Supera i confini dell’Italia la polemica sulle statue coperte in occasione della visita a Roma del presidente iraniano Hassan Rouhani. Oggi, mentre le notizie sbarcano sulle maggiori testate mondiali, a casa nostra continua il caso politico e l’opinione pubblica ha intrapreso la caccia ai responsabili.
I fatti: qualcuno ha deciso di coprire con pannelli bianchi le statue dei Musei Capitolini che rappresentano figure nude. Rouhani, infatti, ha approfittato dell’incontro in Campidoglio con il premier Matteo Renzi per visitare lo storico museo romano.
Chi ha cercato di spiegare il gesto ha pensato che l’Italia non volesse offendere l’ospite. “Roma copre le statue di nudi per evitare al presidente iraniano di arrossire”, come ha scritto il Guardian in Inghilterra. “L’Italia ha anche scelto di non servire vino nei pranzi ufficiali”, ricorda la BBC: “Un gesto che la Francia, dove Rouhani andrà poi, si è rifiutata di compiere”.
Rouhani, nell’ultima conferenza stampa prima di ripartire – la stessa in cui ha detto di sperare in una “primavera” delle relazioni fra l’Iran e l’Occidente, dopo “l’inverno” delle sanzioni – ha cercato di minimizzare, ma si sarebbero tutti stupiti del contrario, definendo l’accaduto “una questione giornalistica”.
Non ci sono stati contatti a questo proposito. Posso dire solo che gli italiani sono molto ospitali, cercando di fare di tutto per mettere a proprio agio gli ospiti, e li ringrazio per questo.
Ma era troppo tardi per disinnescare la polemica: commentatori ed esponenti politici tuonavano già da un giorno intero. Particolarmente attivi gli esponenti della Lega nord. Mentre Barbara Saltamartini parla di “atto di sottomissione a una cultura che non ci appartiene”, il segretario Matteo Salvini, con un occhio al calendario, preferisce accusare il presidente iraniano di voler “cancellare Israele dalla faccia della terra”, un’intenzione che in realtà appartiene piuttosto al suo predecessore Mahmud Ahmadinejad, mentre le politiche del riformista Rouhani nei confronti degli ebrei iraniani sono state addirittura lodate da giornali israeliani.
Denuncia l’“indecente sudditanza culturale di Renzi” anche Giorgia Meloni. Ma la decisione non ha incontrato il favore neanche della sinistra. SEL ha pubblicato su Change.org una petizione per avere “spiegazioni immediate ed ufficiali su una scelta che consideriamo una vergogna e una mortificazione per l’arte e la cultura intese come concetti universali”, soprattutto alla luce delle dichiarazioni dei giorni scorsi di Rouhani, che ha parlato della cultura, oltre che della creazione di posti di lavoro, come arma utile per strappare manodopera alle organizzazioni terroristiche.
Stamattina, dopo la visita del presidente iraniano al Colosseo, l’ultima stoccata è arrivata dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, che ha definito la decisione “incomprensibile” e presa all’insaputa sua e di Renzi.
Penso che ci sarebbero stati facilmente altri modi per non andare contro alla sensibilità di un ospite straniero così importante senza questa incomprensibile scelta di coprire le statue.
Intanto Il Messaggero ha scritto dell’“irritazione” del premier di fronte alla notizia, che considera “un eccesso di zelo”.
Ma allora, se non c’entrava niente nemmeno il governo, chi ha deciso di coprire quelle statue?
Per cominciare, un articolo uscito oggi su Repubblica ricorda che dell’accoglienza degli ospiti del governo si occupa l’Ufficio per il cerimoniale di Stato e per le onorificenze: un organismo che sulla carta dipende dalla presidenza del Consiglio, ma di fatto opera in autonomia, tranne quando riceve precise indicazioni dall’alto. Ad esempio tre mesi fa, durante la visita a Firenze di Mohammed bin Zayed al-Nahyan, principe ereditario degli Emirati arabi uniti, fu proprio l’ufficio del Cerimoniale a decidere di coprire con pannelli analoghi – a eccezione dei gigli dello stemma cittadino stampati sul paravento – un nudo di Jeff Koons. E come hanno ricordato oggi esponenti dei Radicali, a giugno 2015, per la visita a Torino di papa Francesco, lo stesso Ufficio aveva deciso di coprire i manifesti della mostra di Tamara de Lempicka, e nessuno aveva gridato allo scandalo.
Resta ancora da chiarire se quelle indicazioni dall’alto siano arrivate, ed eventualmente da chi. È possibile che l’ambasciata iraniana abbia fatto pressioni. Il prossimo 26 febbraio in Iran si terranno le elezioni parlamentari, per non parlare delle presidenziali in programma fra poco più di un anno, e il progressista Rouhani deve fare estrema attenzione a non inimicarsi il consiglio dei Guardiani della rivoluzione – dodici saggi, sei nominati dal Majlis (il Parlamento), sei dalla Guida suprema Ali Khamenei – che ha il potere di bloccare tutte le candidature. Farsi fotografare insieme a statue nude, a prescindere dal loro valore artistico, potrebbe dare scandalo nei settori più conservatori della società iraniana, e screditare i suoi sostenitori, se non addirittura la sua candidatura per la rielezione.
Filippo M. Ragusa
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