Il presidente iraniano Hassan Rouhani è arrivato stamattina a Roma per una visita di due giorni, la prima dopo la fine delle sanzioni internazionali contro Teheran. Fra oggi e domani, nella capitale italiana, Rouhani incontrerà le massime cariche dello Stato e papa Francesco; poi andrà a Parigi, da dove ripartirà per l’Iran mercoledì sera.
Il presidente della Repubblica islamica viaggia con sei ministri e circa 120 fra imprenditori e dirigenti di aziende pubbliche, il che lascia intendere che sul tavolo, accanto ai grandi temi politici, abbia spazio anche la ripresa degli scambi commerciali con l’Europa. Il petrolio farà sicuramente parte degli argomenti, ma si parlerà anche di costruzioni, infrastrutture e trasporti.
L’Airbus A321 con Rouhani a bordo è atterrato a Ciampino verso le 10.30 di stamattina, con un’ora e mezzo di ritardo sulla tabella di marcia. Da lì il presidente iraniano è stato accompagnato in albergo e poi al Quirinale, dove ha incontrato il suo omologo italiano Sergio Mattarella e poi partecipato a una colazione di lavoro con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e i ministri iraniani del Petrolio, Bijan Namdar Zangeneh, e dell’Industria, Mohammad Reza Nematzadeh.
Al Quirinale si è parlato di terrorismo, della situazione in Libia e di collaborazione politica e culturale. “Per combattere efficacemente il terrorismo internazionale serve una grande coesione internazionale”, ha detto Rouhani, e “tutti devono fare la loro parte fino in fondo senza ambiguità”. Come esempio di stato preso in ostaggio dai terroristi, il presidente della Repubblica islamica ha scelto la Siria, alleata storica di Teheran, e ha ricordato la necessità di smantellare gli appoggi internazionali di cui godono i foreign fighters.
Poi i due capi di Stato hanno parlato anche della Libia – che senza un governo “resterà nelle mani dei trafficanti di esseri umani” – e hanno ripetuto di comune accordo che la priorità nel paese nordafricano è la formazione di un governo unico, l’unico soggetto legittimato a chiedere aiuto alla comunità internazionale.
In un’atmosfera definita “molto amichevole”, Mattarella ha ringraziato Rouhani per aver scelto Roma per la sua prima visita ufficiale in Europa, e il presidente iraniano ha invitato quello italiano a ricambiare la visita a Teheran. Alla fine dell’incontro i due capi di Stato hanno ricordato che l’Italia sarà ospite d’onore dell’edizione 2017 della fiera del libro di Teheran, e che l’Iran sosterrà la candidatura italiana a un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza ONU.
Stasera, in Campidoglio, Rouhani incontrerà il premier Matteo Renzi, mentre domani, prima di partire per Parigi, sono in programma gli incontri con i presidenti delle Camere Piero Grasso e Laura Boldrini e la storica visita in Vaticano. Meno appariscente dal punto di vista simbolico, ma altrettanto importante da quello commerciale, sarà l’intervento al Business Forum Iran-Italia organizzato da Confindustria e Istituto per il commercio estero in programma per le 9 di domattina.
L’Italia punta a tornare il primo partner commerciale dell’Iran. Fra gli obiettivi della nostra strategia commerciale figurano quello di riportare il valore dell’interscambio a sette miliardi di euro e quello dell’export a due e mezzo entro il 2018.
Fra oggi e domani si prevede che i rappresentanti di Italia e Iran firmino accordi commerciali per un valore complessivo intorno ai 17 miliardi. Ne dovrebbero beneficiare le imprese attive nel settore petrolifero, a cominciare dall’Eni, che opera in Iran dal 1957, ma negli ultimi anni è rimasta intrappolata dalle sanzioni. Da quando la Repubblica islamica è potuta rientrare nella comunità internazionale, però, il ghiaccio ha iniziato a sciogliersi. Nei mesi scorsi il colosso energetico guidato da Claudio de Scalzi ha messo in cantiere un memorandum d’intesa con la National Iranian Drilling Company per espandere la cooperazione bilaterale nel settore delle trivellazioni petrolifere. Dovrebbero essere vicine a sbloccarsi anche le questioni della revisione del sistema contrattuale e dei debiti contratti con Eni dalla National Iranian Oil Company, la compagnia petrolifera statale di Teheran, pari a circa 800 milioni di euro.
Come si è già detto, però, non si parlerà solo di petrolio. La Repubblica islamica ha varato un piano nazionale di adeguamento di infrastrutture e trasporti per un costo stimato intorno a 15 miliardi di euro, e le aziende italiane parteciperanno alla partita. In particolare, gli occhi di Ferrovie dello Stato sono puntati sulla costruzione della ferrovia Teheran-Mashhad e sulla ristrutturazione per l’alta velocità della linea Teheran-Qom. Si potrebbe tornare a parlare della collaborazione fra il Porto di Trieste e l’Islamic Republic of Iran Shipping Lines, dopo la recente visita a Teheran del commissario dell’autorità portuale Zeno D’Agostino e della presidente della regione Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani. I lavori di adeguamento della rete autostradale potrebbero fornire lavoro a imprese come Astalli, Impregilo o Salini. Per quanto riguarda i trasporti aerei, invece, il ministro dei Trasporti iraniano Abbas Akhoondi ha fatto sapere che l’accordo per la fornitura di 114 aerei a marzo è stato già trovato con Airbus – le firme, ultimo dettaglio mancante, saranno apposte mercoledì a Parigi – ma la Repubblica islamica intende comprare altri 500 velivoli nei prossimi tre anni, e Mehdi Hashemi, presidente della commissione Sviluppo del Majlis – il parlamento monocamerale di Teheran – ha invitato le aziende internazionali a presentare quanto prima le loro proposte. Dall’8 al 10 febbraio, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano, Graziano Delrio, guiderà una missione a Teheran alla quale parteciperanno anche la titolare del dicastero dello Sviluppo economico, Federica Guidi, e quello dell’Agricoltura Maurizio Martina, già impegnati negli incontri bilaterali di questi giorni.
Nel frattempo il sistema bancario dell’Iran avvierà la conversione allo standard SWIFT, e così rientrerà nel giro delle transazioni finanziarie internazionali, da cui era escluso per effetto delle sanzioni.
Filippo M. Ragusa
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