48. Tanti sono stati gli anni d’attesa dei tifosi del “peixe” ( il pesce, soprannome della squadra brasiliana, del resto Santos è una città portuale, come ebbero modo di appurare gli azzurri che lì sbarcarono, a bordo del “Conte Verde”, per prender parte ai mondiali del 1950, ndr). Tanti sono stati gli anni che Pelè, il grande “o rei”, ha dovuto aspettare perché la sua squadra del cuore gli regalasse dei nipotini all’altezza.
O meglio, considerando inarrivabile lo squadrone dei Gilmar, Zito, Dorval, Mengalvio, Coutinho, la stessa “perla nera” e Pepe, in grado di issarsi lassù, in cima al continente latinoamericano. La sfida di ritorno, al Pacaembu di San Paolo ( troppo ridotta la capienza dell’impianto di Vila Belmiro per una gara di finale e per soddisfare le numerosissime richieste di biglietti), si preannunciava irta di difficoltà per gli uomini in bianco e si prospettava un’autentica battaglia. Così è stato, durante i 90 minuti, ma anche dopo. Nel pieno solco della tradizione sudamericana, infatti, al gioco duro si sono succeduti episodi incresciosi a fine gara. Mega rissa generata da un’invasione di uno spettatore diretto verso i giocatori del Penarol che, per non smentire la fama di calciatori dotati di molta “garra” ( traducibile più o meno con “cazzimma” a Napoli), non si sono fatti pregare e hanno reagito. I colleghi santisti non hanno voluto essere da meno e si è scatenata una rissa gigantesca con Neymar che mostrava al mondo di essere in grado di calciare non soltanto un pallone, Martinuccio che dispensava pugni e metteva k.o. Elano, Valdez e Arouca che si davano temporaneamente al wrestling. Il tutto sotto gli sguardi terrorizzati della terna arbitrale argentina, incapace di prendere una qualsiasi decisione. Ma tant’è. Il calcio in Sud America è anche questo. Ma non solo. E’ anche spettacolo. E quello, al netto del clima di grandissima tensione, non è mancato, a differenza della gara d’andata dove aveva prevalso la paura di compromettere la finale già dopo i primi 90 minuti. Dopo un primo tempo abbastanza avaro di emozioni, la ripresa si è aperta con i fuochi d’artificio. E’ Ganso ( attesissimo il suo rientro dopo un lungo stop per infortunio e grande assente al “Centenario”) ad avviare l’azione che, poi, culmina con una conclusione molto violenta, sul primo palo, dell’altra stella, Neymar, che Sosa ( non esente da colpe, nel frangente) non riesce ad arginare. Avanti nel punteggio e sull’onda dell’entusiasmo, i brasiliani danno costantemente l’impressione di poter dilagare. Al 24’ pervengono al raddoppio con una rasoiata di grandissima precisione dell’onnipresente Danilo, al termine di una irresistibile azione personale. Il Santos, però, ha il torto di non riuscire a chiudere del tutto la gara e il Penarol, attingendo alle sue proverbiali risorse agonistiche, quando sembrava ormai un pugile “groggy”, trova la forza per provarci. E il gol della speranza. A otto minuti dalla fine, una conclusione di Estoyanoff, deviata da Durval ( lo stesso giocatore, già autore di un’autorete in una precedente finale, quando, con la maglia dell’Atletico Paranaense, aveva beffato il proprio portiere, regalando il pareggio al San Paolo nell’andata della doppia sfida del 2005), riapriva la partita. Ma i giallo neri, encomiabili per la grinta e la volontà, non avevano sufficiente qualità per creare altri pericoli e approfittare di un Santos irretito dalla paura e tutto proteso solo a difendere la porta di Rafael. Erano i brasiliani, però, nel finale di gara, a sfiorare la terza marcatura con il solito Neymar, stavolta protagonista assoluto. Si finiva così, 2 a 1 per il “peixe” per la gioia dei 40 mila “torcedores” che affollavano, tutti vestiti di bianco, il “Pacaembu”, e per la felicità irrefrenabile di Pelè che, dopo aver assistito alla partita dagli spalti, scendeva sul terreno di gioco per sollevare anche lui la Taça Libertadores vinta dai suoi “nipotini”, dopo che gli altri eredi designati, Robinho e Diego, avevano fallito il medesimo traguardo nel 2003, battuti dal Boca Juniors. Ora può cominciare l’operazione-mondiale per club, con la grande sfida al Barcellona. Nella speranza che questa bellissima squadra non venga depredata dalle più facoltose società europee.
Daniele Puppo
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