per la stessa fede cristiana? In fondo, anche il linguaggio utilizzato da Bossi ne è una prova. Come il fatto che molti lo considerino ormai addirittura “normale”, solo perché è stato assorbito dall’opinione pubblica senza nemmeno rendersene conto o, addirittura, rimanendo suoi oppositori. Ed è proprio questo il segnale più negativo dell’opera, come l’ha definita Cacciari, della «mitridatizzazione» della Lega. Mitridate era un antico re del Ponto che, temendo di essere avvelenato, si era reso immune assumendo pian piano crescenti dosi di veleno. Conseguenza nefasta di un messaggio stillicida, quel che accade proprio al giorno d’oggi e che attraversa tutti gli strati sociali. Cosa farà, dunque, la chiesa – conclude Bertezzolo – per non diventare “subalterna” alla cultura leghista?
di Camus
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