Oggi è già il giorno dopo l’incredibile, increscioso, esecrabile episodio registrato nel pomeriggio di ieri al congresso del Sindacato autonomo di Polizia, il Sap. Mma l’ira funesta che in casa Aldovrandi portò un gravissimo lutto nel 2005 con la perdita per cause non naturali di un figlio di soli 18 anni, non si placa. E vediamo perché.
Il Sap, Sindacato autonomo di polizia, riunito a Rimini per il suo congresso nazionale ospita Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani, condannati in via definitiva per la morte del 18enne Federico Aldrovandi.
A loro la platea destina cinque minuti di ovazione: tanto dura l’applauso che ieri pomeriggio ha accolto tre agenti dei quattro agenti di polizia (mancava Monica Segatto, “che non siamo riusciti a contattare”, ha tenuto a precisare all’assemblea il delegato ferrarese Luca Caprini) accusati della morte del giovane, avvenuta nel 2005 a Ferrara durante un controllo. L’episodio è avvenuto mentre il neo eletto segretario generale del Sap, Gianni Tonelli stava ricordano un’iniziativa sindacale intitolata “#via la menzogna“, lanciata proprio a Ferrara in risposta alla manifestazione nazionale #vialadivisa . La prima, in ordine cronologico, una petizione della famiglia di Federico per chiedere la destituzione dei colpevoli della morte del ragazzo, la seconda finalizzata a difendere e sostenere i poliziotti accusati ingiustamente. Tonelli ha fatto riferimento ai tre colleghi condannati in via definitiva per omicidio colposo e la sala ha reagito nel modo che sappiamo. Sconcertante, non solo per i familiari del giovane morto in strada all’alba del 25 settembre del 2005, sul corpo del quale la perizia medico-legale ha riscontrato ben 54 lesioni:
“Sono allibita, e’ una cosa terrificante. Non se quelle mani che applaudono mi fanno piu’ paura o ribrezzo. Forse entrambe le cose”, ha commentato la mamma di Federico, Patrizia Moretti. “Come fanno i tutori dell’ordine – ha detto all’AGI – ad applaudire questi agenti condannati? E’ una cosa terrificante”.
Non ha tardato la telefonata di solidarietà del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, giunta in serata alla madre di Federico Aldrovandi. Non ha tardato neanche l’intervento del ministro dell’Interno:
“E’ un gesto gravissimo e inaccettabile e ancor piu’ grave e inaccettabile perche’ compiuto da uomini che con la loro divisa rappresentano lo Stato e non possono disconoscere il senso di una sentenza passata in giudicato”, ha detto Angelino Alfano al Gr1, annunciano la revoca dell’appuntamento “che avevo dato al Sap per martedi’ prossimo”.
Puntuale arriva anche la replica del Sap:
“Le cause della morte di Aldrovandi sono ben altre. Non è il fermo di polizia la causa e i colleghi li ho applauditi, sì. Non mi nascondo dietro un dito. Considero i colleghi condannati per errore giudiziario e cerchiamo una revisione del processo”, dice il segretario Gianni Tonelli.
Intanto il capo della Polizia Alessandro Pansa incontrerà oggi pomeriggio la mamma di Federico Aldrovandi. Nell’annunciarlo il ministro Alfano ha anche detto di sperare di poter partecipare all’incontro, compatibilmente con il Consiglio dei ministri del pomeriggio.
Federico Aldrovandi aveva 18 anni compiuti il 17 luglio dell’anno, il 2005, in cui dopo una serata trascorsa in un locale di Bologna fu fermato dalla pattuglia “Alfa 3” con a bordo Enzo Pontani e Luca Pollastri, nei pressi della sua abitazione dove era stato lasciato dai suoi amici.I due poliziotti descrivono il ragazzo, che sembra avesse consumato alcol e droga, come un “invasato violento in evidente stato di agitazione“, sostengono di “essere stati aggrediti dallo stesso a colpi di karate e senza un motivo apparente” e chiedono per questo i rinforzi. Dopo poco tempo arriva in aiuto la volante “Alfa 2”, con a bordo Paolo Forlani e Monica Segatto. Lo scontro tra i quattro poliziotti e il giovane diventa molto violento (durante la colluttazione due manganelli si spezzano) e porta quest’ultimo alla morte, sopraggiunta per “asfissia da posizione”, con il torace schiacciato sull’asfalto dalla pressione esercitata forse dalle ginocchia dei poliziotti. Sono le 6 del mattino quando la prima pattuglia richiede l’intervento del 118. All’arrivo sul posto il personale del 118 trovava il paziente “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena […] era incosciente e non rispondeva”. L’intervento si concluse, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, constatazione sul posto della morte del giovane, per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”. La famiglia del giovane viene avvisata della sua morte solo in tarda mattinata.
Nel marzo 2006 i quattro poliziotti vengono iscritti nel registro degli indagati per omicidio colposo. Nel gennaio 2007 vengono formalmente rinviati a giudizio per aver ecceduto i limiti dell’adempimento di un dovere, per aver procrastinato la violenza anche dopo aver vinto la resistenza del giovane e per aver ritardato l’intervento dell’ambulanza. Contro di loro anche una registrazione della centrale operativa riporta chiaramente: “… l’abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so… È mezzo morto“. Gli agenti raccontarono che i due sfollagente si sarebbero rotti per un calcio di Aldrovandi e per una caduta accidentale di un poliziotto. Sempre secondo la deposizione, l’ambulanza fu chiamata immediatamente, mentre non fu utilizzato il defibrillatore semi-automatico di cui era dotata la volante poiché Aldrovandi non aveva “mai dato segni di sofferenza“.
Le sentenze di condanna di tutti e quattro gli agenti di polizia arrivano nel seguente ordine:
La prima, il 6 luglio 2009, con condanna dei quattro agenti per omicidio colposo a tre anni e sei mesi di reclusione, riconoscendo l’eccesso colposo nell’uso legittimo di armi. I quattro condannati, grazie all’indulto varato nel 2006, non sconteranno la loro pena.
Il 10 giugno 2011 la Corte d’Appello di Bologna conferma la pena sancita in primo grado dal tribunale di Ferrara per la morte di Federico Aldrovandi, accogliendo in questo modo le richieste della PG e respingendo in toto le tesi difensive.
Il 21 giugno 2012 la Corte di Cassazione rende definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per “eccesso colposo in omicidio colposo” ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. I poliziotti però beneficiano dell’indulto, che copre 36 dei 42 mesi di carcerazione previsti dalla condanna. In ogni caso, dopo l’attuazione di quest’ultima, scattano i provvedimenti disciplinari.
Il 29 gennaio 2013 il Tribunale di sorveglianza di Bologna decreta per gli agenti di polizia il carcere per la pena residua di 6 mesi. Il provvedimento del Tribunale giunge dopo la richiesta avanzata dal Procuratore Generale.
Tre dei quattro poliziotti (eccetto Forlani, a causa di una cura per “nevrosi reattiva”) ritornano in servizio nel gennaio 2014, destinati a servizi amministrativi.
Le scuse alla famiglie Aldovrandi sono state presentate dall’allora Capo della Polizia Manganelli, mai dai quattro agenti che sono tornati a svolgere un servizio istituzionale delicato come quello della gestione dell’ordine pubblico.
Dobbiamo continuare a pensare che un’altra polizia è possibile. Dobbiamo continuare a pensare che mai più un cittadino possa subire un controllo di polizia così brutale da esserne ucciso e possa entrare in contatto con apparati così reticenti e omertosi da depistare e insabbiare le indagini. Chiediamo di sapere quale sia stato l’esito del procedimento disciplinare a carico dei quattro poliziotti. Chiediamo che vengano disarmati e messi nelle condizioni di non nuocere più ad alcuno. Chiediamo che sia loro impedito di svolgere funzioni di ordine pubblico e di sicurezza e chiediamo che siano applicati esclusivamente a funzioni amministrative e che svolgano un servizio che non preveda, né ora né mai, alcun contatto con il pubblico.
Il 15 febbraio prossimo a Ferrara si terrà la manifestazione Nazionale #ViaLaDivisacon appuntamento alle ore 14 in via Ippodromo.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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