Sale la pressione fiscale, mentre il potere d’acquisto rimane invariato. In un momento in cui a tutti i livelli, sia istituzionali che di indicatori statistici, si parla di ripresa diffusa, l’Istat mette l’accento su quanto il 2014 sia stato un anno durissimo per gli italiani.
Secondo l’Istituto, il reddito disponibile per i cittadini è aumentato in media dello 0,2% ma, tenuto conto dell’inflazione il valore, che presentava il segno meno dal 2007, non ha prodotto i riscontri sperati. Sale la spesa per i consumi finali delle famiglie, +0,5%, in flessione dello 0,3% invece il valore della propensione al risparmio. Le tasse hanno invece pesato per il 43,5%, in aumento dello 0,1% rispetto all’anno precedente, con un picco del 50,3% nell’ultimo trimestre del 2014.
Cresce di uno 0,1% anche il Pil del 2014 rispetto al valore totalizzato nell’anno precedente. Da segnalare anche l’avanzo primario raggiunto negli ultimi tre mesi dello scorso anno, con un risultato positivo pari a 10.132 milioni di euro. Le uscite totali sono aumentate dello 0,8% così come sono aumentate le entrate dello 0,6%.
Il vero dato, ovvero l’aumento della pressione fiscale, fa però perdere di vista i piccoli, timidi passi compiuti nella direzione dell’inversione di tendenza. Il Codacons, infatti, ha definito le percentuali di tassazione come “zavorra per il Paese”, che ha portato “l’Italia ai primi posti della classifica Ue per il peso della tassazione”. Una condizione che “peggiora le condizioni economiche di famiglie e imprese e rallenta l’uscita dalla crisi”. Da qui la rinnovata richiesta al Governo di un “un taglio drastico” alle imposte, “partendo dalla lotta serrata agli sprechi della Pubblica Amministrazione”.
Dello stesso avviso i sindacati. Per il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti “questo livello di pressione fiscale disincentiva i consumi e deprime la domanda interna e costituisce il vero ostacolo alla crescita”, mentre secondo Giuseppe Carenza, segretario dell’Ugl, “per il governo resta prioritario continuare a dissanguare il ceto medio-basso, colpendo famiglie che erodono i propri risparmi per far fronte alle esigenze primarie”.
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