Tra i due arrestati ieri dalla Polizia canadese per la sparatoria nella moschea di Quebec City c’è lo studente Alexandre Bissonette di origini franco canadesi. Sul ragazzo, 27 anni, pendono ben sei capi d’accusa per omicidio di primo grado, e cinque capi d’accusa per tentato omicidio.
L’attacco al Centro di culto canadese, definito dal primo ministro canadese Justin Trudeau “una violenza insensata” ha portato all’uccisione di sei persone, tra cui l’imam. Un attentato, perché di questo sembra essersi trattato, che appare ancora più insensato se si dà credito a quanto raccontato dai testimoni oculari alla tv canadese Cbc. Alcuni sopravvissuti alla strage hanno affermato infatti di aver sentito dire da uno dei killer, “con un forte accento del Quebec” la frase “Allah Akbar’, ovvero “Dio è grande”. Questo nuovo tassello getta una luce ambigua sull’intera vicenda, dal momento che se così fosse, sarebbe più difficile motivare la strage come ultimo atto di una catena di episodi di odio contro i musulmani.
D’altra parte, visto l’obiettivo dell’attentato, appare improbabile che lo studente avesse qualche legame o simpatizzasse con l’Isis. “Ad Alex piacevano Trump, Marine Le Pen e le forze di difesa israeliane su Fb, rendendo improbabili i legami con la Jihad”: lo ha twittato l’analista israeliana Rita Katz, direttrice di Site Intelligence Group, società Usa che si occupa di pubblicare tutte le attività online delle organizzazioni jihadiste.
P.M.
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