I 100.000 ettari di bosco del bellunese abbattuti dal maltempo lo scorso 29 ottobre potrebbero trasformarsi in una risorsa per le zone terremotate del Centro Italia. E’ quanto auspica il Centro Scuola Servizi Legno di Belluno che con una lettera inviata oggi ad esponenti politici nazionali e locali li ha invitati a farsi promotori di quella che potrebbe diventare una “nuova filiera produttiva”.
Partendo proprio dal dramma delle foreste bellunesi stravolte da un cataclisma che non ha precedenti nella storia di queste aree, il cuore pulsante di questa regione dolomitica ha deciso di prendere l’iniziativa e fare in modo che la tragedia non diventi anche un irreversibile danno economico. Il tempo a disposizione per agire è limitato dalla necessità di intervenire prima che i parassiti possano intaccare gli alberi caduti e renderli inutilizzabili all’edificazione. Per farlo non solo le segherie del Bellunese verrebbero coinvolte – capaci allo stato attuale di lavorare non più di 60 metri cubi l’anno – ma anche quelle di Marche e Abruzzo.
Si tratterebbe di coniugare, a giudizio dei promotori dell’iniziativa, lo stato di emergenza attuale con un rilancio economico a lungo termine, che dovrà individuare nel legno uno strumento di qualità e valore da impiegare nel sistema delle costruzioni: non solo ottimo isolante termico adatto alla realizzazione di infissi, ma anche materiale pregiato per la creazione di suppellettili.
Il recupero degli alberi e l’abitabilità sostenibile sono temi sempre più di attualità, soprattutto dopo che la WMO – Organizzazione Meteorologica Mondiale, ha lanciato l’ennesimo allarme per il continuo crescere dei gas serra nella nostra atmosfera, le cui concentrazioni sono passate da 400,1 parti per milione del 2015 a 405,5 del 2017.
Senza tagli alle emissioni di anidride carbonica, secondo il segretario generale Petteri Taalas, “i cambiamenti climatici avranno impatti sempre più distruttivi e irreversibili sulla vita sulla Terra”.
A ribadire, se ancora ce ne fosse bisogno, che quelli che ancora ci ostiniamo a considerare fenomeni eccezionali, come la distruzione dei boschi in Trentino e in Veneto, sono, di fatto, la “nuova normalità”.
E.R.
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