Oggi Rosetta ha concluso la sua missione intorno alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. La sonda, lanciata dall’Agenzia spaziale europea (ESA) nel 2004, è precipitata – come previsto nel piano di volo – sul corpo celeste alle 13.20 italiane. Era in caduta libera da ieri.
“La manovra è andata molto bene”, dice il direttore delle operazioni spaziali della missione, l’italiano Paolo Ferri: “Come accade in ogni manovra, c’è stata solo qualche piccola variazione, che porterà la sonda Rosetta ad atterrare 90 secondi prima del previsto e a 44 metri di distanza dal punto individuato”. D’accordo il direttore di volo, Andrea Accomazzo, che ha definito la manovra “praticamente perfetta”.
Non sarà un vero e proprio crash landing, uno schianto come potremmo immaginare noi sulla Terra: le comete sono corpi celesti minuscoli rispetto a un pianeta, e la loro gravità è molto più debole. Accomazzo, in un’intervista concessa a il Fatto Quotidiano, spiega la dinamica della discesa:
Al momento dell’impatto, Rosetta viaggerà a una velocità di circa 90 cm/s, più o meno la stessa alla quale noi camminiamo. Lentamente. A quel punto, la sonda registrerà un’anomalia. E innescherà un reset del computer di bordo, che sarà programmato per non farla riaccendere.
Durante la discesa, invece, Rosetta resterà accesa e invierà immagini e dati sulla Terra in tempo reale: per la precisione a Darmstadt, in Germania, dove ha sede il centro di controllo ESA. “L’operazione sarà abbastanza complicata – continua Accomazzo – perché Rosetta sarà esposta al turbolento ambiente cometario, fatto di gas e polveri, a distanze molto ravvicinate. In special modo negli ultimi 50 minuti, che avvengono sotto i 2 km di quota”. L’impatto avverrà nelle vicinanze di un paio di “pozzi” piuttosto profondi, da dove gli scienziati sperano di trarre informazioni sugli strati più interni, e quindi più antichi, della cometa. Informazioni che potrebbero rivelarsi fondamentali per la nostra conoscenza della storia del sistema solare. Ma non sarà facile: gli strumenti di bordo – tra cui la macchina fotografica OSIRIS e il laboratorio di analisi chimiche ROSINA – sono tarati per osservare la Churyumov-Gerasimenko dall’alto, da una distanza orbitale di circa tre chilometri, e i dati raccolti durante la caduta dovrebbero essere piuttosto sfocati.
A Darmstadt ci si aspetta di passare i prossimi decenni ad analizzare i dati di Rosetta, che vanno aggiunti a quelli provenienti dal lander Philae, il primo manufatto umano ad essere mai atterrato su una cometa. Philae era “accometato” il 12 novembre 2014, ma dopo solo tre giorni aveva interrotto i contatti con la Terra: la batteria si era scaricata e i pannelli solari che avrebbero dovuto ricaricarla non funzionavano a dovere, tranne per un breve periodo nell’estate 2015. Tre settimane fa l’ultimo colpo di scena: il lander è stato localizzato grazie alle foto scattate dall’orbita – era caduto in un crepaccio buio – e ha ripreso a trasmettere i suoi preziosi dati dalla superficie.
“È come se avessimo raccolto i pezzi di un puzzle”, spiega Accomazzo: “Sappiamo che sono quelli del puzzle che vogliamo risolvere, ma ci vorrà del tempo per farlo”. Per poi concludere:
Non siamo andati lì solo per questo. Siamo sbarcati su una cometa per dare risposte a domande fondamentali, più della mera descrizione di quello che vediamo. Dopo questo atto finale verrà il momento di rielaborare, confutare, confermare le teorie, o presunte certezze, sulla nostra origine.
F.M.R.
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