Due giorni fa Khalifa Ghweil, il capo del governo di Tripoli, era stato perentorio: Fayez al-Sarraj – il premier designato dell’esecutivo di unità nazionale – doveva andarsene dalla capitale della Libia o pagarne le conseguenze. Oggi, invece, ad abbandonare il campo è stato Ghweil.
Il capo del governo di tendenza islamista – sostenuto dal National Congress di Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale – “è tornato nella sua città natale a Misurata”. Lo ha scritto oggi il Libya Herald. La città costiera, che ha le milizie più forti e numerose dello scacchiere libico, è divisa fra sostenitori e oppositori del governo di riconciliazione nazionale nato dopo estenuanti trattative mediate dall’ONU. A convincere Ghweil a fare le valigie sarebbe stata proprio una delegazione di anziani favorevoli a Sarraj. Secondo la stampa online libica, i rappresentanti di Misurata avrebbero preso possesso dei suoi uffici, con tutto il loro prezioso contenuto di documenti. Poi si sarebbero diretti verso la piazza dei Martiri, la più grande di Tripoli, dove Salah Badi – un altro leader originario di Misurata, ma fedele al National Congress – aveva organizzato un’altra manifestazione contro Sarraj, e avrebbero costretto anche lui ad andarsene da Tripoli.
Intanto nella base navale di Abu Sitta, dove ha stabilito la sua sede operativa provvisoria, il premier designato ha iniziato a ricevere i notabili di Tripoli. Per primi sono arrivati i capi delle 13 municipalità cittadine, del Consiglio municipale e Sadek Elkaber, governatore della Banca centrale libica fin dai tempi di Gheddafi.
Secondo altre fonti, si sarebbe allontanato dalla capitale anche il presidente del National Congress, Nouri Abusahmain, che potrebbe essersi rifugiato a Zuwara, e con lui altri ministri del governo islamista.
Anche altre dieci città della costa della Tripolitania, tra cui Zawiya e Sabrata, nella zona contesa fra gli islamisti e milizie fedeli al governo di Tobruk, hanno deciso di ritirare il loro sostegno a Ghweil per appoggiare il governo di riconciliazione nazionale. L’annuncio è comparso stanotte sulla pagina Facebook del Sabratha Media Center. Il testo chiede ai libici di “sostenere il governo di concordia nazionale” e a Sarraj e ai suoi ministri di mettere “fine a ogni conflitto armato nel Paese”.
Con il governo riconosciuto si sarebbe schierato anche Ibrahim al-Jathran, capo della Petroleum Facilities Guard (PFG), una forza di polizia incaricata di garantire la sicurezza delle strutture petrolifere per conto di Tobruk. “Ci impegneremo a collaborare con il legittimo governo nazionale riconosciuto dalla comunità internazionale per fermare l’avanzata delle organizzazioni terroristiche, come l’ISIS, e la minaccia che rappresentano per le risorse libiche”, ha detto il suo portavoce Ali al-Hassi a Libya Herald.
Ibrahim al-Jathran è un componente di una delle famiglie più potenti di Ajdabiya, in Cirenaica. Un fratello, Salem, è il sindaco della città, un altro, Usama, è un capo del Consiglio della Shura dei rivoluzionari. Ibrahim è stato uno dei capi locali della rivoluzione contro Gheddafi, sotto il cui regime ha conosciuto la prigione.
Da Tunisi, dove ha partecipato a un forum internazionale per la coordinazione dello sviluppo in Libia, l’inviato ONU Martin Kobler si è congratulato con Sarraj per lo sbarco a Tripoli, atto che ha definito “coraggioso”. Il diplomatico tedesco ha difeso il modo irrituale in cui il governo di riconciliazione si è insediato senza aspettare di essere riconosciuto dalla Camera dei Rappresentanti di Tobruk: “Non si può aspettare il voto”, ha detto, se i deputati lo bloccano “intenzionalmente” con una strategia di ostruzione.
“Non può esserci altro che una soluzione militare nella lotta contro ISIS e Ansar”, ha ripetuto Kobler. Quella dei gruppi jihadisti in Libia è “un’occupazione”: i miliziani nei loro ranghi sono “in gran parte stranieri”, e a rendere possibile la loro proliferazione è il vuoto politico e militare in vaste zone della Libia.
F.M.R.
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