Gli autori della strage di San Bernardino, costata la vita ieri a 14 persone, avevano contatti con i jihadisti. Sul profilo Facebook di Tashfeen Malik, poco prima – o forse durante – la sparatoria nell’Inland Regional Center, era comparso un messaggio in cui la giovane donna prestava un giuramento di fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi, il sedicente califfo dell’ISIS.
Lo rivela la CNN citando fonti vicine alle indagini. L’attacco al centro disabili sarebbe comunque stato solo “ispirato”, e non diretto, dallo Stato islamico.
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire se anche il marito Syed Rizwan Farook, rimasto ucciso con lei alla fine dell’inseguimento da parte delle forze dell’ordine californiane, avesse legami diretti con ambienti jihadisti, o se l’unico tramite fosse la moglie. Quel che si sa finora è che l’anno scorso l’uomo ha passato un mese in Arabia Saudita, dove avrebbe potuto avere l’occasione di entrare in contatto con simpatizzanti dell’ISIS.
“Entrambi sono stati molto abili nel non avere problemi con la giustizia”, spiegano gli inquirenti, “e nessuno di loro è stato mai inserito nella lista delle persone potenzialmente radicalizzate”. In casa della coppia non sono stati trovati documenti che spieghino le loro azioni, il computer è privo del disco rigido, e i due cellulari sono stati distrutti.
Quel che è stato trovato invece è un arsenale: dodici tubi esplosivi, con le istruzioni per realizzarli – tratte da Inspire, la rivista in inglese di al-Qaeda -, circa cinquemila proiettili e altre armi. Tutto questo ha convinto gli inquirenti che l’attacco sia stato pianificato nei minimi dettagli, la prima certezza a loro disposizione.
Per quanto riguarda il movente, i contatti della coppia con ambienti jihadisti, se saranno confermati, fanno decisamente propendere per la pista del terrorismo, che del resto non era mai stata esclusa. L’altra pista principale seguita dagli inquirenti portava a un litigio avvenuto un paio di settimane fa tra Farook e il suo collega di religione ebraica Nicholas Thalasinos, rimasto ucciso nella strage. Una collega scampata al massacro ha riferito agli inquirenti di aver assistito a un’“animata discussione” fra i due uomini su temi religiosi. Ieri il presidente Barack Obama aveva fatto attenzione a menzionare entrambe le possibilità, prima di assicurare che gli inquirenti sarebbero andati “a fondo della vicenda”.
Intanto, lo sceriffo Jarrod Burguan, capo della polizia della contea di San Bernardino, ha diffuso le generalità dei 14 morti e dei 17 feriti più gravi, una volta completata l’identificazione delle salme. Dodici delle vittime erano dipendenti della contea.
Farook era alla festa, “ma si era allontanato prima della fine, probabilmente dopo un litigio”; più tardi è tornato insieme alla moglie e ha aperto il fuoco contro gli altri. I due portavano maschere da sci e giubbotti antiproiettile, erano armati di fucili d’assalto, due pistole semiautomatiche e diversi tubi-bomba, uno dei quali è stato ritrovato inesploso sul luogo della carneficina. Sarebbe stato un banale malfunzionamento di un telecomando, secondo lo sceriffo, a evitare che il bilancio della strage fosse ancora più pesante.
Nemmeno la strage di ieri è bastata a convincere il Congresso USA della necessità di cambiare le leggi sul possesso di armi da fuoco: oggi il Senato di Washington, a maggioranza repubblicana, ha bocciato tre disegni di legge proposti dal presidente Obama.
I tre emendamenti presentati al Senato prevedevano maggiori controlli sulla vendita di armi nelle fiere dell’usato, nei negozi online e alle persone affette da disturbi psichici; Obama aveva anche proposto di vietarne l’acquisto a chi è incluso nella watch list, l’elenco delle persone – sospettate di avere legami con organizzazioni criminali o terroristiche internazionali – alle quali è vietato salire sugli aerei negli scali USA, istituito all’indomani dell’11 settembre.
Caduti nel vuoto gli appelli del presidente a rendere “più difficile l’accesso alle armi da fuoco”, e inutile anche l’attacco del senatore dem Richard Blumenthal, che prima del voto aveva avvertito il Congresso che si sarebbe reso “complice di questi omicidi di massa” se non fosse riuscito a intervenire. La lotta contro la diffusione delle armi è una priorità di Blumenthal dalla strage del 2012 avvenuta nel suo stato, il Connecticut: un ragazzo è entrato armato fino ai denti in una scuola elementare e ha ucciso 20 bambini e sei dipendenti dell’istituto.
Come ha detto il presidente della Camera Paul Ryan, candidato alle primarie del Partito repubblicano per succedere a Obama, “il blocco degli acquisti da parte delle persone presenti nella no fly list non è un’opzione”. Il governo – ha spiegato Ryan – compila la lista anche in base a semplici sospetti, e sarebbe inconcepibile negare un diritto costituzionale – quello di possedere armi – a persone mai condannate, e quindi innocenti fino a prova del contrario. “La gente – chiosa il senatore – ha diritto al giusto processo in questo paese”.
Se sono veritieri i dati diffusi oggi dall’FBI, l’America è del suo stesso avviso: lo scorso 27 novembre – il Black Friday, il venerdì dei saldi prenatalizi – le armi da fuoco vendute hanno raggiunto il numero di 185.345 unità, che non si toccava dal 1998.
Filippo M. Ragusa
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