«Lei – scrive di Gina Lagorio Furio Colombo – era la società civile. Era uno sguardo limpido sulla vita. Da quello sguardo ricavava indizi e notizie che trasformava in romanzi. Ma niente dei suoi libri era veramente romanzato, nel senso di abbandono alla immaginazione. Le interessava la vita e – nella vita – l’accertamento, un suo modo di verificare solido e sicuro, come se ogni persona di cui ti occupi fosse un fondo e ogni vita un thriller, un nodo da cui estrarre poche cose chiare, sapendo che non tutto, anzi ben poco, si spiega».
Anche per questo, per rendere omaggio ad una scrittrice «perenemmente schierata» che ha attraversato 40 anni di vita italiana, che sua figlia Simona ha deciso di renderle omaggio dedicandole quest’ultimo volume, “Parlavamo del futuro” (252 pagine, editore Melampo, 18 euro), riunendo materiali vari – noti e meno noti – estratti da riviste, quotidiani, interventi, incontri, interviste e passi di un libro inedito scritto durante i due anni di esperienza parlamentare nella X legislatura, eletta, nonostante la perplessità di Gina, nella lista degli indipendenti di sinistra. Ed è da queste riflessioni, che toccano tutte le tematiche perennemente trattate nella politica, continuamente dibattute, sempre affrontate con un coraggio mai venuto meno – dall’impegno degli intellettuali alla autodeterminazione delle donne, dal distacco del Palazzo (pasolinianamente inteso) alla Resistenza vissuta ed amata – che si evince con quanta passione Gina non abbia mai rinunciato a portare avanti una “sua” etica che non si trova in dogmatismi astratti ma che si è sempre, se così si può dire, concretizzata – come lei stessa ammette più volte – nella realtà della «vita vissuta». Così è anche per il clamoroso fragore di attualità dei tanti temi che Lagorio sviscera e approfondisce; e lo fa con la sapienza e la saggezza, naturalmente, della scrittrice avvezza alla conoscenza. Nel libro non mancano citazioni o semplici ricordi di amici, di compagni di lotta, richiami ad “altri” ben noti autori, da Fenoglio a Natalia Ginzburg – toccante lo scritto sul “Ponte” del novembre 1991 dedicato alla sua morte – fino all'”amato” Pertini – anche lui di Savona – cui Lagorio dedica intere pagine di sincero e profondo rispetto. «Dei Presidenti della Repubblica italiana nata dopo la guerra – scrive di lui nel “Discorso” pronunciato presso la “Casa d’Italia” scritto a Zurigo il 25 aprile 2000 – Sandro Pertini è quello che meglio ha rappresentato il passaggio dalla dittatura alla democrazia. Sei condanne, quattordici anni di prigione, due evasioni, una condanna a morte durante la Resistenza, la lotta di questo savonese contro la barbarie fascista non ha mai avuto cedimenti. Pertini concepiva la Resistenza come un secondo Risorgimento e non ha mai sentito antitetici socialismo e nazione, giustizia sociale e libertà politica; come Presidente della Repubblica ha dato il volto più nobile alla patria italiana nel rispetto assoluto dello stato di diritto e delle sue istituzioni, Per questo Pertini è un simbolo amatissimo per Savona e per me».E non possono certamente mancare le accuse contro una società che mistifica, svilisce, come quella berlusconiana, che Gina Lagorio ha ben vissuto e contro la quale continuamente recrimina difendendo il valore, per esempio, di una scuola «che non educa più» e sempre ponendosi contro il nichilismo della società delle immagini, soprattutto, in difesa delle donne.«Guardavo in tv – riflette in “Sono senza fiato le ore delle donne” – le ragazze delle università e le paragonavo alle belle di professione, che ripropongono dai tanti fogli patinati di una stampa stupida e ricca l’antica immagine della donna che gioca intera la vita sul suo corpo d’amore garantito in dignità e rispetto solo dalla maternità….Danno per scontato la solidarietà con i compagni di studio perché hanno ereditato dalle madri il sentimento del loro buon vivere in “diritto di parità”. Forse senza la passione decisa di quegli anni, senza le donne che hanno usato le “parole per dirlo” oggi le cose sarebbero ancora più difficili e aspre. Perché la “questione femminile” che riempiva le colonne dei giornali di queli anni ha invece modificato leggi e altre ne ha fatto nascere». Sorprende, dunque, nel leggere questo volume, quanto, infine, le tematiche trattate restino del tutto immutate nell’attuale dibattito politico. Dai diritti civili a quelli del lavoro, dall’impegno politico alla scuola, dal valore della cultura alla determinazione delle donne, dalla lotta contro i privilegi rimasti immutati da 40 anni a questa parte alla debolezza dei più fragili, anche questa cristallizzatasi nel tempo; infine, dalla considerazione della guerra a quella della pace. Nulla, per chi legge, sembra cambiato. O che il tempo sia passato. Ma, per chi l’ha scritto, questo tempo è stato “vissuto” e, certo, non è andato perso se in tanti, oggi, portano dentro e tentano con ostinazione e senza indugi “quella” difesa di valori civili e sociali che hanno forgiato così tante esistenze, come quella, bella e appassionata, di Gina Lagorio.
di Camus
anne camus
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