Continuano le indagini su Anis Amri, ritenuto il responsabile della strage di Berlino dello scorso 19 dicembre, morto tre giorni dopo in Italia durante una sparatoria con la polizia.
Gli investigatori della Digos lavorano senza sosta dal 23 dicembre – sono rimasti all’opera anche il giorno di Natale – per ricostruire gli spostamenti di Amri e risalire ai suoi contatti. Bisogna capire prima di tutto perché Amri fosse a Sesto San Giovanni, il centro dell’hinterland milanese dov’è finita la sua fuga. Non è chiaro se avesse amici o complici proprio lì o se stesse cercando di raggiungere qualche altra località, in Italia o all’estero.
Sicuramente Amri era in contatto con un gruppo di tre aspiranti terroristi arrestati ieri dalla polizia tunisina. Di età compresa fra i 18 e i 27 anni, erano attivi tra il governatorato di Ben Arous – all’estrema periferia sud di Tunisi – e Oueslatia, nel governatorato di Kairouan, il paese dove è nato l’attentatore di Berlino. Si tenevano in contatto con Telegram, un servizio di messaggistica istantanea per pc e smartphone che offre sofisticati strumenti di crittografia. Uno dei tre arrestati è il nipote di Amri.
Amri era alla stazione Centrale di Milano intorno all’una della notte fra il 22 e il 23 dicembre. Lo prova il video di una telecamera di sicurezza: la Questura di Milano ne ha pubblicato alcuni fotogrammi registrati per la precisione alle 00.58. Zaino in spalla e giacca scura, Amri si dirige verso l’uscita dalla stazione, per prendere il pullman che lo porterà a Sesto, probabilmente uno dei bus sostitutivi che collegano di notte le stazioni della metropolitana. È appena sceso da un treno che ha preso a Torino, dopo aver passato circa tre ore in città. Mistero fitto su cosa abbia fatto in quelle tre ore: secondo gli inquirenti non ha avuto contatti con nessuno. In Italia è arrivato con un biglietto internazionale comprato a Lione, nella stazione di Part-Dieu: ha cambiato treno una prima volta a Chambéry, in Savoia, e poi in Piemonte, forse più di una volta. Il tutto senza documenti, senza telefonino, ma sempre con una pistola calibro 22 a portata di mano.
Una delle ipotesi è che Amri avesse conoscenti a Sesto, dove abitano numerosi cittadini dei paesi del Maghreb. Conoscenti non necessariamente legati alle reti del terrorismo internazionale. Oppure si potrebbe essere diretto lì per reperire documenti falsi: diverse indagini svolte negli anni scorsi hanno provato la presenza, in quella zona, di vere e proprie centrali dei falsari. Amri potrebbe averne sentito parlare durante i quattro anni passati in carcere e nei CIE in Sicilia. E in fatto di documenti falsi aveva accumulato una certa esperienza, se è vero che nei poco meno di due anni dopo la scarcerazione, per sfuggire alle forze dell’ordine, ha usato almeno una decina di nomi di fantasia.
Un’altra ipotesi – che non contraddice le precedenti – è che Amri volesse approfittare del fatto che da Sesto partono diversi pullman diretti oltreconfine, soprattutto nei paesi dell’Europa dell’est, per allontanarsi dall’occhio del ciclone, o magari per avvicinarsi ai territori ancora controllati dall’ISIS.
A disposizione degli investigatori italiani, oltre a un corposo dossier fornito dai colleghi tedeschi, ci sono anche i reperti ritrovati sul suo corpo dopo la sparatoria, tra cui la pistola e una scheda telefonica che – secondo quanto rivelano fonti vicine alle indagini – non ha mai fatto in tempo a usare. A coordinare le indagini sono il procuratore aggiunto Alberto Nobili, capo del Dipartimento Antiterrorismo della Procura di Milano, e i pm Paola Pirotta e Piero Basilone.
Intanto a Berlino alcuni esponenti politici hanno detto di voler conferire un’onorificenza a Luca Scatà e Cristian Movio, i due poliziotti coinvolti nella sparatoria di Sesto San Giovanni con Amri, che avevano fermato per un controllo di routine. “I due poliziotti italiani meritano un’onorificenza per la loro azione decisiva”, ha detto alla Bild Hans-Peter Uhl della CDU, il partito della cancelliera federale Angela Merkel. Escluso invece che possano ricevere la taglia di centomila euro promessa dal governo tedesco a chiunque aiutasse a catturare Amri: una ricompensa in denaro è “esclusa per chi persegue reati professionalmente, come poliziotti o procuratori”, conclude Bild.
Nel frattempo in Germania si lavora a una riforma delle norme antiterrorismo. Per chi è iscritto nella lista degli “individui pericolosi” sono in arrivo controlli più severi, compreso l’uso del braccialetto elettronico, e si pensa di allungare i tempi massimi di detenzione per chi è in attesa di essere espulso dal territorio nazionale. Sono alcuni dei punti su cui sta lavorando, sempre secondo la Bild, un gruppo di esperti della CSU, il partito cristiano-sociale della Baviera alleato alla CDU. L’obiettivo è presentare una lista di punti ai due ministri di Interno e Giustizia a gennaio, quando il governo tedesco definirà le nuove norme antiterrorismo. Thomas de Maizière, il titolare dell’Interno, qualche giorno fa ha detto alla Bild che i controlli alla frontiera con l’Austria proseguiranno oltre i termini previsti all’inizio, che sarebbero dovuti scadere a febbraio.
F.M.R.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy