Olympia e la Lazio tornano a volare davanti ai propri tifosi
Due giornate di campionato sono veramente una goccia nell’oceano per consentire improvvidi vaticini, però questa serie A, tra qualche sorpresa e molte conferme, mostra già una chiara fisionomia: Juve e Roma erano le favorite (fate voi in quale ordine), lo sono e lo stanno dimostrando. Il Milan, alla vigilia poco accreditato e con l’incognita dell’esordiente (in prima squadra, con la primavera si era già annesso un Viareggio) Pippo Inzaghi in panchina, sta tenendo il passo delle duellanti annunciate. Difficile che duri, anche se Galliani, dopo un’estate non certo trascorsa ad incassare elogi da parte di un tifoseria rossonera molto delusa dal mercato, ha piazzato nell’ultimo giorno utile tre colpi “da condor” (come si è voluto definire lo stesso ad milanista) con gli acquisti di Torres, Van Ginkel e Bonaventura che, uniti al prossimo rientro di Montolivo, promettono di cambiare sostanzialmente il volto della squadra. Lo spagnolo, fermo ai box causa “fuoco amico” (scontro con Rami in allenamento prima di Parma) e l’olandese non sono neppure scesi in campo al Tardini. Bonaventura sì. Tanto è bastato per battere i molto ridimensionati padroni di casa (a proposito, urgono correttivi perchè l’aria che tira nella città ducale, Ghirardi o meno, è pessima e non soroprenderebbe molto un salto carpiato all’indietro da un’Europa riconquistata sul campo ad una lotta per non scendere) al termine di una partita, divertente finchè si vuole sul piano emotivo, ma raccapricciante per la mole industriale di errori, individuali e di squadra, commessi dagli attori in campo. Arbitro Massa compreso. Il risultato di 4-5 a favore degli ospiti rende solo in parte l’idea della “follia” andata in scena in Emilia. Due difese imbarazzanti, praterie sonifinate concesse alle ripartenze milaniste, linea a quattro del Milan da brividi ogni volta che veniva puntata dai padroni di casa con la ciliegina di un autogol comico di De Sciglio che prendeva in controtempo uno spaesato Diego Lòpez (infortunio reale o messa in scena?) che era stato uno degli eroi del 3-1 alla Lazio.
La magia di tacco di Mènez
Tra tanta mediocrità diffusa, la perla della rete di tacco di Mènez (soluzione geniale solo a pensarla), a coronamento di una prestazione da incorniciare per il “falso nueve” di SuperPippo che porrà inevitabili dilemmi con il rientro del “vero nueve” designato, Torres. Ma, viste le premesse estive al 31 agosto, un inatteso problema da ricchi. Rimane, comunque, l’impressione di un cantiere ancora aperto. L’anticipo serale di sabato prossimo con la Juve a S.Siro dirà se il rinnovato entusiasmo in casa rossonera è giustificato o solo il frutto di suggestioni di chi, dopo tanti bocconi amari, sembra vedere la luce fuori dal tunnel ed è divenuto di bocca buona.
Roma e Juve avevano già raccolto, sabato, il proprio bottino. Pieno, ovviamente. Stavolta, invertendosi i ruoli. Un convincente 2-0 interno per i bianconeri torinesi contro quelli friulani, apparsi sin troppo rinunciatari. Uno stentato 1-0 esterno per i giallorossi in Toscana contro un Empoli molto propositivo. Decisiva l’autorete del portiere Sepe su botta da fuori del sempre più determinante Nainggolan (non sarà semplice per Strootman ritrovare una maglia da titolare al rientro), come lo era stata quella di Biraghi per la Juve contro il Chievo nel primo turno. Risultato massimo con il minimo sforzo. Obiettivo centrato per Garcia in vista dell’esordio Champions (la Roma vi torna dopo quattro anni davant ala tv con il solo intermezzo, catastrofico, del preliminare di Europa League con lo Slovan). Una Roma meno bella del solito ma tremendamente cinica. Continuità con la squadra dell’ultima gestione solo apparente anche per i campioni d’Italia: il sistema di gioco, il 3-5-2, è il medesimo ma diversa ne è l’interpretazione. Una Juve meno arrembante, meno intensa , questa di Allegri, rispetto a quella furente di Conte, ma più attenta a coprirsi le spalle e disposta anche a sacrificare qualcosina in termini di ritmo a favore di una manovra più ragionata. Se sarà stato un bene o un male lo scopriremo solo vedendo il prosieguo della stagione. Che, presentandosi ricca di impegni di livello (difficile che la Juve possa uscire già al prmo turno di Champions come l’anno scorso), potrebbe premiare un atteggiamento meno dispersivo in termini di energie.
Il tabellone di S.Siro recita l’incredibile punteggio
Detto della “follia” di Parma-Milan, non da meno è stato lo “spettacolo” cui hanno potuto assistere i quasi 35.000 presenti a S.Siro: un Sassuolo, tanto ambizioso, con i novelli “gemelli del gol” Berardi (peraltro, anche espulso)-Zaza, quanto inguardabile nel pomeriggio meneghino, è riuscito nell’impresa di replicare lo 0-7 incassato l’anno scorso, proprio a settembre, sempre contro l’Inter. Tripletta di Icardi, doppietta di un Osvaldo, pur partito indolente come suo solito, una rete (la sua prima in nerazzurro in campionato) di Kovacic, migliore in campo e salutato da una fragorosa ovazione all’uscita, e una dell’uomo perennemente con la valigia in mano, Guarìn. Tanta grazia, anche troppa per Mazzarri che ora dovrà lavorare di fino sulla concentrazione dei suoi: certe sbornie possono inebriare sul momento ma anche generare pericolosi cali di tensione. In ogni caso, dopo lo scialbo pari con il Toro, l’Inter si conferma “pazza” come non mai. E non è un caso che dagli altoparlanti del Meazza sia stato intonato, dopo due stagioni di assenza (causa cavilli legali), l’inno più amato dai tifosi della Beneamata: “Pazza Inter”, appunto.
Higuaìn e il Napoli a testa bassa
Il Napoli, invece, conferma la sensazione che la vittoria in extremis di Marassi con il Genoa avesse contr ibuito a nascondere parecchia polvere sotto il tappeto azzurro. La squadra di Benitez non ha giocato neppure male, ha creato una dozzina abbondante di palle-gol (con tanto di rigore di Higuaìn neutralizzato da Bardi) ma si è dovuta arrendere all’unica sortita di un Chievo tanto cinico quanto arroccato a protezione di un Bardi eccezionale (non se ne parlava più dall’ultimo Europeo Under21 e non se ne capisce il perchè). A domicilio. E il pubblico del S.Paolo ha dimostrato, a suon di fischi, non solo di non gradire, ma anche di aver esaurito la propria apertura di credito soprattutto nei confronti della società, giustamente tacciata di sonnolenza in sede di calciomercato, in attesa dei soldoni della Champions come se l’ostacolo Athletic Bilbao fosse una fastidiosa pratica da evadere svogliatamente. I problemi, in realtà, sono noti: il tesoretto accumulato con la cessione di Cavani l’estate scorsa non è mai stato adeguatamente reinvestito. Non nei ruoli che servivano, perlomeno. Sulla scorta di una stagione, l’ultima, in cui il Napoli ha sì chiuso terzo ma distanziato anni luce dalle prime due della classe (la Coppa Italia ha poi illuso l’ambiente che andasse tutto bene così), l’esperienza avrebbe dovuto suggerire qualche investimento in più alla voce “difesa”. Anzichè perdere un’intera finestra di mercato a rincorrere i Fellaini e i Lucas, mai arrivati e comunque inutili alle bisogna partenopee. Ed è piuttosto indicativo che il Chievo abbia sbancato il S.Paolo non solo con l’unica conclusione verso Rafael (con tutto il rispetto, ma riscattare Reina, anzichè lasciarlo lusingare dalla panchina del Bayern, no?), ma addirittura con l’unica azione offensiva degli uomini di Corini. Tradotto: reparto difensivo testato una sola volta in 90 minuti e gol immancabilmente preso. Con il filtro a centrocampo affidato, nell’occasione della rete di Maxi Lòpez, a Insigne che, non sapendo minimamente cosa sia l’interdizione, ha lasciato andare senza colpo ferire l’ex Samp verso l’area azzurra. Non ci sono in rosa uomini in grado di supportare (e sopportare) il 4-2-3-1 (tendente ad un 4-2-4). Che, però, è il sistema di gioco che Benitez conosce meglio. O gli si acquistavano altri interpreti più adatti oppure, con quelli attuali, un cambio di panchina rischia di risultare inevitabile. A prescindere dai risultati che il Napoli saprà conseguire durante l’anno e che potranno essere i più ondivaghi possibile, rimane il dato che la squadra è stata costruita male e senza alcun criterio logico.
Candreva e compagni salutano il primo gol di Parolo in biancoceleste
Quello che, invece, non sembra esser mancato alla campagna acquisti della Lazio. Finalmente i non molti soldi disponibili sono stati investiti nei ruoli che servivano: Klose ha un’età che non gli può consentire una presenza fissa in campo? Bene, serve una punta centrale. E’ arrivato Djordjevic. Non male, peraltro. La difesa andava ricostruita ex novo viste le carte d’identità di Biava e Dias e la palese inadegustezza di Ciani e Novaretti (e non che Cana fosse un muro invalicabile, peraltro). Sono arrivati De Vrij (molto incerto all’esordio con il Milan ma forte di un’esperienza internazionale che parla da sola), Basta, Gentiletti e Braafheid. Tutti giocatori di qualità. E il 3-0 al Cesena ha mostrato come i dubbi che avevano accompagnato l’arrivo del centrale argentino fossero decisamente eccessivi. Si tratta di un giocatore che ha appena vinto con il San Lorenzo la Copa Libertadores. Esattamente come era avvenuto sulla sponda opposta del Tevere con Castàn, reduce dal trionfo nella Champions sudamericana con il Corinthians. In Europa, in Italia soprattutto, dovremmo imparare ad esser meno presuntuosi. In più la conferma di Candreva e l’acquisto di un nazionale a centrocampo, Parolo dal Parma. Al netto della beffa-Astori, finalmente una campagna-acquisti di assoluto livello per qualità, quantità e, soprattutto, quel che più conta, funzionalità dei nuovi arrivati al progetto tecnico del nuovo mister, Stefano Pioli, che rimane, forse, l’incognita maggiore. Già con il Milan, era piaciuto l’atteggiamento molto propositivo della squadra, punita oltremisura da errori individuali dietro e da una scarsa lucidità davanti. Ma padrona del campo per 90 minuti. Con il Cesena, di errori non se ne sono visti e, complice anche la pochezza dell’avversario, il risultato è arrivato, puntuale: un 3-0 netto, frutto delle reti di Candreva, Parolo e Mauri, che meglio non poteva salutare la riconciliazione della squadra (ma non della proprietà) con il proprio pubblico. Altro elemento da non sottovalutare in prospettiva. Olympia è tornata a volare di fronte a spalti non più deserti. La Lazio è tornata a farlo sul campo.
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