Avevamo scritto: aspettiamolo alla prova dei fatti… E le prime, importanti risposte del primo esecutivo Renzi non si sono fatte attendere. Con due risultati di tutto rispetto: il varo, alla Camera, della riforma elettorale e finalmente il via libera ad alcuni fondamentali provvedimenti in materia economica con la legge delega sul jobs act, il governo vince questo primo importante round e prende il largo a dispetto di tutto.
Ma ora il problema è lasciarsi alle spalle quella palude melmosa del non fare, del non cambiamento che, ieri, a Montecitorio aveva deciso di giocare un proprio pericolossimo ruolo sulle modifiche da apportare all’Italicum ovvero il frutto ( per alcuni avvelenato), di quell’accordo raggiunto fuori della maggioranza tra Renzi e Berlusconi che ancora agita sonni e comportamenti di una parte del Pd, risultata minoritaria alla prova dei numeri. Diatribe, dispetti (l’ex premier Letta e Civati non hanno votato), tentativi di sgambetti e accordi sottobanco, complice il voto segreto, però non hanno funzionato e l’ex sindaco di Firenze può portare a casa gli scalpi degli indomabili movimentisti da congresso della minoranza del suo partito.
“Volevano farmi fuori ma ho vinto io. Volevano dimostrare che, sì mi avevano lasciato il partito e Palazzo Chigi ma che i numeri ce li avevano loro. E invece no, i numeri li abbiamo noi…”
Il ragionamento di Renzi, con buona pace dei Fassina delle Bindi e dei Bersani, è corretto. Sulle preferenze di genere e le liste bloccate l’opposizione interna del Pd voleva riportareil premier ai blocchi di partenza.
L’obiettivo di chi antepone strategie ed equilibri del proprio partito a quelli del paese sembra comunque essere definitivamente tramontato. “L’accordo ha retto” spiega il premier commentando con un tweet il si definitivo alla legge: “la politica contro il disfattismo ha vinto uno a zero. Questa è la svolta buona”. Come dire che l’adozione dell’Italicum garantisce il superamento di una legge elettorale, il Porcellum, che ha paralizzato l’Italia per quasi dieci anni senza possibilità nè voglia di ricambio politico, a destra come a sinistra. La nuova legge che adesso dovrà superare lo scoglio del Senato smuove virtualmente le acque e rimuove quella colpevole ingessatura istituzionale fatta fuori solo grazie da una tardiva quanto provvidenziale sentenza della Corte Costituzionale.
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