“Personalmente, non vedo la mia famiglia da un mese e mezzo, mi sono auto-quarantenata, non vado nemmeno a fare la spesa per paura di contagiare qualcuno. Esco solo per andare al lavoro. Pero’ posso dire che tutti questi sacrifici valgono la pena.
Perché assistere alla prima estubazione, poi alla seconda e alla terza e cosi’ via mi da’ speranza. Quindi, c’e’ un “lato positivo” in questa storia: dopo tante morti, c’e’ ancora un barlume di vita che spinge e combatte. Mi riempie il cuore di gioia vedere i “sopravvissuti del coronavirus” uscire dalla terapia intensiva. Mi fa credere che non e’ tutto perduto”.
E’ la testimonianza di una delle tante persone che a costo della propria vita – e, purtroppo, ne abbiamo perse 145 tra medici di base e specialisti e una quarantina tra infermieri e altro personale sanitario – si sono prodigati a volte sino allo stremo delle proprie forze per combattere insieme ai pazienti la battaglia contro il Covid-19.
Li abbiamo visti tutti, in televisione o su internet: medici anestesisti-rianimatori e infermieri di area critica alle prese con emergenze continue e turni da molte ore vissuti dentro le tute antivirus, con il volto segnato dalle maschere e dalle visiere. Li abbiamo visti stringere la mano di chi stava soffrendo, mentre gestivano come sempre le apparecchiature complesse e salvavita che fino a ieri erano sconosciute ai piu’. Ancora oggi stanno governando quelle “cure intensive” che sono effettivamente il piu’ avanzato baluardo della lotta contro il Covid-19. Tutto questo, accettando di assumere un carico immenso di drammaticita’, ansia e dolore che non sempre e’ stato colto fino in fondo.
“Vorrei prendere a schiaffi chi ha detto che andrà tutto bene. Persone morte da sole, senza tirare il fiato, a centinaia. Parenti a casa, soli, senza avere contatti, notizie. Noi al lavoro… terrorizzati. Malati che sembrano andare bene e dopo due ore si inchiodano e in 24 ore muoiono, senza che tu sia riuscito a fare niente. Terapie date a caso, dubbi su tutto.
Anche su come ti chiami. Andra’ tutto bene cosa?”. Con il Progetto ‘Scriviamo la storia’, un’iniziativa di comunicazione e condivisione professionale avviata dalla Societa’ Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI), decine di testimonianze di esperienze di prima linea sono oggi disponibili sul sito web https://vissuto.intensiva.it/, rappresentando una occasione di “medicina narrativa” volta al benessere degli operatori che avvertono la necessita’ di una condivisione professionale delle esperienze vissute in un momento cosi’ eccezionale. “Crediamo nel potere curativo delle parole”, dice la presentazione del progetto, “crediamo nella condivisione dei pensieri e delle emozioni. Crediamo che ‘liberandosene’ si possa stare un po’ meglio”.
Questo blog pubblico fa parte del preesistente Progetto Intensiva 2.0, volto a migliorare la comunicazione con i familiari dei pazienti critici, nella convinzione che “la Terapia Intensiva e’ un tutt’uno: non si puo’ curare bene i pazienti se non ci si prende cura anche dei familiari e degli operatori sanitari”. Durante la pandemia da Covid-19, i responsabili del Progetto hanno creato una pagina dove raccontare liberamente il vissuto degli operatori. Questo invito e’ stato raccolto da piu’ di 100 medici e infermieri in un mese, con contributi provenienti da tutte le Regioni coinvolte nella lotta contro la pandemia.
“Oggi abbiamo vinto noi, nelle nostre tute 4 taglie piu’ grandi, senza identita’ per i nostri pazienti, sudati, con il triplo guanto, la mascherina, la doppia cuffia e la visiera, e una sete allucinante. Oggi ha vinto questa Signora, e a vederla forse non lo ha ancora realizzato. Oggi abbiamo vinto noi che in questo inferno ci facciamo forza, medici e infermieri che si affidano l’uno all’altro per finalmente gioire insieme di questi momenti. Oggi abbiamo dimesso dalla nostra Terapia Intensiva la prima paziente. Oggi la commozione era piu’ grande delle lacrime versate sentendo i bollettini quotidiani, dei turni no, della paura di non farcela e di non vedere la fine. E allora mi spiego l’adrenalina e la carica di questi 23 giorni. Tutto questo per arrivare oggi qui. Tutto questo per non smettere. Qui si lotta!”.
“Abbiamo avviato questa raccolta (e offerta) di testimonianze- sottolinea Giovanni Mistraletti, ricercatore di anestesia-rianimazione dell’Universita’ Statale di Milano e coordinatore del Progetto Intensiva 2.0- perche’ desideriamo essere vicini, sentire che non siamo soli, ma attorniati da colleghi che ci comprendono, ci consolano e ci sostengono.
Questo, spesso, e’ di grande sollievo. Inoltre, crediamo sia giusto condividere fra di noi e anche pubblicamente il nostro punto di vista, perche’ ci siamo trovati di fronte ad un dramma impensabile solo qualche settimana prima. Abbiamo dovuto affrontare problemi molto complessi, ed era impossibile prevedere di doversi preparare ad un quadro sociosanitario di questa portata. Talvolta abbiamo ricevuto critiche incredibili, fomentate da notizie gonfiate o da giornalisti che cercavano scandali piu’ che raccontare la verita’. Condividere il proprio vissuto puo’ essere davvero liberante, e puo’ innescare un circolo virtuoso di buone idee che ci possono permettere di vivere meglio il nostro lavoro”.
“Questa raccolta si sta trasformando in un eccezionale archivio professionale- commenta Flavia Petrini, presidente SIAARTI- perche’ ci permettera’ di elaborare, mantenendone la memoria, l’esperienza storica che abbiamo vissuto, per superare lo stress dei momenti piu’ drammatici dell’epidemia, attraverso la condivisione delle criticita’, le speranze e le attese, con la certezza che comunicando si possano superare gli aspetti piu’ critici, per migliorare insieme”. E, a conferma delle parole della presidente, nella raccolta di interventi di Scriviamo la Storia, emergono confessioni drammatiche, ma ricche di prospettiva e reale umanita’: “Passato tutto questo, non ricordero’ i turni massacranti o le notti insonni o la ginnastica coronarica quando sai di non poter intubare un paziente che avresti rianimato in qualsiasi altra situazione. Ricordero’ solo gli occhi: gli occhi dei colleghi, degli infermieri, dei pazienti. Che ti guardano cercando le stesse conferme che cerchi tu nei loro. Solo quelli, terribilmente bellissimi”.
Il blog del Progetto ‘Scriviamo la Storia’ e’ sempre accessibile, continua a raccogliere esperienze ed è supportato direttamente dalla start-up Gioielleria italiana, un soggetto imprenditoriale che ha promosso la produzione del bracciale Italy stay strong: tutti i proventi della vendita del gioiello saranno devoluti a SIAARTI per proseguire in questa importante iniziativa.
(Redazione DIRE)
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