L’esterofilo sindaco Ignazio Marino ne ha fatta un’altra delle sue. Non pago dei numerosi, e spesso insormontabili, problemi di una metropoli davvero grande e affollata (con i suoi tre milioni di abitanti il più popoloso d’Italia, il quarto dell’Unione europea), che brilla al contrario per la pulizia, la manutenzione e la conseguente sicurezza delle strade, congestionate per problemi irresolubili di traffico, dove è la criminalità organizzata a governare il territorio, il sindaco dem ha pensato di prelevare dalle tasche dei cittadini la ‘modica’ cifra di 20 mila euro per far studiare il nuovo logo che rappresenti degnamente la Città Eterna. E, fiero del suo operato, lo ha presentato ieri con una conferenza stampa nella sede del Macro. Anzi, ne ha presentati due, uno istituzionale e uno relazionale. Nel primo viene eliminato l’inutile e fastidioso orpello “Capitale”, quasi a separare la città dalla sua funzione istituzionale, nel secondo lo scudetto perde la corona che viene sostituita da cinque palle cromatiche, dal rosso all’arancio passando per il fucsia, la sigla SPQR (Senatvs PopvlvsQve Romanvs), acronimo arcaico e superato come la stesssa storia trimillenaria di Roma, e il nome della città, conosciuto in tutto il mondo, viene tradotto nella lingua ‘nazionale’, l’inglese, per comporre la scritta confidenziale «Rome & You». Lo scudetto rosso, il colore simbolo della città è rimasto, Almeno quello!
Marino continua a stupire, come sottolinea ancora una volta l’opposizione capitolina, da Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini a Fabrizio Ghera, ex assessore ai lavori pubblici, ora capogruppo di Fdi-An in Campidoglio. “Roma non è un’etichetta da cambiare a ogni stagione ma una città complessa da amministrare – sottolinea Ghera -, probabilmente il sindaco non ha ancora capito dove si trova e ribadisce la sua inadeguatezza al ruolo”.
Condanna la scelta anche Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, che su Facebook annota che “è proprio quando si vuole comunicare fuori dai confini nazionali che si deve rafforzare l’identità e la tradizione di Roma, città dalla storia e dalla cultura millenaria. Marino ha fatto l’esatto contrario e ha scelto di diluire la millenaria identità della Città Eterna con inglesismi ingiustificati. Il risultato: un logo buono per il carnevale”.
E’ sempre Fdi-An a criticare fortemente il nuovo logo. Questa volta lo fa Fabio Rampelli, capogrupo alla Camera: “A parte l’esterofilia da italietta provinciale, perfettamente in sintonia con le orribili luminarie intercontinentali che hanno infestato via del Corso sotto Natale, si respira un senso di effimero che è l’esatto opposto del carattere solenne che avvicina a Roma il turismo internazionale. Qui i turisti cercano la romanità classica e imperiale, il paleocristiano, il barocco, il rinascimentale, il razionalismo, la cristianità, il teatro lirico. Roma non è Montecarlo e la sua dimensione mondana e ricreativa è accessoria e non sostitutiva dei motivi storici di attrazione”.
Il restyling del logo che il Comune di Roma utilizzerà d’ora in poi (sic!) su carte, cartelloni, depliant, gadget eccetera, è stato affidato alla società Inarea di Antonio Romano, «per restituire — è stato detto — immediatezza ed efficacia sul piano comunicativo alla città». Sembra che l’obiettivo sia superare I Love NY di Glaser. Se ne conosciamo ormai il costo: 20 mila euro prelevate dalle tasche dei cittadini, sarà difficile sapere il tempo impiegato da questi ‘scienziati’ per partorire suffatta bellezza. Pensare che solo qualche anno fa (2009, nell’era Alemanno), con un apposito bando venne indetto il concorso nazionale “Roma in un’immagine”: un passato millenario da racchiudere in un logo che sintetizzi l’immagine della città, la sua storia, le sue tradizioni, da utilizzare per la promozione culturale e turistica della Capitale rafforzando la visibilità e l’identità di Roma a livello nazionale e internazionale. Oggi il sindaco Marino spiega che questo restyling “non è un’operazione dal contenuto ideologico ma il riconoscimento del nome che per tremila anni ha reso nota la città considerata Caput mundi. Roma è Roma e non ha bisogno di altri attributi o aggettivi”.
E Ignazio Marino è Ignazio Marino, abbiamo imparato a conoscerlo bene e a non amarlo. Non ha bisogno di altri attribuiti né di aggettivi. Anzi, quelli proferiti da chi sopra l’ha criticato, non li abbiamo riportati. Il nostro pensiero preferiamo tenercelo dentro. La vicenda è talmente incredibile, sgradevole, inaccettabile, catterizzata da totale assenza di comprensione dello spirito della Capitale, da rendere più opportuno stendervi sopra un velo pietoso.
Se Totò fosse stato romano, la sua poesia l’avrebbe dedicata alla Capitale e alle ‘femmene’ romane, fino a cantare: Roma, tu e io (nella versione originale: Napule, tu e io….). Sindaco Marino, lo tenga presente per il prossimo logo: Rome, You&I . Ok?
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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