Il lato “B” del quartiere che ospita loft di lusso e ristoranti alla moda ma anche discariche di ferraglia e villaggi di roulotte e baracche abusive.
Ostiense, quartiere capitolino a due facce. Da una parte i tanti cantieri aperti per la realizzazione delle prossime opere a sfondo culturale e quant’altro. La Centrale Montemartini, i locali ‘in’ della movida, i box e gli appartamenti ultramoderni a costi non proprio sotto traccia; la nuova sede dell’Agi, per metterci anche l’informazione; i ristorantini di lusso di ultima generazione, le residenze popolari trasformate in loft o attici da sogno, dimora di attori e registi cinematografici come Ozpetek che impazziscono letteralmente per la zona; e, non da ultimo, il tempio dell’enogastronomia Eataly, sorto al posto dell’Air Terminal, che ha inondato le recenti cronache del gusto.
Dall’altra, tutta un’altra storia. Le discariche di ferraglia, bitume e materiali di scarico inquinanti, la fila di roulottes di chi non ce la fa più a campare e vive in strada; i rovistatori fissi nei cassonetti; l’incuria dilagante; le baracche abusive sotto il Ponte dell’Industria; i tanti ubriachi e sbandati che la notte non si contano più; il chiasso esagerato dei pub e le risse; l’estro creativo sopra le righe dei writers che fa tanto sobborgo metropolitano; l’abusivismo più che in altre zone della città diventato prassi consolidata e le continue proteste dei residenti.
Ostiense adesso è così. Un po’ piccola Las Vegas, ma anche Bronx. Una mega discarica si affaccia sul Ponte di Ferro: enorme collina di rottami indifferenziati che incute orrore.
Poi, sporcizia e rifiuti in ogni dove, accampamenti abusivi sotto le sponde del Tevere: panni stesi, tavoli apparecchiati. Gruppi di nomadi con carrelli di rame a seguito: non una visione da queste parti.
Le insegne non si riconoscono più, quella che dovrebbe indicare il Ponte è illeggibile. Le scale di accesso alle banchine del fiume sono un letamaio, fra indumenti abbandonati, topi che scorrazzano e odori nauseabondi.
Su Via del Commercio, tappeti indiani stesi su un filo in strada vicino ad una roulotte: una famiglia vive in questo modo da mesi, occupando il marciapiede. Tutta la via sembra un grande centro sociale, fra scritte madornali, collezioni di bottiglie di birra sui davanzali e strutture fatiscenti.
Non va meglio dalle parti dell’Università Roma Tre. I lavori per la nuova Metro hanno chiuso alcune strade, diventate latrine. Perfino i tombini del gas traboccano di immondizia. I segnali stradali impacchettati per cambi direzionali sono rimasti così, alcuni marciapiedi sono dissestati.
E poi l’ex Caserma sgangherata del Porto Fluviale, uno dei tanti simboli dell’illegalità della zona, occupata da anni da famiglie di varie nazionalità, che nessuno riesce a smantellare: un corpo estraneo in centro dove convivono oltre 85 nuclei. All’esterno, vetri rotti, striscioni, fili elettrici scoperti: un palazzone di disperati.
Al piano terra ha aperto una caffetteria sociale con un simil festone che sembra un grosso tubo gonfiabile. Non si sa cosa sia. Su Via Pellegrino Matteucci, poi, vive ancora un binario morto. L’area recintata gestita dalla Metro è una discarica.
Davanti Eataly, fra file di clienti super griffate in tacco 12 venute a curiosare, dimora in tutta tranquillità un extracomunitario seminudo nella sua roulotte-baracca. Altri camper di ‘nuovi poveri’ (tanti se ne avvistano da un po’ anche in altre zone della città, dal centro alla periferia) stazionano in tutto il piazzale.
Italiani senza fissa dimora, tantissimi stranieri, alcuni degli afghani che non se ne sono andati. Il ricordo tangibile di un problema sociale che il quartiere non ha dimenticato. In Via Capitan Bavastro, davanti agli uffici della Regione Lazio, un campo incolto di rifiuti.
Sotto il ponte della ferrovia, a rischio sicurezza, pezzi di cemento cadono dall’alto. L’Ama passa di rado a pulire e dipinti multiformi si susseguono come in una dimensione psichedelica. La cancellata della stazione Ostiense è imbrattata. Sul piazzale, file di bancarelle abusive. Scritte invadono la maggior parte delle serrande dei negozi su Via Matteucci.
I commercianti hanno rinunciato anche a lamentarsi. Tanto “nonostante la consapevolezza, le cose stanno così da un pezzo”, dicono. Prevale la rassegnazione.
Valentina Conti, romana, classe ’78, giornalista professionista. Scrive sul quotidiano Il Tempo. Una laurea con lode in Scienze della Comunicazione vecchio ordinamento (per intenderci, quando ancora non era nota ed era davvero una laurea…), con una tesi sperimentale mediatica in storia contemporanea sui giovani in politica fra il 1977 e l’89 (che oggi non sono più giovani e in politica ci sono lo stesso). Varie collaborazioni con diversi quotidiani e free press come Libero, Leggo, La Notizia, Epolis, settimanali di politica e cultura, mensili, testate online, fra cui la rivista “Nuove civiltà delle macchine” della Rai. Si occupa, prevalentemente, di cronaca e politica. Vincitrice della prima edizione del Premio giornalistico “Angelo Maria Palmieri” con un articolo pubblicato sul quotidiano Libero sui ‘sequestri di Stato’. Autrice di numerosi studi sulla politica nazionale letti in chiave storica. Addetta stampa di professione, ha lavorato oltre otto anni come ufficio stampa in Regione Lazio; si occupa della gestione di uffici stampa privati nei settori sanità, sociale, politica e altre tematiche.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy