Sei cittadini di vari stati africani sono stati condannati a pene comprese fra due anni e mezzo e quattro anni di carcere per traffico di esseri umani. È la prima sentenza in cui la giustizia italiana riconosce l’esistenza di organizzazioni di scafisti impegnate nella tratta fra le coste nordafricane e quelle europee del Mediterraneo.
Il processo si è celebrato a Palermo con il rito abbreviato. Le sentenze sono state quindi emesse dal GUP del tribunale del capoluogo siciliano, Angela Gerardi. A coordinare le indagini era stato il procuratore aggiunto Maurizio Scalia, con i PM Gery Ferrara e Claudio Camilleri.
Sabato scorso la polizia tedesca aveva arrestato Yonas Redae, cittadino eritreo, accusato di essere uno dei trafficanti responsabili del naufragio avvenuto di fronte a Lampedusa il 3 ottobre 2013, nel quale trovarono la morte 366 migranti. Redae si era dato alla macchia lo scorso aprile, dopo che la sua cellula era stata sgominata dalla polizia italiana nella cosiddetta “operazione Glauco II”. È stato preso in consegna dalla squadra mobile di Palermo all’aeroporto di Fiumicino, dov’è arrivato in manette da Francoforte.
Intanto nel Mediterraneo continuano i viaggi della speranza e i naufragi. Oggi, secondo quanto scrive l’agenzia di stampa di Stato turca Anadolu, 24 migranti sono morti nell’affondamento di un barcone nella baia di Edremit, di fronte all’isola greca di Lesbo. Qualche ora prima l’agenzia privata Dogan aveva dato notizia di un altro naufragio al largo di Dikili, circa 100 km a sud di Edremit, con altre 11 vittime. Nel braccio di mare che separa Lesbo dalla costa turca si stanno ancora cercando eventuali dispersi.
Nel frattempo, la cancelliera federale tedesca Angela Merkel è arrivata ad Ankara per parlare di migranti con le più alte cariche dello stato. Stamani ha incontrato il suo omologo, il primo ministro Ahmet Davutoglu, e nel pomeriggio sarà il turno del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Nei confronti delle sofferenze degli abitanti della più grande città siriana, la Merkel si è detta “non solo scioccata, ma anche inorridita”. Ankara e Berlino, ha spiegato, faranno pressione insieme all’ONU perché il Palazzo di vetro ripeta a “tutte le parti coinvolte nel conflitto in Siria” – il riferimento implicito è alla Russia – la raccomandazione, votata lo scorso dicembre, di fermare subito gli attacchi contro i civili. I due Stati, secondo quanto ha detto Davutoglu, intendono “cercare di coinvolgere la NATO nel frenare il flusso di rifugiati e per risolvere la crisi dei profughi di Aleppo”.
Negli ultimi giorni, dal lato siriano della frontiera turca sono arrivati circa 35 mila profughi provenienti dalla provincia di Aleppo, teatro di pesanti bombardamenti da parte della coalizione filorussa e di un’operazione di terra condotta dall’esercito regolare siriano, fedele al presidente Bashar al-Assad. Ankara ha promesso di non abbandonarli al proprio destino, ma ha anche ricordato che le sue strutture di accoglienza ospitano due milioni e mezzo di profughi e sono al limite del collasso.
Altri trentamila siriani starebbero scappando verso la Giordania dall’altra offensiva lealista, nel sud del paese, che ha per obiettivo la cittadina di Daraa. Fonti mediche riferiscono di aver contato circa ventimila persone in fuga verso il posto di frontiera di Tell Shihab. Altri, circa ottomila, sarebbero in marcia da Daraa a Yadudeh, cittadina ancora sotto il controllo delle opposizioni, dove la situazione è relativamente più tranquilla.
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