“Dimmi come piante e ti dirò perché”. Ad una mamma non occorrono tante sofisticazionì per comprendere il linguaggio del suo piccino quando si esprime ancora solo con il pianto: né sfere di cristallo divinatorie, né studi sulla vocalità e sulla musica. Semplicemente il buon senso che di norma al una mamma non manca mai.
Ma poniamo il caso che il piccolo sia affidato ad altra persona, ad una babysitter ad esempio, oppure che il genitore che lo accudisce sia alle prime armi e non riesca a dare una risposta alla richiesta rumorosa, struggente e assordante del pargolo. E’ qui che ‘Chatterbaby‘ può essere d’aiuto: si tratta di una app, pensata per le mamme o i papà con problemi di udito ma può essere d’aiuto anche a chi ci sente bene. Nel creare l’app, infatti, sono stati caricati campioni audio di oltre 2.000 pianti infantili. Successivamente sono stati costruiti e testati algoritmi che li traducevano in tre categorie: dolore, fame e capricci. Gli algoritmi hanno contrassegnato correttamente il tipo di pianto, ad esempio il dolore durante le vaccinazioni, oltre il 90% delle volte.
L’invenzione porta la firma della professoressa Ariana Anderson, della David Geffen School of Medicine dell’Università della California di Los Angeles.
“Mi sono resa conto che i pianti del mio terzo bambino erano notevolmente simili a quelli dei primi due. Come madre sai istintivamente ciò che tuo figlio sta cercando di dirti semplicemente ascoltando come piange. Come esperta di statistica ho pensato: ‘Possiamo addestrare un algoritmo a fare ciò che le mie orecchie come genitore possono fare automaticamente?’ La risposta è stata sì”, ha spiegato Anderson, che è anche un’esperta di statistica.
L’app, disponibile gratuitamente su Apple e Android e su Chatterbaby.org, consente di registrare e caricare i pianti dei bambini, che vengono poi analizzati. Gli studiosi sperano che un nuovo studio del modello di pianto lanciato attraverso l’app fornirà una panoramica sul fatto che alcune tipologie possano essere successivamente associate a specifici disturbi, come l’autismo.
Ma è il bambino che secondo gli studiosi può trarre il massimo vantaggio dalla tecnologia. Studi dimostrano che tassi più rapidi di risposta genitoriale appropriata al pianto possono facilitare lo sviluppo del linguaggio nei piccoli.
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