Era un weekend di grandi speranze per lo sport italiano, quello che si è appenaconcluso. Da una parte del mondo ( a Belgrado, nel quadro di una manifestazione, gliEuropei femminili di pallavolo, organizzati in coabitazione da Italia e Serbia) e datutt’altra ( in Nuova Zelanda, sede dei Mondiali di rugby) ci si giocava molto, sia inottica di riconferme a livelli di assoluta eccellenza, sia a livello di ascesa ai “pianialti”. Il primo caso è quello della squadra azzurra del volley femminile, incontrastatadominatrice della scena continentale nell’ultimo lustro ( oro nel 2007 e nel 2009,senza dimenticare l’argento del 2005, ndr), e presentatasi a questa rassegna con ilruolo non semplice da sopportare della favorita, ma al cui peso le nostre ragazzedovrebbero essere, ormai, avvezze. Buono il cammino del sestetto, guidatodall’esperto tecnico modenese, Massimo Barbolini, fino alla semifinale. Lasemifinale, già. L’eterna sfida tra Italia e Germania che si consumava, però, in unPalazzetto dello Sport, la “Hala Pionir” di Belgrado, con le due rappresentative diragazze. Le nostre erano le favorite, pronte a giocarsi, poi, la presumibile finale in uncatino arroventato di passione, contro le padrone di casa, sospinte dal tifo dinovemila sfegatati.
Questo scenario da brividi, però, non si è maiconcretizzato. “Colpa” delle azzurre, letteralmente schiantate per 3-0 ( con parziali di25-22; 25-22; 25-17) dalle tedesche, miglioratissime sotto la guida di un altro Ctitaliano, modenese anche lui, Giovanni Guidetti. Nello sport è sempre difficile capiredove finiscono i meriti di chi vince e dove iniziano i demeriti di chi perde e non c’èdubbio alcuno che le tedesche abbiano disputato una semifinale ( ma tutto il torneo,per la verità) di livello eccelso, ma i rimpianti permangono. Le nostre ragazze, infatti,si sono espresse su uno standard di rendimento assai inferiore a quanto nelle propriepossibilità e a quanto messo in mostra nel percorso (una sola sconfitta, ininfluente,patita nel tie-break dell’ultima gara del girone contro la Turchia, con qualificazione eprimato già nel cassetto, ndr) che le aveva condotte sin lì. Rimaneva pur semprel’opportunità di lottare per la medaglia di bronzo, ma un altro tie-break perso controle giovani, ma promettentissime ( quest’estate hanno vinto a livello giovanile),turche, ci ha relegato ad un amarissimo quarto posto. Con ripercussioni che possonoandare ben oltre la vicenda di questo torneo. Ad essere in dubbio è ora addirittura laqualificazione olimpica. Infatti, la prima chiamata per il torneo a cinque cerchi èsfumata. La seconda potrebbe arrivare grazie alla Coppa del Mondo, da disputarsi,come di consueto, in Giappone. Ma, anche solo per potervi prender parte, ci vorràuna “wild card” ( un invito) che, al momento, nessuno può pronosticare. Nel caso incui non si potesse affrontare la trasferta nipponica, resterebbe un’ultima chance, ilgirone continentale di qualificazione. Ma sarebbe un’ipotesi da scongiurare: troppe leincognite ( quante ragazze verranno confermate? E sempre sotto la guida diBarbolini?) e molto agguerrita la concorrenza ( ci sarebbero, infatti, Russia, Polonia evia discorrendo, ossia le “grandi deluse” di quest’Europeo, ma pur sempre grandi ).Al momento, resta il rimpianto per ciò che poteva essere e che non è stato. Eloquente,
al proposito, quanto dichiarato dallo stesso Barbolini: “E’ facile per un allenatoreparlare della componente emozionale, ma credo che non sia neppure corretto.Evidentemente, non sono riuscito a trasmettere alcuni concetti. Errori da parte mia?In passato ne ho commessi e l’ho sempre ammesso, stavolta voglio analizzare le cosecon calma e riflettere. Probabilmente, qualcosa avrò sbagliato anche in questaoccasione anche se, adesso, a caldo, mi verrebbe da dire che molte cose le rifareialla stessa maniera.” Non è facile, in circostanze del genere, individuare preciseresponsabilità. Quel che è certo è che spesso a pagare per tutti è proprio il tecnico.Questo spiega il susseguirsi di voci che vorrebbero proprio il Ct delle tedesche,Guidetti, come prossimo allenatore delle ragazze. Ma è tutto ancora estremamenteprematuro. L’unica certezza è che il tempo stringe e, quale che sia la decisione sul dafarsi, andrà presa in fretta. La Germania di Guidetti, intanto, ha perso la finale perl’oro, giunta anch’essa al tie-break contro le padrone di casa serbe che hannorimontato da due set a uno sotto e 0-6 nel quarto set, mettendo in mostra ragazzegiovanissime e già molto forti, soprattutto a muro, e con alcune individualità dispicco, come la Malagurski e la Brakocevic ( votata miglior giocatrice dellamanifestazione). La Serbia riesce, così, nell’impresa, centrata in passato solodall’URSS ( nove volte) e dalla Cecoslovacchia ( nel lontano 1955) di fare bottinopieno, tra Europeo maschile e femminile, bissando l’oro di Miljkovic e compagni didue settimane fa a Vienna.
Alla categoria “grande speranza, ma non facciamoci troppe illusioni” apparteneva,invece, la partita che attendeva l’Italrugby contro i favoriti “Verdi” d’Irlanda. In ballouna (per noi) storica qualificazione ai quarti di finale del Mondiale. Anche stavoltaniente da fare. Un pesante 36-6 ci rimanda a casa. Il punteggio ( ma non anche ilgioco, la supremazia irlandese non è mai stata in discussione) è rimasto in bilico solonella prima frazione, chiusa con l’Irlanda avanti per 9-6. Poi, il crollo, neanchetroppo inaspettato, come spesso avviene quando una squadra più debole dà fondo atutte le proprie energie psicofisiche per sostenere il maggior ritmo degli avversari. Losi era già constatato con l’Australia, lo si vede sovente anche quando, nel “Seinazioni”, ci si confronta con formazioni di levatura ben superiore a Russia o StatiUniti. Come nel 2003 e come nel 2007, il “mondo ovale che conta” ci respinge allesoglie del paradiso, dunque. Ma, stavolta, l’impressione è che non si siano registratiparticolari progressi. L’Italia sconta l’incapacità cronica di proporre azioni veloci,alla mano e quelle poche che si producono non vengono capitalizzate. E poi, le soliteamnesie del pacchetto arretrato, dovute più che ad errori individuali, a cali ditensione che, quando si chiede ad un motore di produrre per un tempo prolungato unaprestazione superiore alla propria cilindrata, sono all’ordine del giorno ( inutilegettare la croce addosso al giovane Bocchino, così come sarebbe riduttivorecriminare sull’uscita anzitempo, al 33’ del primo tempo, di Castrogiovanni).L’Irlanda ci lavora ai fianchi per i primi 40 minuti, ci finisce nella ripresa, sotto ilfardello di ben tre mete, frutto e di bravura individuale di O’Driscoll e soci ( moltobravo Earls, autore di due mete) e di mancati placcaggi dei nostri. Del resto, comemagra consolazione, si può sempre ricordare che solo nel 2009 i “Verdi” avevano
vinto il “Sei nazioni” con il Grande Slam e che Leinster e Munster hanno vinto bentre delle ultime quattro edizioni di Heineken Cup ( La Champions League del rugby).Resta, però, il dato, sconfortante, che un passivo del genere, contro gli irlandesi, nonlo subivamo dal 2003. A poco serve restare ancorati alla splendida affermazione diquest’anno contro la Francia. Il movimento sta attraversando una preoccupante fasedi stallo. E, carta d’identità alla mano, il XV azzurro dovrà rinnovarsi un bel po’ ericambi all’altezza non se ne vedono molti, al momento. Dispiace parecchio per tuttiquei ragazzi ( come Lo Cicero, tanto per capirci) che non avranno ulteriori occasioniiridate, ma dispiace anche per quell’autentico gentiluomo che è il Ct, Nick Mallett,che ha consumato il suo passo d’addio con la nazionale italiana ( lo sostituirà ilfrancese Jacques Brunel) in questo modo. Il suo lavoro, veramente notevole, avrebbemeritato ben altra chiusura. Ora, per il titolo di Campione del Mondo, restano incorsa le otto nazionali, indubbiamente più forti, ripartite in accoppiamenti che ciregaleranno un’unica certezza: la finale sarà, come avviene dal 1999, tra unarappresentante dell’emisfero Nord e una di quello Sud. La solita, eterna, ma sempresuggestiva sfida tra filosofie di gioco molto diverse. Vinca il migliore. I neozelandesierano ( e sono tutt’ora) convinti di esserlo, ma dovranno metabolizzare in frettail “trauma” dell’infortunio della stella, Dan Carter, attualmente il miglior giocatoredel pianeta, che chiude già ora il suo Mondiale. Si riparte sabato con Irlanda-Galles eInghilterra-Francia, mentre domenica sarà la volta di Sudafrica-Australia e NuovaZelanda-Argentina.Daniele Puppo
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