Sarebbero 330 i migranti morti negli ultimi giorni nel Canale di Sicilia. Secondo le testimonianze dei superstiti, a partire dalle spiagge libiche sarebbero stati quattro gommoni, tre dei quali affondati per il maltempo e il mare grosso. Uno solo dei natanti è riuscito ad avvicinarsi alle coste italiane, dove è stato intercettato dalle motovedette.
Nella giornata di martedì, la Guardia costiera aveva prestato soccorso a un gommone in avaria a circa 110 miglia da Lampedusa. 76 dei 105 occupanti sono stati tratti in salvo, ma gli altri 29 sono morti per ipotermia. Dopo le procedure d’identificazione, rese difficili dal fatto che una sola delle vittime aveva con sé i documenti, le salme sono destinate ad essere sepolte nei cimiteri di quattordici comuni dell’Agrigentino.
Nel frattempo, il personale che assiste gli immigrati a Lampedusa ha scoperto le vere dimensioni della tragedia dai racconti dei sopravvissuti. Flavio Di Giacomo, portavoce in Italia dell’OIM, ha fatto il punto della situazione all’agenzia ANSA: la spedizione dei disperati era composta da quattro gommoni, ognuno con circa 105 persone a bordo, per un totale stimato intorno ai 420. Ai 76 superstiti soccorsi martedì se ne devono aggiungere appena altri nove, salvati all’alba da un mercantile dopo aver passato la notte sui relitti di altre due imbarcazioni, mentre la quarta risulta dispersa. Ma i nove, tutti maliani fra i venti e i trent’anni, hanno riferito di averla vista affondare senza superstiti. Le vittime accertate per ora sono 232, ma se i profughi hanno raccontato la verità il numero dovrà salire a circa 330.
“I migranti sono tutti giovani uomini, l’età media è di circa 25 anni, provenienti da paesi subsahariani, in particolare Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Niger” ha riferito Di Giacomo. “Per alcuni di loro la Libia era un paese di transito, mentre altri vi lavoravano da tempo, infatti parlano anche un po’ di arabo. Hanno raccontato di essere stati costretti a salire sui gommoni con la forza, minacciati da bastoni e pistole, e derubati dei loro averi da parte dei trafficanti”.
E ancora: “Questa tragedia conferma ancora una volta come i trafficanti trattino i migranti, soprattutto i subsahariani, come un carico umano senza valore. Hanno fatto partire oltre 420 persone con condizioni di mare assolutamente proibitive – il mare era forza 7 e c’erano onde alte 8 metri – di fatto mandando la gente a morire”. Stando alle testimonianze dei superstiti, raccolte dall’agenzia Adnkronos, i trafficanti li tenevano rinchiusi in un magazzino a Tripoli in attesa di partire. Sabato, senza preavviso, li avrebbero costretti sotto la minaccia delle armi a spostarsi sulla spiaggia da dove hanno preso il largo.
A posteriori, le parole del sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, che aveva ricordato le 366 vittime del naufragio del 2013, suonano come una cupa profezia. Oggi il sindaco ha rivolto un nuovo appello perché Lampedusa non “diventi ancora il cimitero del Mediterraneo”. Ma questa tragedia si sarebbe potuta evitare, hanno sostenuto in tanti.
L’obiettivo dei critici è puntato su Triton, l’iniziativa UE che dal 1’ novembre 2014 ha sostituito l’operazione Mare Nostrum nel controllo dei flussi migratori. A differenza di Mare Nostrum, gestita dalla Marina Militare Italiana e finanziata dallo Stato, Triton è gestita da Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, e non ha né l’autorizzazione né le dotazioni per compiere operazioni di ricerca e salvataggio in mare aperto, ma si limita a pattugliare le acque territoriali italiane.
Papa Francesco ha espresso preoccupazione per le notizie giunte da Lampedusa. “Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime”, ha detto il Santo Padre, “e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso”.
Dalla galassia delle ONG arriva il duro commento di Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia: “L’inerzia del Governo Italiano e dei membri dell’Unione Europea è inaccettabile”. Neri prosegue auspicando un ripristino di Mare Nostrum o un sistema analogo “che abbia il mandato, la capacità e i mezzi necessari per evitare che altre tragedie si ripetano”.
Altre aspre critiche vengono dalle organizzazioni internazionali. Accusa Laurens Jolles, delegato per il sud Europa dell’UNHCR, l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati: “l’operazione Triton non ha come suo mandato principale il salvataggio di vite umane, e quindi non può essere la risposta di cui c’è urgente bisogno”.
Posizioni simili sono state espresse anche da Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa (l’organizzazione europea, ma indipendente dalla UE, che ha per scopo la promozione della democrazia, dei diritti umani e dello sviluppo economico e sociale): questa tragedia “poteva essere evitata”. “L’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace”, un nuovo Mare Nostrum, che il Commissario nomina esplicitamente. “Spero che l’Europa cambi approccio”, prosegue, “dando maggiore peso ai diritti umani, e non solo alla sicurezza”.
Filippo M. Ragusa
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