Domenica 26 ottobre, 2014: a Firenze si chiude la quinta convention renziana alla Leopolda. Quella del leader del Pd si configura subito come la risposta alla manifestazione di sabato mattina, a Roma, indetta dal sindacato Cgil. «Il precariato non si combatte con i cortei», afferma Renzi, e incalza: «Non faremo tornare il partito al 25%».
E’ una replica dura, quella lanciata dal palco della Leopolda, ora frequentata da ministri del suo esecutivo e una volta circolo dei “rottamatori”. Matteo Renzi sfida piazza San Giovanni, gremita di oltre un milione di persone, e lancia un messaggio chiaro alla «vecchia classe dirigente» a cui non consentirà di «riprendersi il Pd». «Il precariato non si combatte organizzando manifestazioni o convegni», tuona verso i sindacati e i manifestanti. E mentre, nelle sue parole, chi si «aggrappa all’articolo 18» è ormai fuori tempo come chi «cerca un buco per il gettone nell’Iphone», definisce la sua idea di sinistra, che non è quella di chi resta «aggrappato alla nostalgia», ma di chi «prova a cambiare il futuro».
E’ il lavoro, l’articolo 18, al centro del dibattito: quello che c’è o si inventa, come dimostrano le tante storie piccole e grandi raccontati sul palco. Ma anche quello che non c’è o si rischia di perdere, secondo il grido d’allarme lanciato dai lavoratori Meridiana o dalla delegazione dell’Ast di Terni, che Renzi incontra e rassicura. Ma è nell’intervento conclusivo che il premier sfida chi sabato è sceso in piazza a Roma. E dichiara «guerra» ai tanti, intellettuali come euroburocrati, che «credono che l’Italia non ce la farà e non vedono l’ora di vedere il nostro fallimento». Gufi che, è sicuro il premier, «al traguardo ci vedranno perché avremo la maglia rosa». Perché, «se il governo è una bicicletta che ci siamo andati a prendere, non è per scaldare una sedia ma per cambiare il paese». Nello spirito anche un po’ giocoso della Leopolda ma, assicura il «ragazzo» diventato premier, «prendendoci terribilmente sul serio».
Alla convention non solo i fedelissimi, ma anche insospettabili ex nemici e soprattutto le personalità dell’alta finanza. “Saranno circa duecento”, fa sapere l’organizzazione. C’è anche chi fino a qualche mese si trovava dall’altra parte della barricata, come, ad esempio, Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al Copasir, un tempo dalemiano, poi convertito al veltronismo. C’è anche l’ex comunista Gennaro Migliore, oggi sembra più renziano dei renziani. E fra gli ex vendoliani ormai convertiti al renzismo si incontrano Ferdinando Aiello e Sergio Boccadutri, entrambi parlamentari che hanno rimpinguato il gruppo democrat. Ma la lista continua con la lettiana Anna Ascani. Isolato appare Matteo Richetti, che recentemente in una intervista a “In mezz’ora” aveva “strigliato” Matteo Renzi. Presenti anche esponenti di Scelta Civica come Andrea Romano, visto a colloquio con Brunello Cucinelli.
La conta si farà, lascia intendere il leader Pd alle urne. Ma, avverte, «tutte le volte che hanno cercato lo strappo hanno perso loro». Un avviso neanche troppo velato a chi sta con difficoltà dentro il suo Pd.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy