Al termine dell’ennesima giornata-spezzatino (e tante ce ne saranno ancora…) della serie A, la Roma prosegue il suo cammino immacolato (tre vittorie in tre gare) e aggancia il Napoli in testa alla classifica. Ma stavolta non è stato semplice come con Livorno e Verona. Il Parma, infatti, ha tenuto benissimo il campo finchè ha avuto benzina in corpo, salvo poi allungarsi e cedere il passo di fronte al maggior tasso tecnico individuale degli uomini di Garcia. Di più. Gli emiliani hanno creato anche le migliori occasioni sfruttando egregiamente le fasce e chiudendo avanti per 1-0 la prima frazione con una felice incornata di Biabiany su cui De Sanctis non è parso del tutto esente da colpe. Nel secondo tempo, però, i giallorossi cambiavano decisamente marcia ed erano sufficienti due soli minuti a Florenzi, ottimamente imbeccato da un Pjanic in gran serata, per scagliare un bolide alle spalle di Mirante per il pronto pareggio ospite. Di qui in poi la partita assumeva una fisionomia ben diversa con un Parma che continuava sì a rendersi pericoloso in contropiede ma con la Roma che ormai guadagnava progressivamente terreno, favorita anche dall’ingresso di un vivace Gervinho al posto di un evanescente Ljajic. Il calo di intensità e di contrazione dei ragazzi di Donadoni era evidente soprattutto sul gol del sorpasso giallorosso propiziato da un lancio a scavalcare il centrocampo di Strootman che pescava Totti solo soletto davanti a Mirante con Gobbi a tenere in gioco il capitano. Per Francesco era un gioco da ragazzi prender la mira e firmare il 2-1 e la rete n. 228 e n. 17 alla sua vittima preferita, appunto la squadra ducale. Totti rompe così un digiuno che non lo vedeva andare a segno in trasferta dal 31 ottobre 2012. Guarda caso proprio a Parma. Il viatico migliore per affrontare una settimana che lo vedrà impegnato prima nel tanto sospirato rinnovo di contratto e poi, domenica, nel primo derby del “day after”. A spegnere definitivamente le ormai flebili velleità parmensi arrivava, infine, il rigore del 3-1 propiziato da Gervinho e realizzato da Strootman con un’esecuzione molto violenta sotto la traversa. Anche la Lazio, però, chiude la sua giornata nel migliore dei modi con un rotondo 3-0 al Chievo. E non era affatto semplice. Perché il Chievo all’Olimpico era divenuto la sua “bestia nera” per eccellenza (i veneti non conoscevano l’onta della sconfitta in casa biancoceleste dal lontanissimo 2003!). Perché l’ambiente sembra lontano anni luce dall’euforia delle feste post Coppa Italia e protrattesi lungo tutta l’estate biancoceleste. Sono state sufficienti otto reti incassate in due gare dalla Juve (pur sempre la Juve ma pur sempre troppi) per disseppellire l’ascia di guerra tra tifoseria e un Lotito accusato di non mantenuto le promesse estive in sede di mercato. E autore di una replica dai toni decisamente sguaiati e poco confacente ad un presidente di serie A (e non solo). In realtà, i rilievi che si possono muovere alla società biancoceleste vanno appuntati in una direzione ben precisa: posto che la Lazio è stata l’unica squadra della massima divisione italiana a comprare senza vendere (con l’unica eccezione di Kozak) e che, quindi, non la si può certo tacciare del consueto immobilismo sul fronte acquisti, è però vero che i rinforzi non sono arrivati laddove urgeva. In attacco mancava il vice-Klose (o un altro attaccante di livello da affiancargli in caso di 4-4-2) e tutt’ora manca. In difesa, dopo i mal di pancia e le pessime prestazione dell’ultimo anno e mezzo di Dias e vista l’età di Biava, mancava un centrale di livello. E’ arrivato Novaretti. E alla Juve ancora ringraziano. Ora, lungi dal voler emettere una sentenza definitiva su un singolo giocatore che merita, quantomeno, ulteriori banchi di prova, è chiaro che si è investito molto (e speso tanto) per un solo reparto, il centrocampo, che era quello che meno abbisognava di rinforzi. E quanto alle punte, è vero cercare Yilmaz significa voler tentare il definitivo salto di qualità. Ma se poi la trattativa, per qualsivoglia motivo, salta, deve esserci un piano B. Non c’era. Non poteva esserlo Quagliarella, magari preso in considerazione negli ultimi giorni di mercato. Ma non prima. Lo testimoniano le numerose trattative intavolate dalla Juventus per cercare di cedere l’attaccante campano in Inghilterra (il Norwich pareva la destinazione più probabile). Errori antichi e un perenne senso di dèja vu. Errori figli di una concezione del calciomercato che non vede il progetto tecnico “Lazio” come centrale quanto, piuttosto, la ricerca della convenienza economica (giocatori a parametro zero, in età avanzata e, quindi, meno costosi). La sensazione, che ora rasenta la certezza, è che si continua a procedere improvvisando cercando l’affare conveniente ma non programmando. E questo deve esser stato anche il motivo dei recenti dissidi tra Lotito e Petkovic. La differenza principale con la altrettanto criticata dirigenza romanista che un progetto tecnico lo ha sempre avuto (anche se in parte rivoluzionato nella direzione di giocatori d’esperienza a costo di sacrificare giovani campioni in fieri) ma che aveva sempre sbagliato a chi affidarlo (ogni riferimento ad asturiani e boemi non è puramente casuale). Ed è bastato un allenatore che, pur bravo, non è un fenomeno né ha pretese di esserlo per tornare ad alzare la testa. Il ritorno alla vittoria della Lazio è coinciso, ironia del destino, con l’arrivo a Roma della salma del più grande alfiere della sua storia: Giorgio Chinaglia. Accolto e poi scortato il giorno dopo alla Chiesa del Cristo Re e poi al cimitero di Prima Porta da molti suoi tifosi e dai “ragazzi del ‘74”, Pino Wilson, Giancarlo Oddi, Felice Pulici, Bruno Giordano, Mario Facco, Sergio Petrelli, Vincenzo D’Amico, Luigi Martini, Renzo Garlaschelli, tutti suoi compagni ( tranne Giordano che, all’epoca era ancora nella Primavera) in quella meravigliosa cavalcata trionfale culminata con il tricolore. Presenti anche l’ex portiere Michelangelo Sulfaro (nel ’74 al L.R. Vicenza), Cristian Ledesma, Cristiano Bergodi, Pino Insegno, Tony Malco, la prima moglie, Connie Eruzione, i suoi tre figli (Giorgio Jr., Stephanie e Cinzia) e Massimo Maestrelli, figlio del grande Tommaso. Ora riposerà per sempre nella cappella di famiglia dei Maestrelli, accanto a Tommaso. Per lui ben più di un “mister”. Un padre putativo. Ora, per la ritrovata Lazio, impegno infrasettimanale con l’esordio in Europa League contro il Legia Varsavia con la certezza di non poter contare sull’infortunato Biava (ma potrebbe star fermo per più gare). Poi , il derby. Per il quale il Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, fa sapere che sarà una sorta di test per le due tifoserie. Dovessero registrarsi disordini, il retour match potrebbe disputarsi lontano dalla Capitale. Daniele Puppo
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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