Tanto, troppo. Un programma smisuratamente capiente e ammiccante. Con promesse di soluzione per tutti i mille problemi che affliggono l’Italia. Praticamente un lungo elenco di cose che nemmeno quattro esecutivi di seguito con maggioranze bulgare, sarebbero in grado di portare a casa.
Stretto tra una piazza ed un emiciclo tumultuanti e poco o nulla blindato da una maggioranza intimidita ed in imbarazzo, il presidente incaricato Giuseppe Conte, con un discorso lungo, noioso e affatto incisivo, ha scelto: il nulla.
Riforme e massimi sistemi costretti a convivere con pannolini, asili nido e dichiarazioni di solidarietà verso colleghe bersagliate dai social… C’è voluta un’ora e mezza per elencare tutto ciò che il governo del ribaltone vorrebbe fare, per chiudere in bellezza la legislatura.
E altre quattro ore di repliche, non sono state sufficienti al presidente del consiglio incaricato per dimostrare qualità, chiarezza e forza del proprio programma di governo. Oggi le parole per aprire la nuova grande stagione delle riforme, promessa e ostentata da Conte, non potevano convincere. E non hanno convinto.
Il brogliaccio del discorso della corona si è rivelato infatti un contenitore arrugginito e appesantito da temi, promesse e problemi che compongono da sempre le sabbie mobili dell’immobilismo italiano.
Gli aiuti per la famiglia, le riforme della giustizia e della Costituzione, la chiusura degli enti inutili, l’armonizzazione degli interventi in favore di imprese e lavoratori, l’annosa e maledetta questione dell’abbattimento delle tasse, la sicurezza, i soldi per Roma Capitale e chi più ne ha più ne metta. Un fiume in piena il Conte odierno.
Ma in questo fiume, dialetticamente e programmaticamente violento e compulsivo, scorrono anche i veleni delle cose fatte e disconosciute, a cominciare proprio dalla questione sicurezza, migranti e gestione delle emergenze. Molti, troppi i ripensamenti. Tante le ambiguità. Una per tutte: la sbandierata richiesta di revoca delle concessioni per la società Autostrade. Il vergognoso profilo basso, imposto sul tema dagli alleati del Pd è servito a far capire che per Conte, Parigi, ovvero Palazzo Chigi, val bene i morti di Genova. E qui arrivano i primi “venduto, venduto…elezioni”.
Decisamente corta la memoria del premier gialloverde. Troppo e sospetto l’entusiasmo per un reincarico giallorosso che lo costringerà a chiarire tante cose sgradevoli. A cominciare dai rapporti con la Ue. Ammettere candidamente, come ha fatto oggi, che il vecchio governo aveva raggiunto un’intesa con la Ue per la nomina di Ursula Von der Leyen, accordo, secondo Conte, tradito proprio dal “sovranista” Salvini, dimostra solo due cose: la prima che Conte e probabilmente lo stesso Di Maio, per quanto riguarda i rapporti con la Ue ed il Parlamento di Bruxelles, hanno mentito.
Non hanno detto la verità. E non certo per mediare e smussare i motivi di contrasto soprattutto in materia di bilancio con i commissari europei. Hanno lavorato, probabilmente d’intesa con le più alte cariche istituzionali italiane, per un rovesciamento di alleanze e per il deponteziamento e la sconfessione dei risultati voluti dagli italiani con il voto del 4 marzo 2018.
La seconda considerazione investe il carattere dell’attuale premier incaricato. Nel giugno dello scorso anno si era presentato come l’avvocato degli italiani. Quella formula era piaciuta a quanti negli ultimi dieci anni avevano ricevuto solo calci in bocca. Con il programma di oggi Conte ha voluto recuperare e rilanciare molto del vecchio sistema e del mondo della Casta che il governo giallo verde aveva cominciato a scardinare.
La tensione, la rabbia e le contestazioni in aula hanno regnato sovrane fin dall’inizio. Fuori del palazzo un’autentica marea umana, calata da tutta la penisola, ha fatto da culla ad un dibattito più imbarazzato che politicamente difficile. E a mettere tutti in ambasce è stato proprio Giuseppe Conte quando, tra urla ed interruzioni, ha scelto polemicamente la strada delle risposte rancorose e polemiche con i suoi ex, non favorendo certo la creazione di un clima di confronto civile per un futuro che si presenta per lui quanto mai faticoso e senza prospettive.
Enzo Cirillo
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