Domenica 4 settembre, la fondatrice della Congregazione delle Missionarie della carità sarà proclamata santa da Papa Francesco in piazza San Pietro alle 10.30 durante la solenne concelebrazione eucaristica in occasione del Giubileo degli operatori e dei volontari della misericordia.
La canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, già beata dal 19 ottobre 2003 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, rappresenta uno dei momenti principali dell’anno del Giubileo con Roma che si prepara al grande evento. Fitto il calendario di eventi che precederà e seguirà il momento solenne della proclamazione.
Il giorno precedente la sua canonizzazione sarà papa Francesco alle 10 in piazza San Pietro, a tenere la catechesi rivolta ad operatori e volontari della misericordia. Mentre la Messa di ringraziamento, il 5 settembre (prima festa di Santa Teresa di Calcutta) nella basilica di San Pietro in Vaticano alle ore 10, sarà presieduta dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano. La liturgia sarà animata dal coro della diocesi di Roma, diretto da monsignor Marco Frisina, che eseguirà per la prima volta l’inno appositamente scritto per l’evento e intitolato ‘Let us praise, God’, tratto esclusivamente dalle parole di Madre Teresa, che come anticipa l’autore, monsignor Frisina : “Riassume la sua testimonianza di amore, misericordia e santità”.
Nella basilica lateranense invece, dal pomeriggio di lunedì 5 (ore 16-18) a martedì 6 settembre (ore 7-18) sarà possibile venerare le reliquie di Santa Teresa di Calcutta. Venerazione che proseguirà mercoledì 7 e giovedì 8 settembre nella chiesa dei Santi Andrea e Gregorio al Celio (piazza San Gregorio 1), dalle 9 alle 18, con la possibilità di visitare la stanza di Madre Teresa nel convento di San Gregorio (ore 8.30-18).
Il programma degli eventi prevede anche una mostra alla Lumsa e un momento di preghiera e meditazione con arte e musica a Sant’Andrea della Valle. L’esposizione gratuita nel complesso Giubileo (via di Porta Castello 44), intitolata ‘Vita, spiritualità e messaggio di Madre Teresa’, come spiegano i curatori, darà invece “la possibilità al visitatore di entrare in contatto con la missione umana e spirituale della ‘piccola Matita di Dio’ attraverso foto, documenti, oggetti e scritti personali”.
Anche le suore Missionarie della carità hanno organizzato appuntamenti per omaggiare la loro Fondatrice: la prima è una la veglia di preghiera, venerdì 2 settembre, che sarà presieduta dal cardinale vicario Agostino Vallini, durante la quale si pregherà per la pace nel mondo. Al termine della liturgia, come segno dell’amore della beata Madre Teresa e della sua presenza, ciascuno dei partecipanti riceverà una piccola immagine con una reliquia e una breve citazione.
La vita della Santa. Gonxha (Agnese) Bojaxhiu, la futura Madre Teresa, è nata il 26 agosto 1910 a Skopje (ex Jugoslavia). Fin da piccola riceve un’educazione fortemente cattolica dato che la sua famiglia, di cittadinanza albanese, era profondamente legata alla religione cristiana. Già all’età di 18 anni sente di essere attratta verso la vita religiosa, cosa che in seguito attribuirà ad una “grazia” fattale dalla Madonna. Presa dunque la fatidica decisione, è accolta a Dublino dalle Suore di Nostra Signora di Loreto, la cui Regola si ispira al tipo di spiritualità indicato negli “Esercizi spirituali” di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti. Ed è proprio grazie alle meditazioni sviluppate sulle pagine del santo spagnolo che Madre Teresa matura il sentimento di voler «aiutare tutti gli uomini». Viene quindi inviata in India, a Darjeeling, città situata ai piedi dell’Himalaia, dove, il 24 maggio 1929, ha inizio il suo noviziato. Dato che l’insegnamento è la vocazione principale delle Suore di Loreto, lei stessa intraprende questa attività, in particolare seguendo le bambine povere del posto. Parallelamente porta avanti i suoi studi personali per poter ottenere il diploma di professoressa.
Il 25 maggio 1931, pronuncia i voti religiosi e assume da quel momento il nome di Suor Teresa, in onore di Santa Teresa di Lisieux. Per terminare gli studi, viene mandata, nel 1935, presso l’Istituto di Calcutta, capitale sovrappopolata ed insalubre del Bengala. Qui si confronta per la prima volta con la miseria più nera, cosa che la lascia sconvolta. Di fatto tutta una popolazione nasce, vive e muore sui marciapiedi; il loro tetto, se va bene, è costituito dal sedile di una panchina, dall’angolo di un portone, da un carretto abbandonato. Altri invece hanno solo alcuni giornali o cartoni… La media dei bambini muore alla nascita, i loro cadaveri gettati in una pattumiera o in un canale di scolo.
Stando alle cronache, il 10 settembre 1946, mentre sta pregando, Suor Teresa percepisce distintamente un invito di Dio a lasciare il convento di Loreto per consacrarsi al servizio dei poveri e condividere le loro sofferenze vivendo in mezzo a loro. Si confida con la Superiora, che la fa aspettare, per mettere alla prova la sua ubbidienza. In capo ad un anno, la Santa Sede la autorizza a vivere fuori della clausura. Il 16 agosto 1947, a trentasette anni, Suor Teresa indossa per la prima volta un “sari” (veste tradizionale delle donne indiane) bianco di un cotonato grezzo, ornato con un bordino azzurro, i colori della Vergine Maria. Sulla spalla, un piccolo crocifisso nero. Quando va e viene, porta con sé una valigetta contenente solo oggetti personali indispensabili, ma non denaro. Madre Teresa non ha mai chiesto denaro né ne ha mai avuto. Eppure le sue opere e fondazioni hanno richiesto spese notevolissime! Lei attribuiva questo “miracolo” all’opera della Provvidenza.
A decorrere dal 1949, sempre più numerose sono le giovani che vanno a condividere la vita di Madre Teresa. Quest’ultima, però, le mette a lungo alla prova, prima di riceverle. Nell’autunno del 1950, Papa Pio XII autorizza ufficialmente la nuova istituzione, denominata “Congregazione delle Missionarie della Carità”.
Durante l’inverno del 1952, un giorno in cui va cercando poveri, trova una donna che agonizza per la strada, troppo debole per lottare contro i topi che le rodono le dita dei piedi. La porta all’ospedale più vicino, dove, dopo molte difficoltà, la moribonda viene accettata. A Suor Teresa viene allora l’idea di chiedere all’amministrazione comunale l’attribuzione di un locale per accogliervi gli agonizzanti abbandonati. Le viene concessa una casa che serviva un tempo da asilo ai pellegrini del tempio indù di “Kalì la nera”. Due anni dopo, Madre Teresa crea il “Centro di speranza e di vita” per accogliervi i bambini abbandonati. In realtà, quelli che vengono portati lì, avvolti in stracci o addirittura in pezzi di carta, non hanno che poca speranza di vivere. Ricevono allora semplicemente il battesimo per poter essere accolti, secondo la dottrina cattolica, fra le anime del Paradiso. Molti di quelli che riescono a riaversi, saranno adottati da famiglie di tutti i paesi. “Un bambino abbandonato che avevamo raccolto, fu affidato ad una famiglia molto ricca – racconta Madre Teresa – una famiglia dell’alta società, che voleva adottare un ragazzino. Qualche mese dopo, sento dire che quel bambino è stato molto malato e che rimarrà paralizzato. Vado a trovare la famiglia e propongo: “Ridatemi il bambino: lo sostituirò con un altro in buona salute”. “Preferirei che mi ammazzassero, piuttosto che esser separato da questo bambino!” risponde il padre guardandomi, con il volto tutto triste”. Madre Teresa nota: “Quel che manca di più ai poveri, è il fatto di sentirsi utili, di sentirsi amati. È l’esser messi da parte che impone loro la povertà, che li ferisce. Per tutte le specie di malattie, vi sono medicine, cure, ma quando si è indesiderabili, se non vi sono mani pietose e cuori amorosi, allora non c’è speranza di vera guarigione”.
Nel corso degli anni 60, l’opera di Madre Teresa si estende a quasi tutte le diocesi dell’India. Nel 1965, delle Religiose se ne vanno nel Venezuela. Nel marzo del 1968, Paolo VI chiede a Madre Teresa di aprire una casa a Roma. Dopo aver visitato i sobborghi della città ed aver constatato che la miseria materiale e morale esiste anche nei paesi “sviluppati”, essa accetta. Nello stesso tempo, le Suore operano nel Bangladesh, paese devastato da un’orribile guerra civile. Numerose donne sono state stuprate da soldati: si consiglia a quelle che sono incinte, di abortire. Madre Teresa dichiara allora al governo che lei e le sue Suore adotteranno i bambini, ma che non bisogna, a nessun costo, “che a quelle donne, che avevano soltanto subito la violenza, si facesse poi commettere una trasgressione che sarebbe rimasta impressa in esse per tutta la vita”. Madre Teresa ha infatti sempre lottato con una grande energia contro qualsiasi forma di aborto.
Nel 1979 le viene assegnato il riconoscimento più prestigioso: il Premio Nobel per la Pace. Tra le motivazioni è indicato il suo impegno per i più poveri, tra i poveri, e il suo rispetto per il valore e la dignità di ogni singola persona. Madre Teresa nell’occasione rifiuta il convenzionale banchetto cerimoniale per i vincitori, e chiede che i 6.000 dollari del premio vengano destinati ai bisognosi di Calcutta, che con tale somma possono ottenere aiuti per un anno intero.
Negli anni ’80, l’Ordine fonda, in media, quindici nuove case all’anno. A partire dal 1986, si insedia nei paesi comunisti, fino allora vietati ai missionari: l’Etiopia, lo Yemen Meridionale, l’URSS, l’Albania, la Cina.
Nel marzo del 1967, l’opera di Madre Teresa si è arricchita di un ramo maschile: la “Congregazione dei Frati Missionari”. E, nel 1969, è nata la Fraternità dei collaboratori laici delle Missionarie della Carità.
Più volte e da più parte le è stato chiesto di dove le venisse la sua straordinaria forza morale. Madre Teresa l’ha così spiegato: “Il mio segreto è infinitamente semplice. Prego. Attraverso la preghiera, divento una cosa sola nell’amore con Cristo. PregarLo, è amarLo“. Un amore indissolubilmente unito alla gioia: “La gioia è preghiera, perché loda Dio: l’uomo è creato per lodare. La gioia è la speranza di una felicità eterna. La gioia è una rete d’amore per catturare le anime. La vera santità consiste nel fare la volontà di Dio con il sorriso“.
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