Matteo Renzi ospite della D'Urso a "Domenica Live"
Un Matteo Renzi pirotecnico, quello che ha preso posto ieri sulla poltroncina di “Domenica Live”, ospite di Barbara D’Urso, da dove si è lanciato in un profluvio di annunci tra cui quello, forse, più eclatante riguarda l’estensione della platea dei beneficiari delle note 80 euro anche alle neomamme (e ai neopapà), per i primi tre anni dal parto. “Dal 1° gennaio del 2015 daremo gli 80 euro non solo a chi prende meno di 1500 euro al mese, ma anche a tutte le mamme o i papà che fanno un figlio, per i primi tre anni. Si tratta di mezzo miliardo destinato alle famiglie“, la novità comunicata dal premier in diretta tv. Una sorta di riproposizione del bonus bebè di berrlusconiana memoria che, solo più tardi, fonti del governo hanno specificato che sarà garantito per redditi che non arrivano a 90mila euro. “So cosa significa comprare pannolini, biberon e spendere per l’asilo. È una misura che non risolve un problema ma è un segnale“, ha poi precisato il presidente del Consiglio. Peccato che i punti oscuri, al di là dell’esiguità del bonus, restino ancora molti: non sono indicate le coperture, nè vengono precisati i requisiti (mamme e papà italiani? Cittadini Ue? Chiunque abbia la residenza senza considerare la nazionalità?) con il rischio che a beneficiarne siano, per lo più, neomamme (o neopapà) immigrate, magari clandestinamente, così come non è chiaro se le cifre siano da considerare un lordo o un netto, nè, infine, se il tetto dei 90mila euro vada considerato ascrivibile al singolo individuo o al suo intero nucleo familiare. in realtà, non è stato specificato neppure se le neomamme (e i neopapà) divenuti tali e percettori di un reddito inferiore ai 1500 euro possano vedere il nuovo bonus di 80 euro cumulato con il precedente legato alla situazione reddituale. Si sa solo che la misura varrà circa 500milioni di euro.
Il segretario del Carroccio, Matteo Salvini
Matteo Renzi con la conduttrice Barbara D’Urso
In serata è giunto il commento a tinte forti di Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord: “Renzi promette 80 euro alle nuove mamme dal 2015. Una presa per il c…, un insulto. In Francia sì che aiutano le famiglie sul serio, con asili nido gratuiti fino ai 3 anni per tutti. In Italia il nido costa in media 300 euro al mese a famiglia. Altro che 80 euro, per far nascere nuovi bimbi ne servono di più! Ma Renzi, che rifiuta ogni confronto e preferisce i monologhi dalla D’Urso, le difficoltà le normali famiglie italiane non le conosce“, ha concluso Salvini in una nota.
Al di là di reazioni politiche più o meno colorite, giova rammentare quanti problemi applicativi dovette scontare il precedente provvedimento, chiamato bonus bebè, adottato dal governo Berlusconi nel 2005 che prevedeva mille euro per tutti i nati dell’anno: il contributo venne annunciato con una lettera di Silvio Berlusconi recapitata direttamente a casa di 600 mila famiglie. La mancanza di chiarezza sui requisiti provocò però un gran caos che danneggiò migliaia di famiglie. Molte delle mamme che ricevettero la lettera, ad esempio, pur essendo residenti in Italia, erano di nazionalità extracomunitaria. Tutte furono in seguito indagate penalmente per aver attestato falsamente di aver diritto all’assegno (del quale fu chiesta la restituzione) nel momento in cui lo incassarono. Non bastò la giustificazione che era stato il premier a comunicare loro l’assegnazione del bonus e che la lettera non indicava il requisito della cittadinanza Ue. Non solo, circa 80 mila famiglie italiane che avevano incassato l’assegno, pochi mesi dopo, ricevettero dal ministero delle Finanze un’altra lettera che imponeva loro la restituzione del contributo, pagando in aggiunta una sanzione di 3 mila euro (sempre per falsa dichiarazione) perché il tetto di reddito da considerare era di 50 mila euro lordi e non netti; altro requisito del tutto oscuro al momento dell’assegnazione del bonus. Giusto per sottolineare come certi annunci effettuati in pompa magna debbano essere corredati da informazioni le più dettagliate possibili onde scongiurare il rischio di divenire inutili, se non controproducenti per i potenziali destinatari. Almeno prima di far squillare le fanfare.
Il ministro dell’Economia, Padoan, invece, era da Lucia Annunziata
Il tutto mentre, solo qualche minuto prima, su Rai Tre, da Lucia Annunziata, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dichiarava: “La Legge di stabilità è pronta, domattina (oggi, ndr) sarà al Quirinale e potrà produrre 800mila nuovi posti di lavoro“. Una professione di entusiasmo notevole per unnminidtro solitamente molto misurato come l’attuale titolare del dicastero economico.
Commentando il contenuto della legge di stabilità, poi, Renzi ha voluto dedicare ampio spazio alla querelle in atto tra governo e Regioni a proposito dei tagli imposti a queste ultime: “Sono arrabbiati un po’ tutti: Regioni, sindacati, magistrati… io non ho la verità in tasca. Noi siamo al governo da 8 mesi e o tutti facciamo uno sforzo insieme, restituendo i soldi ai cittadini o non c’è futuro. Le Regioni sono arrabbiate? Gli passerà“. E ha continuato: “Siccome per vent’anni hanno sempre pagato le famiglie, ora se iniziamo a fare un po’ di tagli ai ministeri ed alle Regioni, non è che si possono lamentare“. Quanto all’ipotesi di tagli alla sanità minacciati dalle Regioni, il premier è andato giù piuttosto duro: “E’ una vergogna solo a dirlo. Non tagliamo i servizi ai cittadini. Contemporaneamente però ci sono spese che tranquillamente si possono tagliare. Non è strano che una siringa in una parte d’Italia costi il doppio rispetto a un’altra? E non ci saranno troppi supermanager?“.
Quanto al Tfr in busta paga, il premier ha garantito che verrà lasciata “al cittadino la libertà di fare come gli pare“. Mentre sul taglio dell’Irap ha precisato: “C’è da ridurre la tassa sul lavoro. Oggi un imprenditore paga un sacco di soldi, ma molti non arrivano al lavoratore. La spesa dell’imprenditore se la mangia lo Stato. Mettiamolo a dieta. Sono i 6 miliardi per l’Irap“.
Il premier si è poi espresso anche sulla questione dei matrimoni gay: “Dopo la legge elettorale il Governo ha intenzione di portare da gennaio in parlamento il tema delle unioni civili, quello della cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri e quello delle facilitazioni per le associazioni del terzo settore“. Il tema dei diritti civili per le coppie omosessuali “è un tema sul quale ci sono tantissime polemiche, in alcuni casi ideologiche, in altre legate alla paura“, ha detto il premier. “A noi servono regole serie: c’è chi vorrebbe l’equiparazione pura con il matrimonio, altri che dicono “non toccate niente” arrivando all’aberrazione che uno non possa andare a trovare il compagno in ospedale“. E ha aggiunto: “Faccio un appello: capisco le opinioni diverse ma su questo tema evitiamo di aprire l’ennesima polemica ideologica. La proposta alla tedesca è un giusto punto di sintesi. La legge alla tedesca è un buon punto di mediazione e consente di far avere alle persone dello stesso sesso i diritti civili“. I tempi? “Subito dopo la riforma elettorale” ha risposto Renzi “che è leggermente slittata, ma ragionevolmente andrà entro l’anno, la proposta già pronta comincerà l’esame dal Senato“.
Infine, il premier, pur senza nominare in alcun modo Beppe Grillo, ha voluto lanciargli, neanche troppo velatamente, una stoccata chiarendo il motivo della sua assenza da Genova dopo il recente disastro: “Non sono andato a Genova perchè non mi andava di fare la passerella del dopo. Una questione di rispetto verso la gente colpita. Ci andrò solo quando i lavori saranno partiti“. “Chi è andato, strumentalizzando l’accaduto, è stato anche contestato“. Il riferimento al M5S è, comunque, evidente.
Carmelo Barbagallo della Uil
Intanto, monta, feroce, il malcontento tra i sindacati: il candidato numero uno alla segreteria Uil, Carmelo Barbagallo, a proposito dell’ennesimo blocco della contrattazione collettiva nel pubblico impiego, ha dichiarato: “I contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego sono fermi al 2010. Ebbene, se lo Stato non rispetta gli accordi, anche noi ci sentiamo sciolti dal rispetto di quegli stessi accordi e, dunque, non terremo più conto dei limiti previsti per gli scioperi nel settore“. “Il blocco dei contratti – ha sottolineato Barbagallo – è una decisione arrogante che trasforma oltre tre milioni di cittadini in sudditi: è inaccettabile. Se il Governo, dunque, non modifica la Legge di stabilità, a partire dallo sblocco dei contratti nel pubblico impiego, se non mantiene le tutele per tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e non le allarga a chi non ne ha, se non dà un segno chiaro nella direzione degli investimenti e dello sviluppo per tutto il Paese, noi chiederemo a Cgil e Cisl di avviare una lunga stagione di lotte unitarie che proseguirà fino a quando il Governo non avrà cambiato verso“, ha minacciato Barbagallo. Immediato, però, è giunto l’altolà da parte del presidente dell’Autorità di Garanzia per gli scioperi, Roberto Alesse per il quale: “Non rispettare l’accordo significa non rispettare gli utenti, danneggiandoli“. La scelta della Uil cadrebbe nell’illegittimità “che l’Autorità non esiterebbe a sanzionare“, ha voluto precisare Alesse. Il tutto, mentre la Cgil si preparara alla grande manifestazione di sabato.
L’impressione è che, contrariamente a quanto auspicato dal premier, a molti il mal di pancia causato dalle tante novità non passerà. Perlomeno a breve.
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