A Roma, al Ghione rivivono il “Maestro” e la sua meravigliosa creatura, la Lazio, in uno spettacolo che rimane in scena fino a domani, domenica 13 ottobre.“Giorgio, ma che ci fai qui, alle due di notte?” “Mi sono fatto 600 chilometri. Sono andato fino a Monza” “A far cosa?” “A cercare questo Dottore. Forse lui può fare ancora qualcosa. Ci devi parlare” “Ma ti rendi conto che sono le due? Non si rompono i coglioni alle due di notte” “Guarda che il Dottore è qui sotto. Tommaso è come un padre per me e io per mio padre non guardo in faccia nessuno”. In questo concitato dialogo tra Giorgio Chinaglia e il dott. Renato Ziaco che segue il ricovero dell’allenatore della Lazio scudettata del ‘74 già si può cogliere lo spirito dello spettacolo “Tommaso Maestrelli, l’ultima partita”, in scena al yeatro Ghione fino a domenica 13 ottobre. Non la storia dell’epopea di una squadra capace, sia pure per breve tempo, di sconfiggere tutto e tutti, anche lo scetticismo generale, ma la storia di un rapporto speciale. Quello tra l’allenatore di quella squadra e la sua creatura. I suoi ragazzi. Non ragazzi qualunque. Ma una banda di autentici scalmanati che ingannavano la noia durante i ritiri sparando ai lampioni e che, divisi in due clan ognuno con il proprio spogliatoio, erano capaci di picchiarsi nelle partitelle di allenamento del venerdì come e più che non contro gli avversari della domenica. Alcuni, talenti assoluti, altri gregari, seppur di lusso. Tutte personalità molto forti. Quasi sempre in rotta di collisione tra loro durante la settimana. Ma la domenica no. Quella banda di inguaribili individualisti si trasformava, come per incanto, in una squadra. Unita come un sol uomo. In nome di un sol uomo. Tommaso Maestrelli. Certamente tecnico all’avanguardia sul piano tattico, ma fuoriclasse assoluto su quello umano. Un padre prima e più che un allenatore. Loro, i suoi ragazzi, i componenti di una famiglia molto allargata. Il miracolo di una squadra risalita dalla serie B sino allo scudetto con la forza e l’intensità di un uragano. La forza di Giorgio Chinaglia. E altrettanto velocemente eclissatasi. In concomitanza con le sorti del suo allenatore. Chiamato, nonostante la malattia, a giocare “l’ultima partita”. Per realizzare, ancora un’altra volta, quella magica simbiosi. Perché “io no sarei un grande allenatore senza di voi” come i suoi ragazzi non sapevano più vincere senza il loro allenatore. E’ questo il filo conduttore di uno spettacolo ottimamente interpretato da Nello Mascia (Tommaso Maestrelli), Massimiliano Vado (un Giorgio Chinaglia straordinariamente fedele a quello “reale”), Carlo Caprioli (che ci propone un Re Cecconi inedito per il grande pubblico, essendo sempre stato un ragazzo molto schivo), Aglaia Mora (Lina Barberini Maestrelli), scritto e diretto dal laziale doc, Giorgio Serafini Prosperi. Una storia di calcio antico. Impensabile oggi.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy