I giudici della Corte dei Conti
“Siamo a un bivio, un periodo di svolta per delineare una prospettiva e indurre scelte positive”. Con queste parole il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan accoglie il rapporto 2014 sulla finanza pubblica prodotto dalla Corte dei Conti.
Una situazione “difficile”, aggiunge Padoan, come riscontrabile “dall’evidenza dei dati” quale il Pil negativo del primo trimestre 2014.
I magistrati contabili, che hanno valutato come gli interventi previsti dal governo possano concorrere al riequilibrio della crescita del Paese e l’adeguatezza della “strumentazione” politica economica per riqualificare e contenere la spesa, hanno affrontato temi come l’Irpef, l’Isee, la spesa statale nel quadro della finanza pubblica, ma anche il patto di stabilità interno e quello della salute.
Nel 2013 “gli obiettivi sono stati conseguiti con un indebitamento rimasto stabile al 3% del Pil in termini nominali e diminuiti di 6 decimi di punto nella dimensione strutturale”, rileva la magistratura contabile.
“Al risultato – si legge nel rapporto – si è giunti con un forte contenimento del disavanzo di conto capitale” che ha presentato un valore “inferiore di quasi 14 miliardi rispetto alle stime programmatiche”. L’avanzo primario è sceso dal 2,5 al 2,2% del Pil. La contrazione della spesa in conto capitale ha permesso di “compensare la caduta del gettito fiscale, diminuito dello 0,7%”.
Crescono le uscite primarie correnti: “l’incremento (+1,3%) è stato superiore alla diminuzione (-0,5%)” ma “è proseguita la flessione della spesa per redditi (-0,7%) e per consumi intermedi(-1,4%)”.
I margini di crescita però sembrerebbero esserci. “La manovra di finanza pubblica, nel 2014, tornerà ad operare in condizioni di crescita dell’economia”.
Anche se “non mancano incertezze sulla forza della ripresa”, c’è “consenso sul fatto che il Pil tornerà ad aumentare”. Questo consentirà si di “uscire da una conduzione emergenziale del bilancio” ma non “offrirà margini di espansione dello stesso”.
Il sistema tributario italiano resta però “caratterizzato da un livello di prelievo eccessivo e maldistribuito”.
“L’Italia negli anni di espansione dell’economia mondiale che hanno contraddistinto la prima parte del decennio scorso, ha lasciato crescere la propria spesa pubblica e ha rinviato le necessarie riforme dal lato dell’offerta”.
Questo atteggiamento ha prodotto “un valore della spesa pubblica in rapporto al Pil pari al 47,6 per cento, di quasi quattro punti superiore a quello tedesco (43,5 per cento)”.
Preoccupa l’economia sommersa, che nel 2013 valeva il 21,1% di Prodotto interno; l’evasione di Iva e Irap, stimata nel 2011 in 50 miliardi di euro, e l’erosione fiscale, che secondo i magistrati contabili “avrebbe dimensioni anche superiori a quelle dell’evasione”.
Sull’Irpef, invece, la Corte osserva l’esigenza di una riforma profonda. L’imposta infatti, presenterebbe dei limiti specifici e andrebbe reimpostata allo scopo di garantire progressività e corretta ridistribuzione. In questo senso, il bonus di 80 euro promosso dal premier Renzi viene visto come un “surrogato” rispetto a una revisione completa dell’impianto dell’Irpef.
Le “politiche redistributive basate sulle detrazioni di imposta così come scelte selettive rientranti nell’ambito proprio e naturale della funzione dell’Irpef, affidate a strumenti ‘surrogati’ (prelievi di solidarietà, bonus, tagli retributivi) sono all’origine di un sistematico svuotamento della base imponibile dell’Irpef finendo per intaccare la portata e l’efficacia redistributiva dell’imposta”.
Decisioni che “rendono più difficile l’attuazione di un disegno equo e strutturale di riduzione e redistribuzione dell’onere tributario”.
“Il rapporto sottolinea che rigore e disciplina segnano la politica di bilancio almeno da quattro anni”, spiega nel suo saluto il presidente della Corte Raffaele Squitieri che avverte “la spesa pubblica si è ridotta in valore assoluto, anche se con un forte sacrificio degli investimenti pubblici: uno sforzo eccezionale che non può, realisticamente, essere protratto troppo oltre in assenza di crescita economica. O, almeno, non oltre quanto già programmato nel DEF”.
Per il ministro Padoan “bisogna ripensare la strumentazione di politica economia, conciliando l’attenzione ai conti con la crescita: questo sarà al centro della politica italiana durante il semestre di presidenza nella Ue”.
Ha poi ribadito come l’Italia abbia fatto e continui a fare “compiti a casa: tra il 2011 e il 2013 le manovre sono ammontate a 67 miliardi, il 4,3% del Pil in un contesto nel quale l’Italia ha dovuto gestire una crisi finanziaria importante”.
Per Padoan “l’Italia e l’Europa si trovano di fronte a un bivio. Possiamo decidere di non fare niente, e ci aspetta un periodo non breve di scarsa crescita, oppure possiamo prendere decisioni stabili e credibili, di lunga durata, affinché si prenda una strada diversa, delineando una prospettiva stabile”.
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