Il gravissimo problema dei rifiuti a Roma non trova vie d’uscita e nelle ultime ore c’è stato l’ennesimo colpo di scena con le dimissione del Cda di AMA. La decisione è stata presa a poco più di 100 giorni dall’insediamento del nuovo e dopo tre anni di ritardi, problemi e tanti tantissimi disservizi per la cittadinanza.
La rottura col Campidoglio, ovvero con la sindaca Raggi, si registra ancora una volta sul bilancio 2017. All’origine delle dimissioni del Cda, presieduto da Luisa Melara, ad Paolo Longoni e consigliere Massimo Ranieri, lo scontro col Campidoglio sulla gestione di 18 milioni di crediti che AMA vanta sui servizi cimiteriali già al centro delle dimissioni dell’ex consiglio di amministrazione presieduto da Lorenzo Bagnacani.
La gestione di questi soldi, che evidentemente la sindaca non vuol lasciare nelle mani dell’Azienda, è ancora una volta il casus belli che vede il Campidoglio da una parte e la controllata per i servizi urbani di prelievo dei rifiuti su due rive contrapposte. Neanche lo sforzo del Cda dell’AMA per trovare un accordo attraverso la collocazione dei 18 milioni in un ‘fondo rischi’ ha evitato la rottura con l’amministrazione comunale che sabato scorso aveva subito precisato di non avere intenzione di approvare “un bilancio redatto in maniera non corretta e contenga valutazioni di trattamento contabile già in precedenza non avallate dal Comune”. Quella dei vertici dell’AMA è una storia infinita e vergognosa. Basta rifare la storia degli avvicendamenti in un’Azienda in crisi e fuori controllo dal 2013, da quando il sindaco Marino decise la chiusura di Malagrotta. In un florilegio di scaricabarile, contrasti, ripicche e tentativi di mantenere in piedi un sistema su cui convergono troppi interessi, anche malavitosi, l’AMA ha provato a sopravvivere. Con scarsi, anzi inesistenti risultati.
La Raggi in tre anni ha cambiato già una decina di manager in Ama: dopo avere ereditato Daniele Fortini, presidente di Ama con Marino, lo ha sostituito con Alessandro Solidoro, che però se ne è andato dopo pochi mesi. Il suo posto è stato preso da Antonella Giglio, defenestrata quasi subito e sostituita da Lorenzo Bagnacani il 15 maggio 2017 e da un cda in cui facevano parte Andrea Masullo e Vanessa Ranieri. Nel frattempo la prima cittadina aveva voluto Stefano Bina come direttore generale di Ama, per poi mandarlo via (formalmente si dimise) dopo pochi mesi. Anche Bagnacani, presentato dalla Raggi come il grande manager che avrebbe salvato la Città, è stato scaricato, con una lunga guerra tra sindaca e presidente Ama sul bilancio e sui famosi 18 milioni di euro di crediti cimiteriali inseriti nel bilancio.
A febbraio 2019 Bagnacani, Masullo e Ranieri sono stati cacciati, la Raggi ha affidato l’Ama a Massimo Bagatti, come amministratore provvisorio. Ma non il valzer non è finito. Dopo interminabili selezioni, sono stati scelti Melara, Longoni e Ranieri: anche loro presentati dalla Raggi come salvatori della patria, dopo che se ne era andato il “nemico” Bagnacani, anche loro ieri sono stati costretti a dimettersi dopo tre mesi e mezzo. In questo modo Ama dal 2017 non ha un bilancio approvato (e ci sono inchieste in corso della Corte dei conti), non sta progettando nuovi impianti: è come una squadra di calcio che cambia continuamente allenatore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.I dati dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici di Roma Capitale sono negativi: i romani bocciano tutti i servizi pubblici tranne quello idrico che, guarda caso, è in mano a privati. La raccolta rifiuti e la pulizia delle strade, come era prevedibile, totalizzano il voto più basso, sotto il tre. I dati emergono dalla XII Indagine dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici di Roma Capitale presentata lunedì mattina in Campidoglio.
Adesso c’è da chiedersi dove voglia arrivare la sindaca Raggi che continua ad alimentare un braccio di ferro che lascia la città in preda al disservizio più totale, come dimostrano i cumuli di rifiuti che si sono già riformati in tutta l’area urbana della Capitale, morsa che ormai non risparmia più nessuno.
Le proteste dei cittadini crescono e molti chiedono con insistenza un intervento del Prefetto e del Governo, fino ad oggi assenti su un problema che per la città si sta rivelando drammatico anche in conseguenza delle ricadute sanitarie. Ma allo stato penoso della Capitale non sfugge all’occhio attento di chi fa le statistiche di vivibilità e sicurezza tra le città d’Italia e d’Europa.
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