Talk show sempre più show e sempre meno talk. Ne abbiamo davvero bisogno? Sicuramente no per quello che rappresentano oggi Ballarò, di Martedì, Agorà, Omnibus eccetera. Difficile non condividere quanto scritto in proposito da Grasso sul Corriere della Sera, che considera ormai questi programmi “sfilate di narcisi”.
Talk show, talk show e ancora talk show, a quanto pare continuano ad essere il piatto più succulento che la tv generalista riesca a proporre, malgrado il sempre maggior disinteresse che in termini di share queste trasmissioni raggiungono. Ogni ora del giorno è buona per inserire all’interno del palinsesto un programma di dibattitto politico o un confronto su qualunque tema d’attualità o di tendenza.
Ad interrogare i canali digitali si scopre che è tutto un gran parlare, ma anche straparlare da parte di personaggi che spesso nel merito di temi ed argomenti spinosi e delicati hanno ben poco da dire. Per non parlare poi dei tuttologi, che saltano da un canale all’altro, da un palinsesto all’altro, in questa spasmodica rincorsa verso la testimonianza del nulla.
Mattina, pomeriggio e sera non c’è rete e trasmissione che non dedichi uno spazio più che consistente a interviste, dialoghi o discussioni. In questa rincorsa alla comunicazione sfrenata, fatta non di emozioni vere ma di sensazionalismo d’accatto, fasullo e non veritiero, dominano e lottano tra loro conduttori che hanno costruito tutta una carriera spesso distinguendosi nel logoro ruolo di mediatori della comunicazione. Sarebbe comunque ingiusto, in base a questa considerazione, mettere tutti sullo stesso piano. Ma oggi quasi tutte le reti sono condizionate dalla scelta comunque di esserci, per strappare qualche decimale di share all’avversario. Ed eccoli accomunati dalla condivisione dello spettacolo taroccato, anche politicamente, i vari Floris, Giannini, Santoro, Paragone, Del Debbio, Fazio, Vespa, Giletti. Lo spettacolo delle parole urlate o manipolate in effetti ruota virtualmente solo attorno a loro.
Non è ormai più un segreto per nessuno che in questi talkshow di vero c’è ben poco: grida, liti e offese, erogate in quantità industriale, fanno parte del menage tv. Sono diventati ingredienti quasi essenziali all’interno di qualunque appuntamento. E’ il pedaggio da pagare per essere competitivo in termini di ascolti. È però una novità di questa ultima stagione televisiva l’abbassamento della qualità degli ospiti invitati e il coincidente aumento della loro quantità.
Così, in mezzo ad un numero quasi incalcolabile di politici poco autorevoli ed opinionisti non sempre attendibili che si spostano da un canale all’altro a seconda del trend del momento, questi autentici manipolatori dell’informazione sono sempre pronti a rimescolare, condire ed imbastardire parole che confondono e stordiscono lo spettatore.
Prìncipi dell’informazione superficiale e sommaria, i conduttori dei vari talk non puntano tanto ad offrire un servizio al pubblico quanto uno spettacolo più possibile popolare in ogni senso del termine.
Ciò premesso, sorgono non pochi interrogativi sull’utilità di queste trasmissioni, visti tra l’altro gli enormi costi, spesso a carico soprattutto dell’azienda pubblica Rai. In primo luogo viene da chiedersi se davvero ne abbiamo bisogno, se davvero abbiamo bisogno di assistere a servizi quasi del tutto basati su interviste raccolte tra i passanti per la strada utili solo ad alimentare sterili e a volte incomprensibili dibattiti di riscontro in studio.
Ma soprattutto ci si potrebbe chiedere a cosa servano queste trasmissioni se al termine della maggior parte di esse la stragrande maggioranza degli spettatori di fatto è rimasta esclusa e sterilizzata rispetto al merito dei temi trattati. Temi importanti e di grande rilievo sociale e politico, spesso sviliti, se non addirittura svuotati per colpa di una disinformazione tossica che si può ritenere funzionale solo a fini commerciali.
Vania Amitrano*
* collaboratore di IstanTv.it
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