Moriva oggi, il 6 aprile di 500 anni fa il “divino” Raffaello. Anche allora si era in settimana santa e l’artista, le cui fattezze a molti ricordavano quelle del Salvatore, morì la sera del venerdì. Il che rinforzò la credenza di quanti, tra i suoi contemporanei, lo veneravano come reincarnazione del Cristo.
Tutta Italia si è preparata per celebrare degnamente questo anniversario: dalla sua città natale, che già a ottobre 2019 aveva inaugurato la mostra “Raffaello e gli amici di Urbino”, all’esibizione multimediale nel palazzo della permanente di Milano, fino all’attesissima mostra alle Scuderie del Quirinale, in collaborazione con la Galleria degli Uffizi, che è stata purtroppochiusa, a poche ore dalla sua inaugurazione, a causa dei decreti di contenimento contro l’epidemia di Covid-19.
Per celebrare questo anniversario il Mibact ha messo in onda sul proprio canale YouTube un lungo video che raccoglie le testimonianze di alcuni esperti e studiosi di fama. Il racconto, incentrato sul tema dell’amore, approfondisce di ciascuno il rapporto professionale e personale con l’architetto urbinate. Tra i molti contributi vi sono quelli di Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani; Eike Schmidt, direttore degli Uffizi; Mario De Simoni, presidente delle Scuderie del Quirinale e quella dello storico dell’arte Claudio Strinati.
La giornata di commemorazione prosegue con una serie di iniziative digitali sui social e sul canale YouTube del ministerodove saranno caricati diversi video su Raffaello e le sue opere, sui canali RAI, sia televisivi (con una bella trasmissione di Alberto Angela) che radiofonici, mentre resta ancora attiva la possibilità di visitare virtualmente la mostra romana grazie ad un appassionante video che la ripercorre a grandi falcate, realizzato dalle Scuderie del Quirinale.
Innamorato dell’antichità, da cui traeva costante ispirazione, Raffaello è morto nel pieno della vita, a 37 anni; secondo il Vasari a causa di quegli “eccessi amorosi” di cui fu costellata la sua esistenza, e che bella testimonianza hanno lasciato nei delicati ritratti della sua amante, Margherita Luti, a tutti noi più nota come “la fornarina”. Raffaello non è stato solo un grandissimo pittore, ma anche un valente architetto, esprimendosi soprattutto al servizio del papato per il quale divenne titolare del cantiere della Basilica di San Pietro dal 1514 fino alla sua morte e per il quale realizzò la loggia del Palazzo Apostolico, che oggi prende il suo nome. Di Raffaello si tramanda la capacità di entrare in dialogo tanto con i potenti che con gli umili, la grande giovialità, il piacere di stare in compagnia, che lo contrappose da subito alla riservatezza ai limiti della scontrosità del suo grande “rivale” Michelangelo. Tante furono le commissioni ricevute da ogni corte italiana, che Raffaello dovette dar vita alla più grande bottega artistica nella Roma del suo tempo; l’amabilità del carattere e le doti artistiche gli permisero di tenere insieme sia giovani apprendisti che maestri già affermati, formando generazioni di nuovi artisti che ebbero poi carriere indipendenti in corti italiane ed europee, e che diffusero pertanto la sua “maniera” di dipingeree i traguardi raggiunti nella tecnica.
E’ così che Raffaello diventa uno dei pittori più influenti della storia dell’arte occidentale e il più famoso araldo del nostro Rinascimento maturo. Fu sepolto per sua volontà nel Pantheon, il monumento dell’antica Roma che egli più aveva amato e studiato. L’amico poeta Pietro Bembo scrisse per lui in latino un epitaffioche così lo ricorda: “Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta; ora che egli è morto, teme di morire.”
Elisa Rocca
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