Beppe Grillo assolve Luigi Di Maio che però per restare alla guida del MoVimento e del governo chiede la legittimazione ai suoi attraverso una consultazione con il sistema Rousseau. Domani sapremo come stanno le cose in casa Cinquestelle anche se i mal di pancia e le manovre anti-Giggino continuano nemmeno tanto larvatamente. Autorevoli esponenti come Di Battista e Fico, fino a questo momento alla finestra, vogliono subito una resa dei conti che metterebbe seriamente a rischio il governo dove il premier Conte, in attesa degli sviluppi, ha pensato bene di consultare i suoi vicepresidenti del Consiglio per sapere cosa intendono fare per l’immediato futuro.
A parole si ostenta un ottimismo di facciata. “Per me si va avanti altri quattro anni”, dice Salvini forte di un successo elettorale senza precedenti nella storia d’Italia. A patto, ha chiarito maliziosamente subito dopo, che gli altri siano d’accordo. Ma sempre agli “altri” il leader della Lega (peraltro pressato non poco perchè faccia il grande salto verso un esecutivo di centro destra) ha fatto sapere che “le priorità” sono state già scritte. Senza aggiungere, perché non ce n’era bisogno, che a sottoscriverle (flat tax, Tav, autonomie, sicurezza-bis) è stato lui che ha preferito non attendere le indicazioni dall’alleato ridotto in stato comatoso dallo quello stesso voto che sugli scudi del trionfo ha messo lui e non Di Maio.
La situazione resta fluida, ma a complicare le cose ora ci sono anche i richiami di Bruxelles, più che mai intenzionata a non mollare sulla questione dei conti da far quadrare in materia di debito pubblico. I toni non sono quelli del passato e la costituzione del nuovo Parlamento e della Commissione che governerà l’Europa nei prossimi cinque anni ha costretto Moskovici e la vecchia dirigenza a tenere la guardia bassa perchè i giochi veri si faranno soltanto in autunno.
Intanto sarebbe interessante capire quanto, maggioranza ed opposizione, vogliono tenere in giusto conto le scelte degli italiani fatte tre giorni fa. Il voto è stato chiaro e non offre molte chiavi di lettura. A parte il crollo del M5s l’operato del governo ha convinto gli elettori ad esprimere un voto di approvazione con una chiara indicazione degli equilibri politici all’interno dell’esecutivo. Il voto ha chiaramente detto che la scelta del fare e del lavoro in favore di una maggiore equità sociale e fiscale, piace.
Cosi come piace l’idea di aggredire e risolvere i problemi che hanno tenuto in ostaggio il Paese negli ultimi sette – otto anni. “Quota cento” e reddito di cittadinanza sono stati una grossa boccata di ossigeno per tantissimi italiani con l’acqua alla gola. Con il centrosinistra al potere (governi Monti, Renzi, Letta e Gentiloni) ed il nefasto imprimatur del presidente della Repubblica Napolitano, in nome del rigore e dell’austerità che hanno fatto crescere solo i profitti finanziari dei potentati europei ed internazionali, al Paese venivano imposti sacrifici, rinunce, lacrime e sangue.
Un prezzo altissimo per il quale si è chiesta ragione proprio attraverso quel voto che oggi, da più parti, ma soprattutto da media e sinistra, si tende a sminuire e delegittimare. In attesa di una impossibile rivincita che magari attraverso una crisi di governo, possa rimettere in corsa coloro che dopo aver rovinato l’Italia non accettano l’idea di un ‘no’ chiaro e netto sottoscritto dagli elettori.
Enzo Cirillo
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