Angela Merkel e Matteo Renzi hanno seppellito l’ascia di guerra. La cancelliera federale tedesca e il presidente del Consiglio si sono incontrati oggi a Berlino per ricomporre la frattura aperta il mese scorso, dopo l’attacco di Renzi alla Germania in Consiglio UE.
Quando i due capi di governo si sono presentati insieme in conferenza stampa, in molti hanno tirato un sospiro di sollievo, dopo le tensioni della vigilia. I colloqui sono durati molto più del previsto, il che ha costretto la Cancelleria a far slittare di un’ora l’appuntamento con la stampa, ma la Merkel li ha definiti “veramente amichevoli”:
Il premier Renzi è partito con una agenda di riforme molto ambiziosa e il Jobs Act si muove nella direzione giusta. Il successo di queste riforme sarà un contributo importante all’Europa e all’Italia.
Il presidente del Consiglio, da parte sua, ha rivendicato di non aver messo sul tavolo “un elenco di impegni e promesse” ma “riforme, risultati”.
L’Italia non è più il problema dell’Europa, ha voglia di fare la propria parte. Siamo in un momento delicato, ne avverto la responsabilità. Tutti vogliamo un’ Europa più efficiente.
Tra gennaio e novembre 2015, le importazioni di prodotti dalla Germania all’Italia sono cresciute del 7%: segno, per Renzi, che la ripresa c’è e ora la possono vedere anche le imprese tedesche. Inoltre la Cancelliera ha proposto iniziative congiunte su “industria 4.0, banda larga, digitale”. I due capi di governo hanno annunciato di voler “organizzare una conferenza economica” per rafforzare la cooperazione bilaterale.
A Berlino si è parlato dei temi più importanti per l’agenda europea: migranti, flessibilità, applicazione delle regole, Libia, Siria.
Sulla questione dei profughi la Merkel ha definito “urgente” l’applicazione dell’accordo con la Turchia, per il quale la UE ha stanziato un finanziamento di tre miliardi. Questo nodo, per la verità, non è stato ancora sciolto. Secondo Renzi l’Italia è “da sempre disponibile a fare la propria parte”, ma aspetta chiarimenti sul “modo di intendere e concepire questo contributo”, cioè se i 280 milioni della quota italiana saranno esclusi, come spera, o inclusi nel conteggio previsto dal piano di stabilità. Ma questi chiarimenti, piuttosto che da Berlino, dovrebbero arrivare da Bruxelles.
Certo è che per mesi il problema dell’immigrazione sembrava solo un problema italiano, ora è chiaro che non è così.
All’esecutivo comunitario, guidato da Jean-Claude Juncker, Renzi ha riservato una frecciatina: “Alla Commissione hanno sempre tempo di fare conferenze stampa con i giornalisti, per cui avranno senza dubbio tempo di affrontare questo problema.
A chi gli ha chiesto un commento sull’esclusione dell’Italia dalla “coalizione dei volenterosi”, progetto umanitario lanciato nelle scorse settimane dalla presidenza olandese della UE e dal capo della Cancelleria federale tedesca, Peter Altmaier, Renzi ha risposto che l’Italia è sempre stata “in prima linea quando c’erano da raccogliere dei corpi in mare, quando c’era da salvare dei bambini in mare”. Ha poi rassicurato gli scettici sull’attivazione dei procedimenti di registrazione dell’identità dei migranti: “Oggi, grazie al lavoro della polizia italiana, siamo al 100% nella registrazione delle impronte digitali e dei riconoscimenti facciali”. Ha anche annunciato che l’Italia parteciperà alla conferenza di Londra sulla Siria, dove spera che la UE vari un piano che aiuti anche i profughi che restano nei confini del paese mediorientale e quelli che trovano accoglienza in Libano e in Giordania.
In Libia “Italia e Germania possono fare di più”, ha detto la Merkel. La Cancelliera ha proposto di inviare nel Maghreb “missioni militari per addestrare forze di sicurezza”, da schierare però non in Libia, ma in Tunisia.
Sulla flessibilità – “uno dei pilastri alla base del programma con cui è stato eletto proprio Jean-Claude Juncker”, ha sottolineato il presidente del Consiglio – “chiediamo che le regole UE che esistono siano applicate, non chiediamo nuove regole”. L’Italia, sostiene Renzi, “ha fatto riforme attese da vent’anni rispettando i parametri, e questo ci permette di tornare ad avere il segno più”.
Alla luce di questo nessuno ha dubbi sul fatto che il debito italiano debba scendere, anche se è per molti aspetti sostenibile e ha caratteristiche che non creano preoccupazione. Ma le politiche di austerity da sole non funzionano e non aiutano l’Europa a ripartire.
Da questo argomento la Merkel si è smarcata: “È compito della Commissione formulare l’interpretazione delle regole”.
La cosa bella è questa: che anche quando si tratta della comunicazione della flessibilità, entrambi accettiamo che ci siano interpretazioni della Commissione divergenti.
Renzi e Merkel hanno poi parlato anche della cultura: strumento utile, così come la crescita economica, per arginare le derive populiste. Ad esempio quelle in campo in questi giorni a Milano, dove Marine Le Pen e Geert Wilders stanno partecipando con il segretario leghista Matteo Salvini alla convention di ENF (“Europa delle nazioni e della libertà”), il gruppo dei partiti euroscettici e nazionalisti rappresentati nel parlamento di Strasburgo.
Il discorso di Renzi ricorda molto quello fatto a Roma insieme al presidente iraniano Hassan Rouhani, e stona ugualmente, accanto alla polemica sulle statue coperte durante la sua visita a Roma.
Renzi ha ricordato un incontro precedente con la Merkel, avvenuto a Milano: “Mi disse che c’era il ‘rischio Maya’ per la cultura europea. Abbiamo bisogno di un’Europa che torni a essere degna del proprio passato”.
F.M.R.
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