“Questa guerra durerà una generazione. Altri innocenti perderanno la vita”. Sono le previsioni del primo ministro francese, Manuel Valls, dopo l’omicidio di una coppia di poliziotti a Magnanville – nel dipartimento delle Yvelines, alle porte di Parigi – da parte di un uomo che si professava militante dell’ISIS.
“Mi si accuserà di generare ancora più ansia, ma la realtà è questa”, prosegue il ministro nel suo discorso trasmesso via radio. Il terrorismo sarebbe “una minaccia globale”: “Abbiamo un nemico interno, con questi individui auto radicalizzati che possono agire con pochissimi mezzi”.
Il primo ministro non vuole sentir parlare “del benché minimo errore, né di mancanza di discernimento” da parte delle forze dell’ordine francesi. Eppure Larossi Abballa – l’uomo che ha ucciso Jean-Baptiste Salvint e la moglie Jessica, anche lei funzionaria di Polizia, prima di essere ucciso dalle forze speciali – è riuscito a mettere in atto il suo piano omicida alle otto di sera, a dispetto dello spiegamento di forze messo in campo dalla Francia in occasione degli Europei di calcio.
Abballa era seguito dall’antiterrorismo: il suo dossier era marcato S, la sigla che contrassegna gli individui radicalizzati che si sospetta possano compiere atti violenti. Aveva alle spalle una condanna (tre anni e mezzo sospesi con la condizionale) per “associazione a delinquere finalizzata ad atti terroristici”: aveva avuto contatti con un’organizzazione che si occupava della formazione fisica e ideologica di aspiranti miliziani da spedire in Pakistan e in Afghanistan, ed era tuttora sotto inchiesta per contatti con un’altra rete che forniva reclute ai jihadisti siriani. Per sgombrare il campo da ogni dubbio, qualche settimana fa aveva pubblicato un lungo video su Facebook nel quale giurava fedeltà all’ISIS e prometteva di trasformare Euro 2016 in un “cimitero”.
Su altri punti della vicenda fanno chiarezza le notizie circolate nelle ultime ore. La scelta della vittima potrebbe non essere stata casuale: Jean-Baptiste Salvint aveva lavorato a Mantes-la-Jolie, il comune della periferia parigina dove viveva l’assassino, a poca distanza da Magnanville.
Nel frattempo in Francia tutti parlano dell’intervista concessa da un’ex fidanzata di Abballa a France Info. La ragazza ha ricostruito le fasi della vita del futuro assassino. All’inizio era “un ragazzetto di quartiere, che pensava a divertirsi, a vestirsi bene”. Poi la religione ha occupato un posto sempre più importante nella sua vita. “Si è avvicinato a Dio, voleva pregare in modo corretto”, ricorda la ragazza, ma non dava segni di violenza o intolleranza: “Diceva solo di sperare che un giorno avrei indossato il velo, ma non mi ha mai giudicata perché non lo portavo o perché avevo i buchi sui jeans”. Poi i due si lasciano, dopo una relazione durata cinque anni, e Abballa diventa un jihadista. Secondo l’ex fidanzata la seconda conversione sarebbe avvenuta solo in carcere, nel 2013, durante il processo per associazione a delinquere che lo avrebbe visto condannato. “Quando uscì era molto isolato, si è fatto distante, non aveva più gli stessi amici di prima”. Prima dell’attacco le avrebbe mandato un messaggio, in cui sosteneva di “avere bisogno di vederla dieci minuti”. Ma quando lei lo ha richiamato era già troppo tardi.
“Dobbiamo proseguire con il nostro lavoro”, ha detto oggi il premier Valls. “Dobbiamo stringere le maglie della rete, continuare a fornire tutti i mezzi alla polizia, alla gendarmeria e ai servizi d’informazione”.
F.M.R.
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