La bilancia commerciale europea dei beni si conferma in attivo anche in ottobre. Come risulta dai dati Eurostat, il surplus è stato pari a 17,2 miliardi nell’Eurozona (9,6 nell’ottobre 2012, 10,9 in settembre 2013) e a 4,3 miliardi nell’ Ue a 28 Paesi. Sono aumentate le esportazioni dello 0,2 per cento e le importazioni sono scese dell’1,2 per cento. A ottobre il surplus commerciale dell’area euro è aumentato a quota 17,2 miliardi di euro, rispetto ai 10,9 miliardi del mese precedente e ai 9,6 miliardi dell’ottobre 2012. A ottobre, secondi i dati Eurostat, l’export dell’area euro è aumentato dello 0,2% sul mese precedente, mentre le importazioni sono diminuite dell’ 1,2%.
Per la Ue a 28 l’ avanzo commerciale è di 4,3 miliardi, contro un deficit di 10,2 miliardi nell’ottobre 2012. Fra gli Stati membri il surplus più consistente è stato registrato in Germania, con un avanzo di 148,3 miliardi da gennaio a settembre, seguita dall’ Olanda (40,5 mld), Irlanda (28,5 mld) e Italia (19,6 mld). I deficit maggiori sono stati segnati da Francia (-57,5 mld), Regno Unito (-55,1 mld) e Grecia (-14,5 mld).
Bene per l’Europa, male anzi peggio per il nostro Paese. Confermando quanto sostiene Eurostat, l’Istituto nazionale di statistica (Istat) certifica che lo scorso anno il 29,9 per cento delle persone residenti in Italia è risultato a rischio povertà o esclusione sociale, secondo la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020. L’indicatore deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2011), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro. L’indicatore adottato da Europa 2020 viene definito dalla quota di popolazione che sperimenta almeno una delle suddette condizioni. E’ soprattutto la “severa deprivazione materiale”, cioè l’indigenza e l’impossibilità di affrontare spese quali il riscaldamento della casa, le vacanze, l’apporto di un numero sufficiente di proteine alla propria dieta, a preoccupare: significa che la qualità della vita nel Belpaese è pericolosamente decaduta, mentre finora teneva nonostante l’iniqua distribuzione del reddito.
Nel 2012 il 19,4% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà (calcolato sul reddito 2011), il 14,5% si trova in condizioni di severa deprivazione materiale e il 10,3% vive in famiglie caratterizzate da una bassa intensità di lavoro (famiglie con componenti di 18-59 anni di età che hanno lavorato meno di un quinto del tempo). L’ indicatore sintetico del rischio di povertà o esclusione sociale, che include tutti coloro che si trovano in almeno una delle suddette condizioni, è pari al 29,9%.
È quanto emerge dall’ indagine “Reddito e condizioni di vita” (Eu Silc), condotta dall’ Istat alla fine del 2012 su 19.579 famiglie (47.365 individui). Rispetto al 2011, l’ indicatore sintetico mostra un aumento di 1,7 punti percentuali, a seguito della crescita osservata nella severa deprivazione materiale (dall’ 11,2% al 14,5%); stabili sia il rischio di povertà (al 19,4%), sia la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (10,3%). I valori più elevati di rischio di povertà o esclusione sociale si registrano tra i residenti nel Mezzogiorno (si arriva al 48,0%), tra i componenti delle famiglie numerose (39,5%), delle famiglie monoreddito (48,3%) e di quelle con tre o più figli (39,8%), soprattutto se minori (48,3%).
Nel contesto europeo, l’ Italia mostra un valore dell’ indice sintetico di circa cinque punti percentuali superiore alla media (24,8%), inferiore solo a quelli di Bulgaria (49,3%), Romania (41,7%), Lettonia (36,6%), Grecia (34,6%), Lituania (32,5%), Ungheria (32,4%) e Croazia (32,3%) .La posizione italiana è dovuta soprattutto all’ elevato valore dell’ indicatore di severa deprivazione materiale (di 4,6 punti percentuali superiore a quello medio europeo, pari al 9,9%); il rischio di povertà si mantiene inferiore anche a quello osservato in Spagna (22,2%), seppur superiore alla media europea (16,9%), mentre la bassa intensità lavorativa è uguale alla media europea (10,3%). Nel 2012, l’ indicatore di severa deprivazione continua a crescere, passando dal 6,9% del 2010 all’ 11,2% del 2011, fino a raggiungere il 14,5%.
Aumenta la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste pari a 800 euro (dal 38,6% del 2011 al 42,5% del 2012), di non potersi permettere una settimana di ferie all’ anno lontano da casa (dal 46,7% al 50,8%), un pasto adeguato (cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano) ogni due giorni, se lo volessero (dal 12,4% al 16,8%), e che riferiscono di non poter riscaldare adeguatamente l’ abitazione (dal 18,0% al 21,2%). Sostanzialmente stabili risultano, ancora una volta, gli indicatori relativi agli arretrati per il mutuo, l’ affitto, le bollette o altri debiti (dal 14,1% al 13,6). Nel 2012 solamente il 32,7% delle persone severamente deprivate non si è trovata in questa stessa condizione anche nell’anno precedente (contro il 53,6% osservato nel 2011); questa situazione riguarda però quote maggiori di individui che, nell’anno precedente, disponevano di redditi mediamente più elevati: il 12,4% di quanti cadono in condizione di severa deprivazione materiale si collocava nei quinti di reddito più ricchi (quarto e quinto), contro il 10,9% osservato nell’anno precedente.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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