Se il presepe non hanno mai smesso di farlo nelle case, in questi otto secoli esatti, vuol dire che davvero riflette l’essenza della gente normale. E allora è una vera sciagura lasciare che venga travolto da un’onda di indifferenza. Chiede, Francesco nella sua “Admirabile signum“, che si torni a rappresentarlo nelle scuole e nelle piazze: esattamente là dove era stato rimosso negli ultimi lustri, con la scusa che non tutti sono credenti e a qualcuno potrebbe dare fastidio. È vero il contrario, dice: si tratta di “Vangelo vivo”, “esercizio di fantasia creativa” da sostenere “nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali, nelle piazze”. Insomma, al tempo stesso simbolo di salvazione e specchio della più profonda anima popolare. Italiana e no. “Comporre il presepe nelle nostre case ci aiuta a rivivere la storia che si è vissuta a Betlemme”, sottolinea Francesco nella missiva. “Naturalmente, i Vangeli rimangono sempre la fonte che permette di conoscere e meditare quell’Avvenimento”, spiega ancora, tuttavia, la “rappresentazione nel presepe aiuta ad immaginare le scene, stimola gli affetti, invita a sentirsi coinvolti nella storia della salvezza, contemporanei dell’evento che è vivo e attuale nei più diversi contesti storici e culturali”. Anche sul presepe, povero san Francesco, ormai da anni si gioca una battaglia ideologica sul filo di quel politicamente corretto che sta annichilendo l’occidente, sbiadendone l’identità e minando le basi valoriali che l’hanno reso quel che è. Ottenendo pure l’effetto opposto, ovvero attirando sull’occidente il disprezzo di chi, non cristiano, vede una civiltà che in nome di una neutralità che non può esistere, relega nella sfera del cosiddetto privato tradizioni, simboli e credo. Secolarizzazione e relativismo stanno minando le radici cristiane dell’Occidente e oggi il cristianesimo, che piaccia o no, si gioca sempre di più all’interno di una realtà interculturale e interreligiosa. Ma dobbiamo ugualmente evitare di rivestire d’ideologia ciò che quella capanna e i suoi ospiti rappresentano, e cioè – per usare le parole di Benedetto XVI – “il Dio che viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno. Ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà”. Solo così si riuscirà a dare il giusto senso valoriale a ciò che il presepe rappresenta e ha sempre voluto rappresentare, al di là delle tante rappresentazioni folkloristiche che anche quest’anno non ci verranno risparmiate. L’anno scorso ad Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, allestirono un presepe denuncia del dramma dei migranti: due manichini, per raffigurare Gesù e Maria, immersi in un mare di bottiglie di plastica e Gesù Bambino, di colore, adagiato su un salvagente arancione, lo stesso utilizzato per il salvataggio in mare. A Natale siamo tutti più buoni, dicono ancora nelle pubblicità di panettoni e pandori. Talvolta, però siamo anche ideologici. Di conseguenza, capita che ci sia qualcuno che voglia tirare il Gesù Bambino per le vesti, portandolo da una parte e dall’altra. Non ci resta che attendere con pazienza le novità di quest’anno, nella speranza che non scadano come è già successo nel cattivo gusto, talvolta nel dissacrante. Perché si deve ammettere, come diceva Eduardo, che “il presepe è una cosa sacra”. Da tenere nel posto giusto e nella giusta considerazione almeno una volta l’anno.